Guerre generazionali
I boomer stavano come stiamo noi, con l'amianto in testa e gli interessi mortali
Non si sa chi si sia svegliato con la macchina sparaetichette in mano e che abbia aizzato, contro i nati negli anni Cinquanta, l'accusa di essere i produttori di un’era e fautori scientifici del degrado contemporaneo
Io avevo vent’anni, mio fratello 17 e una margherita costava sei euro. Con la coca cola, sette. Ognuno andava in pizzeria con gli amici suoi, ci si ingegnava per non ammettere a sé stessi che la provincia desolata intorno a Benevento era casa del diavolo. Il convento non passava niente ma provavamo a divertirci lo stesso. Mio nonno, ignaro delle nostre frustrazioni di giovani senza città, ci aspettava in agguato, il sabato sera, seduto in cucina. Per intimare “con tutto ‘sto ben’e ‘ddio” – e apriva il frigorifero per mostrare il cartoccio di carne che aveva comprato – sti ‘ddue vanno pe’ trattorie. Questi due eravamo noi, mangiapane a ufo, scialacquatori, con quasi un chilo di controfiletto a casa escono per cenare fuori e spendere soldi inutili. Gli rispondevamo spallucce, ridevamo e dicevamo ciao nonno! Quante storie per quindici euro in due. La guerra è finita settant’anni fa. Che sarà mai. Il controfiletto l’avrebbe usato mia madre il giorno dopo insieme alle braciole per il sugo della domenica.
Tra noi e il nonno ci passavano loro. I nostri genitori. Nati negli anni Cinquanta. Cosa facevano quei genitori? Intanto ci davano i soldi per la pizzeria. Finché uno studiava, passava inosservato. Non erano stati genitori controllanti, sensibili ai tempi, che si interrogavano su quante ore di tv fossero non dannose. L’infanzia dei figli era solo una questione di farla passare, nessun impegno accanito di cura o svago particolare o pretese di costruzione di inclinazioni utili e talenti. Oggi si chiamano boomer, mio padre e mia madre. E quelli come loro. S’è deciso – non so chi è che s’è svegliato con la macchina sparaetichette in mano – che sono non il prodotto ma i produttori di un’era e fautori scientifici del degrado contemporaneo. I depredatori amorali. I prosciugatori della vacca statale, munta fino allo sfinimento. Il boomer – come saprà chi frequenta le lande online – non solo è un mezzo babbeo, ma pure una iattura storica. Perché? Che hanno fatto? Che è venuto fuori dal maxiprocesso contro di loro? Che i boomer hanno scialato, speso tutti soldi, rubato tutto il rubabile anche per il futuro lasciandoci debiti, infettato il sistema, sciolto l’antartide, crivellato di buchi l’ozono, dato da mangiare al patriarcato tossico che è cresciuto gagliardo e vigoroso e meno male che c’è la ex fidanzata del Maneskin adesso al contrattacco per questa generazione. Lo sbafo dei boomer mi fa sempre ridere. L’immancabile solfa del privilegio che risentiamo tutte le volte. Io c’ero, nel paese della cuccagna degli anni Ottanta e Novanta, ero piccola ma c’ero.
Andavano un mese al mare! Vi dico come si faceva. Si metteva da parte, a centomila lire ogni mese per tutto l’anno, un milione e mezzo di lire. Verso marzo ci si accordava con l’amico del cognato di Concetta che abitava in Calabria, vicino San Nicola Arcella, per fittare una casa per due famiglie. Si prenotava la vacanza al buio. La casa di villeggiatura si rivelava quattro mura di cartone, una inarrivabile catapecchia con le brande dei materassi scassate. Attraversavi una statale pericolosissima sperando di cavartela e sotto un sole giaguaro raggiungevi una spiaggia senza niente, se volevi la sdraio te la portavi in spalla. Si partiva sulla Salerno-Reggio Calabria con certe macchine stipate da emigrati in America. Una cassa di bottiglie di salsa di pomodoro, olio, aglio, salamini fatti in casa, uova dal paese. Acciocché la spesa si facesse solo un giorno alla settimana, divisa tra due famiglie. Tornavamo abbronzatissimi.
Oltre al mese di vacanza, l’altra leggenda sui boomer è quella immobiliare. Compravano i palazzi! E’ vero, rogitavano. Ma mica in Piazza di Spagna. S’accollavano mutui di trent’anni a interessi mortali – arrivavano al 14 per cento – intestati a marito e moglie. Cosa si comprava? Una casupola al paese. Ancora adesso in provincia trovi appartamenti grandi e seminuovi a nemmeno trentamila euro. Te li buttano appresso. La proporzione non cambia: comprare un immobile è alla portata anche della generazione zeta, se t’accontenti di Luzzano (BN). La sgradita verità è che i boomer – poteri forti a parte – stavano come stiamo noi, pure con l’amianto in testa e il teflon nelle padelle, non c’era internet quindi in generale essere sprovveduti era la regola, dai clorofluorocarburi nella lacca per capelli alle manovre dell’avanzata Prima repubblica. I boomer non rispettavano le regole, ma neanche lo sapevano. Nessuno le aveva mai scritte. Vedete che allora nessun contemporaneo è al sicuro, i boomer siamo tutti, nessuno si senta offeso.
generazione ansiosa