L'editoriale dell'elefantino
Servirebbe un patto di civiltà tra scettici e fanatici del clima
Noi green bashers comprendiamo un misurato allarme, voi green washers dovreste riconoscere che i modelli predittivi apocalittici sono fallibili
Bisognerebbe stipulare un patto di civiltà fra i green washers (quelli del riscaldamento globale) e i green bashers (quelli di noi che dissentono e si oppongono). Ora che si va verso il caldo estivo ma nel fresco relativo e a sorpresa dei primi di giugno, ora che la siccità è in riflusso e sulle alluvioni e bombe d’acqua si riflette con minore intransigenza eziologica (le cause antiche e recenti, le vere responsabilità nella manutenzione di fiumi e bacini), è forse il momento di un piccolo accordo provinciale di distensione intelligente (il mondo è strano e troppo vasto).
Non fa specie per noi che si registrino aumenti delle temperature medie e i fenomeni conseguenti, che si diffonda un misurato allarme, che si prendano misure. Dovreste voi riconoscere che i modelli predittivi apocalittici sono fallibili, che il clima e il meteo sono luoghi di contraddizione conoscitiva, che il contributo della macchina umana al funzionamento e all’equilibrio vitale della macchina naturale è discutibile, c’è e non c’è, può essere in parte o largamente sopravvalutato.
Noi comprendiamo l’allarme specie tra i giovani, e non escludiamo affatto si diffonda tra le mode e le stupidaggini estinzioniste un’autentica vocazione a curare il pianeta, sebben spicchi una tendenza ideologica o addirittura religiosa a un eccesso di visione (chi desidera visioni, diceva Max Weber, vada al cinema). Voi dovreste riconoscere che molte pulsioni concorrono spesso a una festa dell’infatuazione horror intorno al clima, e non sempre in modo razionale, non sempre sulla scia di dati sperimentali certi indicati da un numero ingente di esperti e istituzioni scientifiche.
Dovreste piantarla di riferirvi a Trump come al principe dei negazionisti, e di farlo in modo polemico rilanciando una dialettica destra-sinistra o populismo contro democrazia che non c’entrano niente con l’argomento. Qui per esempio si negava quel che ci sembrava giusto negare da quando Trump, il bellimbusto, aveva politicamente i calzoni corti, anzi era in mutande e sonnecchiava nei dintorni per lui proibiti dell’establishment di New York. Noi cercheremo di temperare il malessere che suscitano i green washers, così potenti nelle grandi conglomerate del marketing industriale e finanziario, o nelle strutture dell’Onu e dell’Unione europea, e volentieri rinunciamo a considerare un attentato alla prosperità le riserve e alcune misure di deterrenza delle conseguenze del riscaldamento, ora che anche il climato-fanatico Macron ha chiesto un fermo agli eccessi delle politiche verdi intese come colpi all’industrialismo e allo sviluppo.
La spocchia è cattiva consigliera, per voi e per noi. Bisogna limitarla, se non si possa del tutto eliminarla. Vero che una grande maggioranza istituzionale la pensa come i più estremi tra i climatofanatici, ma la scienza, come la poesia, non è democratica, non si contano i voti, si valutano le idee e i fatti. Giulio Betti del celebrato centro meteo Lamma ha per esempio valorizzato, forte delle sue convinzioni meteo-ambientaliste anche estreme, ma sempre porte con garbato senso dell’equilibrio, uno studio sulle alluvioni in Romagna che smentisce la ricerca delle responsabilità dirette dell’uomo in rapporto al clima. Ha subito rischiato il processo ideologico. Dall’altra parte, se il professor Franco Prodi con il suo bell’ingegno, le sue prove o testimonianze di carattere scientifico, il suo incanto finto ingenuo e il suo scetticismo vigile, afferma cose in controtendenza, e conclude sulla “bufala” del riscaldamento globale ragionamenti articolati e seri, bisognerebbe evitare di considerarlo, lui e i suoi simili che non mancano e non sono mancati in tutta questa storia, come un mattocchio o un isolato o uno che sa ma il suo sapere non conta. Ancora uno sforzo, per favore, approfittiamo del calo di dieci gradi delle nostre temperature di inizio giugno, prima del Solleone.
generazione ansiosa