Gestazione per altri
Utero delle mie trame. La filosofa Rosella Prezzo riflette sulla procreazione assistita
Dal mito di Adamo ed Eva agli antichi dei greci fino alla storia del transgender incinto Thomas Beatie. La tante variabili della nascita e il suo valore nel corso della storia
Niente divide la società progressista occidentale come la Gpa (la gestazione per altri, detta più volgarmente utero in affitto), nemmeno la guerra in Ucraina riesce a tanto. Rischia di far inciampare anche Elly Schlein, che tentenna tra il “forse sì” e il “solo se è scelta solidale”. Intanto, mentre prospera il libero mercato della procreazione assistita e surrogata, si divide il già molto diviso mondo delle donne, tra chi vede la Gpa come estrema opzione di libertà individuale, quasi simbolo iperbolico del sistema dei diritti, rispolverando il vecchio ma duraturo slogan “il corpo è mio e lo gestisco io”, e chi la denuncia come l’ultimo e spietato esempio di sfruttamento del corpo femminile, come una nuova schiavitù, insomma. In una discussione incanaglita dalle appartenenze ideologiche, la si sta radicalizzando oltre misura. Amiche che non si fidano più una dell’altra, gruppi di attiviste, un tempo coese, rese mute dalla domanda: ma tu sei favorevole o contraria? Femministe storiche divise, rimproverate da Ritanna Armeni: “Che fatica riuscire a dire qualche parola nel dibattito Gpa, c’è troppo aggressività, non ci state dando una mano…”. “La gravidanza per altri è un’arma che una parte del femminismo regala alla destra”, scrive Lea Melandri, mentre Alessandra Bocchetti risponde: “Ma quando si fa mercato di corpi, di cosa si tratta? Un tempo si chiamava schiavismo”. Ad analizzare un tema così caldo, uscendo dalla cronaca, accantonando per un attimo le contrapposizioni e partendo da un punto di vista diverso, si è misurata coraggiosamente la filosofa femminista Rosella Prezzo. Rovesciando il paradigma tra “mettere al mondo” e “venire al mondo”, nel suo libro Trame di nascita. Tra miti, filosofie, immagini e racconti (edito da Moretti & Vitali), ripercorre la storia e il pensiero che ha accompagnato nei secoli il tema della nascita, da Eva che esce dalla costola di Adamo al transgender incinto Thomas Beatie, da Aristotele a Judith Butler. Riprendendo le voci delle donne, scrittrici, artiste, femministe, che sul tema hanno riflettuto, decostruendo – come ha fatto Adrienne Rich in Nato di donna – la mitizzazione della maternità, che è stata da sempre funzionale al sistema patriarcale.
“La nascita è l’unica esperienza che tutti gli esseri umani necessariamente condividono, ma ha perso la sua aura, il suo significato simbolico”, scrive la filosofa Rosella Prezzo, convinta che la Gpa ci costringa a riflettere non solo su come si nasce e sulle tante variabili della nascita, ma soprattutto sul suo valore. “La nascita è un evento a doppia faccia, riguarda la madre, il suo ‘umile potere creatore’ e il figlio ‘gettato nel mondo’, come diceva Heidegger. Riguarda tutte e tutti, e quel venire al mondo definisce l’essenza dell’essere umano. La finitudine umana, l’esperienza-limite, non è più la morte che condanna alla propria fine, come abbiamo pensato per secoli, ma – come dicono Hannah Arendt e Maria Zambrano – è la nascita, la vita, che promette la possibilità di un inizio. Perché il comune venire al mondo è la matrice relazionale dell’umano, chi nasce non occupa un posto, ma apre un varco nel mondo, pieno di possibilità. Dovremmo definirci ‘comuni natali’, non ‘comuni mortali’! Ho sentito l’urgenza di scriverne perché oggi ci sta sfuggendo proprio questa essenza dell’umano, siamo come ciechi, in un periodo in cui la scena della nascita è affollata da tanti soggetti, tutti dominati dalla tecnologia riproduttiva. Ovuli, gameti, embrioni trovano collocazione in donne di vario tipo: donanti, riceventi, ospitanti. In questa maternità frammentata scompare l’esperienza originaria divisa e con-divisa. E finisce per scomparire la donna”.
Che gli uomini, intesi come maschi, abbiano sempre invidiato la potenza generativa delle donne l’abbiamo sempre saputo. Altro che invidia del pene… Rosella Prezzo parte proprio dal mito (“La riproduzione assistita l’hanno inventata i miti classici…”). In una galleria affollata di dèi che nascono nei modi più impensabili, il tratto comune a tutti è l’homo solus che espropria la “madre certa”, fino ad arrivare alla nascita fuori dal corpo. Abbiamo tutti in mente Atena che nasce dalla testa di Zeus, ma la lista è lunga e sorprendente: Dioniso è partorito dal corpo paterno, quello di Zeus, più precisamente da una sua coscia, dopo essere stato strappato dal grembo materno di un’amante del padre, nelle Baccanti Euripide cita il “maschio utero” di Zeus. Adone, frutto di un inconsapevole incesto fra il re di Cipro, Ciniria, e la figlia Mirra, esce, assistito dalle ostetriche, dall’albero in cui era stato trasformato il corpo della madre (lo si vede in un affresco di Bernardino Luini). Questi e innumerevoli altri sono i primi passi del sogno dell’utero artificiale… Tutte le portentose nascite divine all’origine della cultura occidentale avvengono in assenza di madri: madri morte, uccise, incluse nel corpo maschile del dio, sostituite da un organo artificiale. D’altra parte Eschilo nel finale delle Eumenidi fa dire ad Apollo: “La madre non è la generatrice di colui che viene detto suo figlio, bensì la nutrice del feto appena in lei seminato. Generatore è chi getta il seme. Vi può essere un padre anche senza una madre”. Donna come incubatrice, così in Aristotele e nella Chiesa medioevale. Vale sempre il grande George Dumézil: “All’orizzonte del pensiero mitico greco, si coglie il disappunto che un giorno ci furono le donne”.
Perché partire proprio dal mito e dalla cultura arcaica, viene da chiedersi. “Perché mai come in questa congiuntura storica l’arcaico si è saldato al contemporaneo”, sostiene Rosella Prezzo. “Perché la dimensione biologica dell’umano e dei suoi limiti ci appaiono arretrati e superabili grazie alla scienza e alla tecnologia. Fantastichiamo di post-umano, e da madre-Natura siamo passati a madre-Macchina. Il progetto dell’utero artificiale, su cui peraltro si continua a investire, sembra infatti soddisfare a due grandi utopie: quella per la donna di liberarsi dal fardello della maternità e quella per l’uomo di riappropriarsi della nascita. L’interrogativo che ci dobbiamo porre è: ma allora qual è l’umano che ci viene incontro dal futuro?”.
Per dimostrare questo cortocircuito nel rapporto tra natura e cultura, questo slittamento di senso, Prezzo analizza nel dettaglio il caso di Thomas Beatie, diventato di risonanza mediatica mondiale. Thomas nasce Tracy, cioè femmina. Si sottopone alla mastectomia, di cui si vede traccia delle cicatrici nel disegno di Yole Signorelli, alias Fumettibrutti, apparso sulla copertina dell’Espresso il 16 maggio 2021, con la scritta sul pancione “la diversità è ricchezza”. Tracy/Thomas si lascia però gli organi riproduttivi, ovaie e utero, anche se le cure ormonali le/gli hanno consentito di avere barba e muscoli maschili. Thomas si sposa con Nancy, e insieme desiderano metter su famiglia, ed è Thomas a farsi carico del progetto: interrompe la terapia ormonale e si sottopone alla inseminazione artificiale. Così per tre volte, per tre figli. Fa venire i brividi come questa storia somigli alle vicende fantasiose dei tanti dèi del mito… Peccato che non ci sia lieto fine, perché Tracy e Nancy si lasciano, e i figli vengono affidati a Thomas, perché “è la madre biologica”! Thomas però ci tiene a mantenere il ruolo di pater familias: sì, li ha partoriti, ma è lui l’uomo e il marito. Così ha “catturato” il femminile, in una inclusione escludente, dice la filosofa. Rosella Prezzo mette infatti in evidenza come, se il desiderio di un figlio è comune sia a una donna che a uomo, al momento della nascita c’è un’asimetria innegabile tra essere madre e essere padre, mentre in questo caso, come in altri, l’asimmetria viene negata e azzerata con gli strumenti del progresso medico e tecnologico.
Questa favola contemporanea ci dice fino a che punto il desiderio e la possibilità di farlo agire siano diventati realtà virtuale. A questo punto la domanda si fa obbligatoria: di quale desiderio parliamo?
“Sia nella riproduzione assistita che nella gravidanza per altri, la procreazione è senza sessualità, senza il desiderio dei corpi”, dice Rosella Prezzo. I corpi non si incontrano, non si abbracciano, non si fondono, non è necessario il piacere, quel grande dono di cui noi umani godiamo. Tutto viene scisso, ritagliato in tempi diversi. Il corpo viene ridotto agli elementi biologici basici, agli ovuli e ai gameti, appunto, che sono trattati secondo una logica finanziaria e di mercato, sono bio-beni da far fruttare. E con la scissione totale tra procreazione e gravidanza, per avere un figlio basta un utero qualsiasi in vendita. “Che ne è di Eros, mi chiede? Ci troviamo di fronte a corpi disincantati, dove il desiderio non si riconosce più nel desiderio dell’altro, o nel desiderio del desiderio dell’Altro, come diceva Lacan. E’ un grande interrogativo, ma possiamo dire che il desiderio in questo processo così artificiale di genitorialità si manifesta in modo autoreferenziale, si confonde con la rivendicazione dell’assoluta libertà individuale, diventa impropriamente diritto”.
Si muore sempre da soli, ma non si nasce mai da soli. Ecco un’altra verità. La nascita è sempre con-divisa. Siamo sempre in due, madre e figlio/a, nella scena primaria che ci mette al mondo. E c’è un rapporto a due che inizia da molto prima, dall’inizio della gravidanza, e forse prima ancora, nel manifestarsi del desiderio di maternità. Ed è inscritto nel corpo, nelle sinapsi, nella psiche di entrambi. Mesi che lasciano tracce indelebili e uniche, come la scienza ha dimostrato. Racconta la filosofa: “Maria Zambrano diceva che alla nascita siamo visti prima di poter vedere. Chi nasce cerca se stesso in ciò che lo circonda e nello sguardo dell’altro, primariamente in quello della madre”.
Ed è questo il punto controverso e più difficile da sciogliere tra chi assolve la Gpa e chi invece la teme, appunto il rapporto con la madre surrogata, che per il neonato è “la” madre, quella che ha “sentito” e con cui è stato in relazione per nove mesi, ma non quella con cui costruirà la sua storia familiare. E’ anche quella che si è imbottita di ormoni per non avere il rigetto dell’embrione, quella che è certa che la sua esperienza sarà a termine, quella che non sappiamo che riconoscimento abbia dato alla sua per poco tempo creatura, se l’ha accolta o meno dentro il suo sé, se teme la perdita, o se la vede come una liberazione. Come anche potrà essere un problema per il futuro bambino, nella ricostruzione della sua origine genetica e della sua genealogia, spezzettate e disseminate un po’ qua e un po’ là. E’ una realtà ancora tutta da esplorare, ma farlo è quasi più importante che porre giustamente l’accento sullo sfruttamento delle donne più povere o di quelle che ne hanno fatto per scelta la loro risorsa. Se la nascita è diventato un prodotto come gli altri, un atto biomedico e insieme normativo-giuridico che organizza sempre più la venuta al mondo dell’umano, è necessario riflettere sulle sue conseguenze. Abbiamo tutti guardato con sgomento le foto di quella nursery ucraina nel maggio 2020 con la fila di neonati figli di Gpa che per il Covid non potevano essere ritirati dai genitori/proprietari legittimi. La stessa situazione si è ripresentata con la guerra, i bambini nati da Gpa rimangono ancora in un limbo, nonostante la campagna promozionale ucraina sui social, “make babies not war”. Era il segnale che forse qualche problema c’era. Nascere nell’epoca della sua riproducibilità tecnica vuol dire ritrovarsi su un terreno smottato e disordinato. Dove però la nascita è diventata sempre più programmabile, manipolabile e riproducibile molto velocemente. E quindi destinata a un proficuo ritorno economico e abbattimento del tempo, in attesa di una società postumana che si prefigge di superare i limiti biologici umani.
Proviamo a ritornare all’inizio. Al mito primigenio di Adamo ed Eva. Un “incontro mancato”, lo definisce Rosella Prezzo. Non nascono insieme, viene creato prima l’uomo, ma Dio lo vede troppo solo e dal corpo di lui estrae Eva (come non vedere anche qui il parto maschile?). Eva ha una funzione: permette ad Adamo di individuarsi, di sapere chi è, ma non di mettersi in relazione. Adamo parla, Eva è in silenzio. E’ come una falsa partenza, dove il primato dell’umano resta al maschile. Se è così, nonostante la ribellione (sconfitta) di Lilith, la vera “prima donna”, proviamo a fare un’ipotesi. Se il progetto antropologico del post-umano, la Gpa e annessi e connessi fossero l’ultimo colpo di coda – molto potente, a dir la verità – del patriarcato morente?
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