tra cinema e politica
Il settantenne Moretti le sbaglia tutte, ma come si fa senza di lui
Non è una macchietta, è la coda vera e interminabile della commedia all’italiana. E ha talento, anche se fa saltare i nervi all’Italia di destra. In questo mezzo secolo di cinema ha reso il paese più ricco e appetitoso
Nanni Moretti le sbaglia tutte, a partire dalle inquadrature amatoriali per finire con le fisse ideologiche, ma è molto simpatico, è molto italiano, molto romano di Monteverde. Fa da sempre sermoncini, spesso accattivanti e pieni di humour, e i suoi travestimenti non mentono mai, dal sessantottino al prete, dalla pallavolo alla Vespa: è una figura stabile del nostro panorama leggero, malinconico, moderno e inattuale, del nostro moralismo sì, ma quello meno pretenzioso, alla fine amabile, con una sua delicatezza. Berlusconi non ha bruciato alcunché dopo la caduta, il Caimano era Trump, semmai, e il Papa dimissionario ha psicoanalizzato la chiesa postconciliare, non ha mai avuto bisogno di un terapeuta freudiano. D’Alema non ha fatto che dire cose di sinistra, ciò che il settantenne Nanni gli chiedeva di fare con brio e un tantino di pressante disperazione, quanto ai fatti, si sa come è andata. E per i dirigenti della sinistra, gli ultimi che hanno vinto sono quelli che lui destinò a perdere e alla perdizione da un palco di comizio. Dei prossimi nulla di chiaro si percepisce.
Moretti però non è una macchietta, non ha niente di corrivo o di volgare, è una figura letteraria insieme comica e profetica, comica perché profetica, una filastrocca umanistica prodotta da un buon liceo e da un buon lignaggio, un urban explorer che ha corrispondenza solo in Woody Allen. E’ attento al linguaggio in modo tignoso, caso raro, e non si fa incastrare nelle mode correttiste; la sua battuta meno citata, tra le più significative, è quella di Silvio Orlando, suo attore feticcio, che dice a due amiche lesbiche sedute dietro in macchina di non parlargli delle tecniche biogenetiche perché lui quelle cose non le capisce. Quando Moretti fa Moretti è insuperabile, la dizione ormai è di una solennità parodistica, fa ridere e fa pensare con il solo timbro scandito della voce, le parole e i concetti sono aggiunte inessenziali.
Per quanto abbia dannato Alberto Sordi, e sia stato sbeffeggiato da Dino Risi (“spostati Nanni, fammi vedere il film”), è la coda vera e interminabile della commedia all’italiana, l’erede legittimo di un racconto che per essere serio fino al tragico non è mai serioso e non si prende sul serio. I francesi, che sono i grandi colonizzatori culturali d’Europa, come gli inglesi per i popoli e le materie prime e gli oceani, lo adorano e lo premiano ininterrottamente, la sua politesse conversazionale è per loro la quintessenza della civilizzazione. Poi è intelligente, non vive in un mondo incantato, si sente che evita la tristezza e il dramma perché li conosce, scrive quel che narra con cura per il paradosso, sapienza umoristica contegnosa e all’occasione fredda. Fa saltare i nervi all’Italia di destra, che lo considera un bamboccio al quale tutto si perdona, lo splendido quarantenne viziato e borioso, e gli invidia la couche di riferimento così resistente al passare degli anni, però i meno ottusi lo sanno che ha talento, che senza un tipo come lui la nazione o la patria o il paese sarebbero stati in questo mezzo secolo di cinema meno appetitosi e ricchi.