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Una provocazione

Elogio del debito privato che la cultura dominante non vuole vedere

Sergio Belardinelli

In un mondo dove la sfiducia nei confronti del futuro sta diventando un tratto distintivo, si può ribaltare il pregiudizio sul portafoglio degli italiani: indebitarsi può diventare il segno di una disponibilità a rischiare per sé e per gli altri

I dati della Banca d’Italia sul risparmio e sul debito privato degli italiani ci dicono che negli ultimi dieci anni il risparmio è cresciuto di quasi il 40 per cento, passando da 3.500 a 5.200 miliardi, e il debito privato è rimasto sostanzialmente basso e stabile. Se poi consideriamo che, rispetto al 2008, i salari degli italiani hanno subito un’erosione di circa il 10 per cento, verrebbe quasi da dire che col risparmio stiamo facendo miracoli. Ciò nonostante esiste anche qualche elemento di riflessione e di preoccupazione: anzitutto l’enorme debito pubblico del nostro paese; poi l’aumento del risparmio degli italiani durante la pandemia, ma anche del loro debito privato; e infine il fatto che da un anno a questa parte il risparmio è diminuito e il debito continua ad aumentare.

 

Come risulta da un report pubblicato di recente dalla Fabi (Federazione autonoma bancari italiani), da dicembre 2021 al marzo 2023 il saldo dei conti correnti delle famiglie è calato di oltre 61 miliardi di euro. In soli tre mesi, da dicembre 22 a marzo 23, sono calati di 50 miliardi, 85,5 se vi aggiungiamo le imprese. Il carovita non solo ha invertito la tendenza al risparmio delle famiglie, pressoché prossima allo zero da gennaio a maggio di quest’anno, ma ha incominciato a erodere le riserve accumulate dal sistema produttivo italiano. Uno scenario, ripeto, da un punto di vista economico non proprio tranquillizzante, nonostante i segnali di ripresa del sistema che stiamo registrando in questi primi sei mesi dell’anno.Le cose non vanno meglio sul piano culturale. Per noi italiani risparmio e debito privato sembrano due atteggiamenti incommensurabili, l’uno da promuovere e l’altro da fuggire. Ma forse è tempo di cambiare prospettiva.

 

Se proviamo a domandare a noi stessi perché risparmiamo, ci sono generalmente due risposte abbastanza ovvie: la prima è perché voglio comprarmi la casa, la macchina nuova, andare in vacanza o far studiare i figli (un obbiettivo concreto), oppure, la seconda, perché non si sa mai che cosa potrebbe succedere in futuro a noi o alla nostra famiglia e potremmo aver bisogno di soldi. Per dirlo con una battuta, il risparmio può scaturire dal desiderio, ma soprattutto scaturisce dall’incertezza. Più si percepisce un senso di precarietà e più cresce la propensione al risparmio. Ovvio dunque che in un periodo burrascoso come quello che stiamo attraversando chi può cerchi di risparmiare. La pandemia ieri e la guerra oggi hanno scosso e continuano a scuotere gran parte delle nostre sicurezze culturali e materiali. Non escludo che se ne possa uscire imparando anche qualcosa di buono in ordine al nostro stare al mondo, ma per adesso abbiamo tutti più di una ragione per essere estremamente preoccupati. Non è gradevole risparmiare e vedere i propri risparmi erosi dall’inflazione. Meno ancora lo è quando ci si trova costretti a fare debiti per tirare avanti. 

 

Se il risparmio è figlio del desiderio e dell’incertezza, il debito ha una natura più controversa. Premesso che, in generale, solo colui che potrebbe risparmiare può contrarre un debito. E’ infatti difficile che una banca mi presti denaro se, almeno potenzialmente, non sono in grado di restituirlo con gli interessi. Premesso questo, per certi versi il debito costituisce l’altra risposta possibile alla soddisfazione di un desiderio. Mi piacerebbe una vacanza in Tibet e, anziché farla tra quattro o cinque anni con ciò che avrò risparmiato, chiedo un mutuo alla banca e parto il mese prossimo. Ovviamente se finanzio regolarmente a debito le mie spese effimere sono semplicemente uno scialacquatore che vive al di sopra delle sue possibilità. Ma lo stesso non si può dire se decido di finanziare a debito un bene d’investimento quale potrebbe essere l’acquisto della casa o lo studio dei figli. In questo caso, lo ripeto, il risparmio e il debito sono due strategie che si assomigliano. Dove invece le due strategie si differenziano è nell’atteggiamento che sottintendono rispetto al futuro.

 

Chi risparmia diciamo che è più prudente o previdente; guarda al futuro nell’ottica dell’incertezza e un po’ lo teme; chi fa debiti guarda al futuro nella stessa ottica, ma forse con maggiore fiducia. So bene ovviamente che questa fiducia può anche diventare sconsideratezza, imprudenza, presunzione, per non dire semplice volontà di soddisfare i propri desideri, costi quello che costi. Una pessima inclinazione. Ma, se è per questo, anche la prudenza e la parsimonia possono degenerare in avarizia e in assoluta sfiducia nei confronti del mondo e della vita. Pessime inclinazioni anche queste. E allora? Allora, considerato che proprio questa sfiducia nei confronti del futuro sta diventando un tratto distintivo del nostro tempo, vorrei provocatoriamente abbozzare una sorta di elogio del debito.

 

Come dice l’ultimo rapporto Censis, “è la malinconia a definire oggi il carattere degli italiani”; siamo sprofondati in “una grande disillusione”; “non siamo disposti a fare sacrifici”; siamo alla continua ricerca dell’“immunizzazione dai rischi”. D’altra parte, non è da oggi che questo stato d’animo imperversa. Anziché promuovere sviluppo, e quindi una cultura dei doveri, della responsabilità e del sacrificio, abbiamo puntato sulla retorica dei diritti acquisiti e dei desideri proclamati come se fossero diritti; anziché investire sulla nostra libertà di fare da soli fin dove è possibile e quindi sui rischi che tale libertà inevitabilmente comporta, abbiamo cercato soprattutto le sicurezze dello stato sociale; ci piace molto parlare di libertà, ma assai meno dei rischi e dell’insicurezza che la libertà porta sempre con sé; di qui forse anche una certa propensione al debito semplicemente per soddisfare desideri effimeri e vivere il meglio possibile alla giornata. Il debito dei furbi e dei parassiti del futuro. Ma il debito non esprime soltanto questo.

 

Esiste anche un debito privato buono, che esprime in quanto tale un importante segno di fiducia nel futuro, il segno di una disponibilità a rischiare anche sulla propria pelle pur di ottenere un risultato vantaggioso per sé e per gli altri. Gli imprenditori sanno benissimo di che cosa sto parlando, ma lo sanno bene anche i padri di famiglia che si indebitano per consentire ai figli di laurearsi. In ogni caso non mi pare che questo spirito venga promosso dalla cultura dominante nel nostro paese. Così, in spregio alla parabola dei talenti, rischiamo di diventare tutti come quel servo che, timoroso del suo padrone, preferisce nascondere il suo talento sotto terra piuttosto che rischiarlo o indebitarsi per moltiplicarlo.

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