Patto antiecoansia
Dalla parte di Jim Skea, capo dell'agenzia Onu per il controllo sul clima: vietato esagerare
Il nuovo presidente dell’Ipcc, nelle sue prime dichiarazioni, afferma che la Terra si riscalda ma non deve affrontare alcuna crisi esistenziale. Non utilizzare clima e meteo per cucinare ideologie e politiche pubbliche con ingredienti strumentali
Bambini impauriti dalla notte, che non sono mai stai bene né felici. Così Wystan Hugh Auden subito dopo la Seconda guerra, con il bum delle atomiche in corso, sulle orme di T. S. Eliot che aveva raccontato la desolazione della terra dopo la Prima guerra. Era il Novecento, l’età dell’ansia. Di recente abbiamo ravvivato quello spirito poetico e filosofico, ma senza studiare e senza poesia. Ne è venuta l’ecoansia, seguita al catastrofismo apocalittico, all’idea di un pianeta irrimpiazzabile che brucia dal caldo e va in pezzi per fenomeni estremi che lo possiedono di bel nuovo, mai accaduto prima, è la via verso l’inferno, un inferno banale, ideologico, presumibilmente prodotto da un vuoto religioso, e intensamente verde. Un americano fattosi britannico e anglicano ci aveva avvertito, dopo di lui la profezia era passata a un inglese di York, ora uno scozzese ci salverà. Si chiama Jim Skea, è nato a Dundee, è il nuovo presidente dell’Ipcc, l’agenzia Onu per il controllo del clima.
L’idea di un’agenzia per il controllo del clima è in sé un po’ ridicola, ma se a presiederla va un settantenne dell’Imperial College, un fisico sperimentato, una bella faccia con barba e capelli bianchi, 69 anni, e se le sue prime dichiarazioni dicono che la Terra si riscalda ma non deve affrontare alcuna crisi esistenziale, perfino nel caso di un aumento di un grado e mezzo della temperatura media entro il 2030, bè, le cose possono andare un poco meglio di come vanno. Skea è semplicemente convinto che abbiamo esagerato, che abbiamo comunicato l’apocalisse o la catastrofe e così abbiamo indebolito il contrasto razionale, non ansiogeno, ai fenomeni inquinanti antropici che vanno combattuti con malizia, con intelligenza e con serenità, senza pretendere di guidare a suon di numeri terrorizzanti la vita delle persone, agricoltura industria e consumi. (segue a pagina quattro)
E’ così che si deve discutere di caldo e freddo, di clima e di meteo, di fenomeni classici e fenomeni estremi, della loro intensità e pericolosità eventuale, e spiace che un uomo informato e intelligente come Giuliano Amato fondi un suo ragionamento politico di prospettiva sulla minaccia di grandine corposa come palle di tennis e altri orrori, reali ma parte della realtà, anche della realtà storica di meteo e clima in una serie o scala rintracciabile e testimoniabile.
Qui ci eravamo permessi, quando l’estate prometteva di mitigare il nostro solito scontento mediatico e superstizioso, amplificato dai media e da politici zuzzurelloni, con una serie di temperature accettabile che è durata fino alla prima settimana di luglio, di proporre un patto: fine dello scandalo negazionista in cambio della fine dello scandalo catastrofista. Il mondo è un mondo cane, e per tante ragioni, ma up to a point. Non esagerare, in un senso o nell’altro. Non utilizzare clima e meteo per cucinare ideologie e politiche pubbliche con ingredienti strumentali, gridati, con avvisi di rischio decisamente eccessivi o con consolazioni realiste che possono sembrare incoscienti. Per tre settimane ha fatto caldo, un caldo “insopportabile”, una pioggia di fuoco africano come ce n’erano, secondo il Gattopardo ricordato ieri da Michele Magno, anche a metà Ottocento. E’ vero che è stato un fenomeno estremo, è vero anche il contrario, che è stato un luglio africano normale per il Mediterraneo. Con Jim Skea qui riproponiamo il patto di non aggressione ansiogeno, punto e a capo.