L'analisi
Come fondare un rapporto educativo senza le tracce del vecchio doverismo
Autorità e libertà. Dalle banlieue parigine a noi. Una raccolta di confronti sulla pedagogia realista e sul metodo di educazione
I fatti in sequenza sono questi. Primo, a Nanterre muore Nahel, 17 anni, ucciso da un poliziotto. Secondo, le banlieue francesi insorgono: scontri, vandalismi, incendi. Il presidente Emmanuel Macron lancia un appello ai genitori degli adolescenti in rivolta: “Tenete in casa i vostri figli”. Terzo, Giuliano Ferrara (il mio direttore finché ho lavorato in questo giornale, che manifestò sorpresa ai tempi quando, parlando di educazione, gli dissi che l’unica virtù è l’obbedienza, che nella sua essenza è un atto di libertà, il resto, comme l’intendance, suivra) scrive un editoriale in cui commisera uno “Stato con le lacrime agli occhi, che chiede alle famiglie di tenere a casa gli ado insubordinati, di incarnare una figura scomparsa dell’autorità come introduzione generale al senso della vita e al suo stile civile. Improvvisamente i genitori, che poi sono quelli dei moti del 2005, ora quasi quarantenni, dovrebbero supplire con un atto di imperio familiare alla dissoluzione culturale di certi legami ancestrali, travolti dalla modernità postuma a sé stessa” (2 luglio). Quarto, Caterina, sette anni, sta facendo i compiti delle vacanze; l’esercizio chiede di elencare quattro cose che le piante ci danno, lei scrive: semi, frutta, ombra e bellezza. Quinto. Suona il campanello, lascio Caterina e scendo dal portiere: è arrivato un pacco: dentro c’è La meta e i passi. Don Giussani e l’educazione. Confronti (edizioni San Paolo). Il libro raccoglie una serie di confronti, organizzati dal Centro culturale di Milano su don Giussani educatore, sulla sua pedagogia realista e sul suo metodo educativo. Con prefazione di Joseph Weiler il volume rende conto degli interventi del teologo Julián Carron, del giornalista Antonio Polito, dell’epistemologa Luigina Mortari e del pedagogista Giorgio Chiosso.
Che cosa c’entra questo libro con i fatti di Nanterre? Il tramite è la frase di Ferrara sull’appello di Macron ai genitori: sintomo della “scomparsa dell’autorità come introduzione generale al senso della vita”. In modo del tutto analogo don Giussani parla di autorità come di “ipotesi di lavoro”. Nulla di più distante dall’immagine arcigna e moralistica della famiglia come luogo delle regole a cui da tempo, troppo, è associata la figura dei genitori. L’autorità è un’ipotesi su cui lavorare, un’introduzione al senso della vita. Queste due definizioni tolgono ogni ombra di doverismo nel rapporto educativo e lo qualificano come interazione tra due libertà. Educatore ed educando non sono una “coppia di opposti”, come dice Antonio Polito, facendo risalire il contrasto tra autorità e libertà, all’illuministico Settecento francese, “autorità non è un termine in opposizione a libertà, anzi, la libertà è essenziale per legittimare l’autorità. E’ questo che non va di tanta pedagogia contemporanea che, pur con ottime intenzioni, ha ridotto, soprattutto nella scuola, il processo educativo, che nella sua essenza è introduzione alla realtà totale, nel migliore dei casi alla “trasmissione del sapere” quando non all’indottrinamento ideologico o all’apprendimento meccanico e mnemonico. Noi costringiamo – dicono gli autori – l’autorità al ruolo istituzionale che la incarna, invece l’autorità è l’esperienza dell’incontro con una figura “nella quale scopro me stesso”. L’autorità, insomma – scusate il gioco di parole – deve avere la su autorevolezza, che viene sottoposta (libertà) alla verifica dello figlio/studente.
G. K. Chesterton la spiegava così: “Quando vostro padre passeggiando per il giardino vi diceva che le api pungono o che le rose hanno un dolce profumo, voi non parlavate di prendere il meglio della sua filosofia. Quando le api vi hanno pizzicato non avete detto che era una divertente coincidenza… No, voi avete creduto a vostro padre perché vi è sembrato uno che fosse una viva sorgente di fatti, uno che realmente ne sapeva più di voi, uno che vi avrebbe detto la verità domani come ve l’aveva detta oggi”. In una società che parla a sproposito di libertà come totale assenza di legami, paradossalmente la libertà non viene più né esigita né messa in moto La libertà diviene, matura, si compie nella verifica razionale di un rapporto. “L’educazione di oggi – nota Carron – è manchevole per quel razionalismo di impostazione che dimentica l’importanza dell’impegno esistenziale come condizione per una genuina esperienza di verifica e quindi per una convinzione. Tante volte invece educare si riduce a un mero ‘chiarire delle idee’, come se, per il fatto di ripetere certe cose come un mantra, i ragazzi potessero tornare a casa con qualcosa di chiaro in testa”. Mentre scrivo questa recensione la mia prima figlia richiama la piccolina (due anni non ancora compiuti) che le risponde decisa: “Zitta mamma!” Lei la guarda severa, poi si scioglie in un sorriso. E la piccola ribelle le butta le braccia al collo. Autorità e libertà. Che c’entri qualcosa con gli alberi e la bellezza di cui scriveva Caterina?
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