Storia del cabaret milanese - 3
La volta che lo Zelig si quotò a Wall Street (e fu subito crac)
Un esito prevedibile, dopo i furti in casa delle nonne dei comici. Proseguono le memorie fantasiose di Milani sul mitico locale di cabaret
Dove eravamo rimasti? Ah, al 1993, l’anno in cui davanti al magistrato abbiamo vuotato il sacco. Riempito di migliaia di fogli di verbale. L’indagine, arrivata ai giorni nostri, ha permesso di spiccare mandati di cattura per soggetti ormai latitanti e anziani. Che giustamente sono alle isole Marshall a godersi il frutto dell’onesto lavoro svolto in 35 anni.
Dopo le delazioni sullo Zelig Cabaret, la Dia mi ha messo sotto protezione. Qualifica “primo pentito della storia del cabaret” con diritto di accedere al programma protezione testimoni. Subito dopo, vennero fuori altri pentiti, che integrarono le mie dichiarazioni. (Peraltro molto belle e complete). Alcuni erano veri pentiti, altri falsi pentiti per intorpidire le acque già melmose (ma nemmeno tanto). Oggi mi trovo al Residence di Pieve Emanuele (Mi) con un altro pentito, Gianni Fantoni. Siamo registrati per la questura come commessi viaggiatori. Documenti e identità nuovi. Antonio Lunonetti e Antonio Digeroni (il sottoscritto). Continuiamo (gentilmente) con le dichiarazioni spontanee sullo stesso argomento.
I primi anni del locale di viale Monza 140 erano border-line. Di sera si faceva i cretini sul palco. Di giorno alcuni comici portavano la refurtiva che avevano appena rubato nelle case dei loro parenti. Non essendo stupidi i cabarettisti (anni ‘80) non andavano a rubare nelle case di estranei. Andavano a trovare nonne, zie anziane, eccetera. Dopo tale passaggio i parenti si accorgevano che in casa mancavano oggetti preziosi. Ma non denunciavano il nipote. Noi questo lo sapevamo. La refurtiva si portava allo Zelig. In fondo alla scala (zona cessi) c’era una porticina, dietro venivano stivati televisori, orologi, anelli, diamanti (uno), eccetera. Rubati. Ci veniva corrisposto poco. Io per esempio portai una pendola antica trafugata al museo del Risorgimento di Milano (allora il custode era mio zio, che venne licenziato per questo ammanco). Mi furono corrisposte 25 mila lire. Poi ho saputo che Gino e Michele hanno rivenduto la pendola al curatore della casa di Alessandro Manzoni per 15 milioni di lire. I visitatori, tra gli arredi, la vedono e pensano sia stata del Manzoni. Invece no. Mi diceva mio zio che era di Cavour. Era già stata ciulata diverse volte. Tutte le volte il custode veniva licenziato. Era l’oggetto più ciulato al museo del Risorgimento a Milano. Forse anche perché era facile caricarla su un furgone, che mettevi sotto la finestra al piano terra, dove era ubicato il famoso cimelio. In pratica, dispiace dirlo, i primi cabarettisti erano ladri. Alcuni non avendo successo lo sono ancora oggi nonostante siano vicini ai 70 anni.
Fare il ruffiano dopo tutti questi anni è bello. Essendo ladri, non avevano scrupoli a rubare ai colleghi. A Zelig c’era un unico stanzone che faceva da camerino e digeritoio. Mi è dispiaciuto quando hanno ciulato al Mago Forest sia le colombe che il coniglio. Non ha potuto fare lo show. E’ stato gentilmente allontanato dal locale come persona non desiderata. Le bestiole sono state vendute al parco Lambro. Il compratore ha ricattato mister Forest con una telefonata sul fisso nella squallida pensione dove alloggiava: “Se vuoi indietro il tuo bestiame, vieni in stazione a Porta Vittoria con 350 mila lire”. Forest ha detto: “Sì, ci vediamo lì”. Poi non è andato. Mi ha offeso che mi ero messo a fare la trattativa tra i due contendenti. Per qualche tempo mister Forest faceva i suoi numeri di magia con cani prelevati chissà dove. Penso rubati a qualche circo. Insomma lo Zelig finché non è diventata una holding rispettabile era un covo di banditi. Ci fu anche una sparatoria per questione di donne. La stampa venne tenuta all’oscuro. Essendo il locale ad indirizzo comunista… Le vittime furono trasferite in un casolare di campagna, fu messo in scena un finto regolamento di conti tra arabi. Anche se le persone identificate erano lombarde, alcune sere il pubblico del vecchio Zelig veniva rinchiuso, o meglio sequestrato nel locale. Non potevano uscire prima di aver dato le chiavi della macchina. Quante auto rubate in viale Monza in quel periodo, tutte portate in un’officina in viale delle Forze armate. Qui un parente di Gianni Fantoni le smontava. I pezzi pronti per i magazzini del nord.
Per farla breve il cabaret era solo una copertura. Per tenere tra l’altro ostaggi sequestrati. E arriviamo all’epilogo di questa laida vicenda. Zelig e la Holding consociate sbarcano a Wall Street quotate in borsa. Nemmeno a Milano o Parigi. No! In America. Il giorno del debutto a suonare la campanella delle matricole c’erano Gino e Michele. Il titolo Moleskine Gut editore parte alle ore 9. Apertura contrattazioni, quotazione 35 dollari. Dopo un’ora era già a 0,003 centesimi. Il direttore della sala decide di sospendere il titolo per eccesso di ribasso (almeno fino al giorno dopo). Partenza del secondo giorno: l’azione crolla definitivamente dopo pochi minuti tanto da dover fare un comunicato ufficiale dal Board di Wall Street: “Amici investitori, scusate se abbiamo accettato una società che pensavamo avesse fondamenta solide, invece ci hanno presentato bilanci taroccati. In 150 anni di Borsa a New York ne abbiamo viste di tutti i colori ma questa ci fa dubitare del sistema del capitalismo”. Alcuni risparmiatori (tipo il fondo pensione insegnanti del Montana) hanno perso tutto investendo nel titolo azionario di Gino e Michele. E’ il crack più grande mai avvenuto a Wall Street. In un giorno bruciati 150 miliardi di dollari. A questo punto viva le criptovalute, Rischi meno e cordiali saluti al prossimo crack. Intanto la lunga zampa di quei comunistoni di Rossi, Gino, Michele e Giancarlo Bozzo prese di mira un centro sociale alla Barona. Dove iniziavano a fare cabaret i bravi Gianluca de Angelis (non comunista) Deborah Villa (socialdemocratica) e altri bravissimi attori comici che oggi vediamo in varie emittenti Es. Fabrizio Fontana a striscia…
Subito gli fecero firmare contratti capestro con la loro Holding con sede alle Barbados (paradiso fiscale). Il nome di tale società che organizza serate di cabaret? Bananas s.r.l. Soci i nomi citati sopra. Ma diciamoli ancora bene: Gino Vignali, Carlo Barcellesi, Paolo Rossi, Gianni Fantoni, Michele Mozza, Enrico Bertolino, poi liquidato in quanto minacciò d’andare alla caserma della guardia di finanza (in via Finzi 3) a dire tutto. Ecco il testo della telefonata che ho fatto a Bertolino (intercettati sapendo di esserlo).
“Ciao Enrico”. “Ciao tutto bene?”. “Benissimo! Ho tirato in ballo anche te in merito al crack dello Zelig, sarai chiamato in procura. Ma sono sicuro chiarirai tutto”. “Hai fatto bene a cantare!”. “Ma sì così mischiamo ragionamento non collegati tra loro”. “Dove sei?”. “Sono con Fantoni in località segreta; mi hanno detto di non rivelarla, ma lo faccio; Ripamonti Residence… sotto il falso nome Digeroni Antoine”. “Grazie! Adesso mando due killer per fare l’esecuzione risulterà che Fantoni ha sparato a te…”. “Benissimo! Enrico? Perché non ti penti anche te?”. “Ma collaboro già con l’Interpol…”. “Noi invece con i servizi segreti, potrebbero scambiarsi informazioni”. “No! sono gelosi e fanno bene non sai di chi fidarti”. “Infatti ciao! Penso di tirare in ballo oltre a te anche Giacobazzi e Sergio Sgrilli…”. “Hai già fatto nomi o verbale?”. “Sì! e anche Bove e Limardi che sono già stati convocati, Limardi è stato ammonito dal Gip a dire tutto…”. “Era reticente?”. “No! Anzi il 95 per cento era tutto inventato come è giusto che un vero pentito fa”. “Ciao! ci vediamo alla serata per i 40 anni di Zelig”. “Sì! Parto adesso, ci vediamo lì”.