Paese percepito e paese reale
L'Italia è la nuova Ddr? Il World Press Freedom Index 2023 parla bene di noi
È stato il weekend dei censurati immaginari, da Carlo Rovelli bandito (e poi riammesso) alla Buchmesse di Francoforte fino alla cacciata di Fazio dalla Rai. Eppure siamo passati dal 68esimo al 41esimo posto per libertà di stampa
Aiuto, arriva la censura delle destre e non ho l’elmetto da mettermi. E’ stato il weekend premium del vittimismo dei censurati immaginari. Ha iniziato il noto fisico che ritiene che la colpa della guerra sia della Nato: “Siccome ho osato criticare il ministro della Difesa, il mio intervento (alla Buchmesse di Francoforte, ndr) è stato cancellato”. Poi il diluvio di Fazio cacciato dalla Rai. Ovviamente la censura non c’entra, ma l’Italia è il paese del percepito, anzi del manipolato: le destre, la censura. Peccato che il World Press Freedom Index 2023 racconti che l’Italia ha invece fatto un balzo in avanti nella classifica della libertà di stampa: dal 58esimo posto al 41esimo. 72 punti su 100. La classifica annuale di Reporters Sans Frontières è stata pubblicata qualche giorno fa, ma nel paese del percepito e del manipolato non ha avuto grande risonanza: c’è report e report. Siamo il paese in cui se Coldiretti scambia fatturato e pil, e dice che l’agroalimentare in Italia vale 580 miliardi di Pil, per tutti è oro colato. Anche per l’Istat il numero giusto va invece diviso per quattro. Chiedete a chiunque, e vi dirà che l’Italia è un paese sempre più corrotto (sono arrivate le destre, no?). Peccato che l’ultima classifica Transparency International abbia messo l’Italia un gradino sopra lo scorso anno (41esimo posto: non il paradiso in terra, ovvio, ma un passo avanti e non indietro.
Allo stesso modo le cose funzionano per la censura percepita, o strombazzata. In difesa del censurato Rovelli si è schierata la consueta una pletora di indignados contro il governo fascista che ha armato la penna del presidente dell’Associazione italiana editori, che ha revocato al famoso fisico l’invito a rappresentare l’Italia alla prossima Fiera del libro. Invece basta poco e si scopre che Ricardo Franco Levi la penna se l’era armata da solo, e s’è sparato sui piedi, e infatti è stato lesto, e pasticcione fare marcia indietro. Lesto tanto quanto il festoso Rovelli a nuovamente accettare festoso l’invito. La censura, se c’era, dormiva. L’addio di Fabio Fazio alla Rai ha fatto anche più scalpore, ma anche in questo caso è chiaro che nessuno lo ha cacciato, nemmeno formalmente, tantomeno a causa della politica: controllate il palinsesto di chi resterà per valutare. Fazio ha solo firmato per un altro editore, ma l’insurrezione parolaia contro la destra che si prende manu militari la Rai continuerà almeno fino alla prossima occasione di cronaca.
L’Italiavè non è certo, e non sarà probabilmente mai, il paese delle libertà trasparenti come case di vetro: al primo posto del World Press Freedom Index stanno i paesi del nord Europa. Ma con il suo 41esimo posto, rispetto al 68esimo di un anno fa, un passo è fatto. L’Italia risale e supera persino gli Stati Uniti del presidente super dem,(45esimi) e il Giappone al posto numero 68. il report, quest’anno ci sono ben 31 paesi che versano in una “situazione molto grave”. Invece l’Italia, pur non essendo nella fascia migliore (punteggio 85-100) è comunque in quella subito successiva (55-70 punti), quella definita “soddisfacente”. La valutazione viene fatta attraverso cinque criteri: il contesto politico, il quadro normativo, il contesto economico, quello socioculturale e la sicurezza. E meno soddisfacenti sono gli indicatori economici e quelli politici (“per la maggior parte, i giornalisti italiani godono un clima di libertà: Ma spesso sono tentati di censurare sé stessi”, scrivono i Reporters Sans Frontières, dunque auto censura e non censura) dal punto di vista degli aspetti legislativi, pur ancora carenti, e della sicurezza per chi lavora nel mondo dell’informazione stiamo progredendo. E le minacce, che pure non mancano, vengono dal crimine organizzato e non certo dagli sbirri di un governo dittatoriale. I paesi valutati sono 180, l’Italia non è in cima, ma ben oltre la metà altà della classifica. La libertà di stampa non è minacciata. Poi c’è la censura percepita.