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Questi strani appuntamenti. Indagine sulle app di dating
Presentazione, foto rassicuranti (in qualche caso molto intime), profilo con recensioni, per sapere tutto prima di uscire con qualcuno. Com’è il mondo in cui una relazione su tre inizia online. Date Me e le altre applicazioni, tra amore romantico e supermercato del sesso
Com’è uscire con D? La prima volta che l’ho incontrato è stato in un ristorante coreano, e l’appuntamento è durato più di 12 ore. Non c’è stato un momento di silenzio. Ha molti interessi e le sue opinioni sono ben strutturate. Ma ciò che lo rende davvero “materiale da fidanzato” è il modo in cui si prende cura degli altri – e questo sarà particolarmente vero per te, la sua futura fidanzata. Sarà lì per supportarti durante i tuoi bassi e tifare per te durante gli alti. Sarai sempre incoraggiata a essere la migliore versione di te stessa. Ogni giorno. Uscire con D sembra essere più noioso di andare a pesca ma ha ben sette recensioni positive. Lasciate da sette delle sue ex. Questa è la recensione di C e va avanti così:
E’ anche il fidanzato perfetto per le feste; se ti trovi in un posto dove non conosci nessuno ti presenterà agli altri e ti darà il tempo di parlare con loro da sola. Rimarrà presente incrociando il tuo sguardo di tanto in tanto per controllare, ma non così spesso da darti fastidio o metterti ansia, e se nota che potresti aver bisogno di lui ti terrà compagnia.
Un cucciolo di cane perfetto. Il suo pedigree continua:
Consiglio pro: chiedigli delle storie della buonanotte e le inventerà per te, ogni notte.
La domanda che sorge spontanea, davanti a questa immagine divina di perfezione, è: come mai vi siete lasciati? La risposta c’è ed è che C è dovuta partire e D non poteva seguirla a causa del lavoro.
Alla fine della recensione, proprio come se stessi leggendo quelle che lasciano gli ospiti delle case su Airbnb c’è una lista dei plus di D.
+ Onesto
+ Premuroso
+ Gentile
+ Ottimo ascoltatore
+ Dà ottimi consigli
+ Gioioso
+ Può battere i livelli difficili dei videogiochi per te
+ Intelligente
+ Acculturato
Contro:
– Troppo onesto? Non è il tipo che ti dice che andrà bene quando sa che non è così.
– Testardo. Anche se è difficile biasimarlo per questo, dato che spesso ha ragione.
Valutazione complessiva: “* * * * *”.
La seconda recensione è quasi meglio della prima.
D è super coscienzioso, incredibilmente introspettivo, la persona più astuta che abbia mai incontrato. Vuole rendere il suo mondo e quello delle persone che lo circondano migliore. In effetti, ti sentirai sempre completamente al sicuro con D. E’ un esperto nel non giudicare (è un terapista) e sa rispettare i limiti.
Abbiamo smesso di frequentarci perché i nostri interessi personali sono troppo diversi, ma questo non deve essere un problema per te, esci con lui, provalo!
Punti di forza:
Razionalista attivo e altruista.
Persona profondamente buona e premurosa.
Rilassante (e ottimi massaggi).
Sempre bravo ad arrivare alla radice di qualsiasi problema.
Senti sempre che è dalla tua parte.
Intelligente e colto.
Cose da migliorare:
Può essere eccessivamente cauto, anche nel sesso.
Non si veste bene.
Non atletico. Ora si allena tutti i giorni, è diventato molto più in forma!
Buona fortuna!
Dopo aver letto queste recensioni, uscire con D non sembra essere solo un’esperienza noiosa, si è trasformata in qualcosa di cupo e inquietante: un terapista razionalista che ti motiva a migliorare ma non riesce a fare sesso se non nella posizione del missionario.
Ma non siamo tutti inquietanti? L’unica differenza è saperlo prima grazie a un Google doc. O dopo mesi, anni, decenni. Il Google doc dove queste donne hanno lasciato i loro pensieri su D è lungo più di questo articolo e contiene recensioni dettagliate, foto che testimoniano la relazione e qualche gif che possono capire solo i nerd. C’è anche la sua di presentazione. D parla di sé e racconta chi è. Dice che la sua vita è fantastica e che l’unica cosa che gli manca è una relazione sentimentale. Che entro massimo due anni vuole sposarsi e fare due figli.
Quindi ha scritto questo profilo con molto impegno per riuscire a raggiungere il suo obiettivo.
Ha scelto una foto rassicurante. Non guarda in camera, non è un selfie, è quasi una foto professionale che metteresti su Linkedin. Sciarpa scozzese e giacca blu. Un sorriso appena accennato.
Se ti piace il profilo che hai letto devi compilare un form dove rispondi a una serie di domande che poi lui leggerà per decidere se vederti o passare oltre. Devi cliccare X scegliendo il tuo orientamento sessuale, monogamo, poligamo, monogamo solo sentimentalmente, monogamo solo sessuale o altro. Devi raccontargli qual è stato il tuo maggiore traguardo raggiunto nella vita fino ad ora. Dirgli cosa vuoi fare insieme prima di vedervi dal vivo (fra le opzioni ci sono scrivere insieme una storia, giocare a un videogame da remoto, fare un dibattito filosofico). Chiede anche se saresti d’accordo a non mandare a scuola i vostri futuri figli.
Sul sesso non obbliga a dire niente ma racconta dei suoi kink e precisa che ha un livello di sadismo lieve-moderato.
Il profilo di D è stato redatto per Date Me.
Secondo una ricerca condotta da GlobalWebIndex il 61 per cento degli utenti single ha dichiarato di aver usato app o siti di appuntamenti, mentre uno studio di Pew Research ha rilevato che una relazione su tre inizia online. E finisce prima di sempre. Le dating app stanno ammazzando l’amore romantico a suon di swipe left. Questo è quello che pensano gli inventori di Date Me. Rifiutano Bumble, Hinge e Tinder e si mettono a nudo in Dropbox Paper, Google Docs o siti web personali costruiti su WordPress e SquareSpace.
Loro non si accontentano di essere una card con qualche foto scema e una bio di mezza riga che ruba il lavoro agli stand up comedian. No. Loro meritano di più. Meritano di descrivere sé stessi in un PowerPoint. Con delle recensioni di chi ha avuto la fortuna di averli avuti fra le gambe.
L’idea è quella di creare un futuro post-app per gli appuntamenti. Gli autori dei documenti di Date Me stanno ottimizzando le loro capacità tecnologiche ma alcuni dei paper sembrano più simili a un post di annuncio su Immobiliare.it che al futuro scintillante del dating.
Non tutti i documenti di Date Me sono lunghi come quello di D. Alcuni sono progettati per essere iper efficienti. Uno ha una pagina Date Me sul suo blog che si collega a Google Forms per ricevere richieste: se ti è piaciuto il suo profilo puoi iscriverti per parlare platonicamente o andare a un appuntamento romantico.
Questi documenti sembrano essere un naturale passo avanti nell’evoluzione darwiniana degli appuntamenti online, non perché i risultati siano migliori ma perché questi scritti sembrano una forma efficace di autoespressione. E si sottraggono agli ideali, gli algoritmi e ai modelli delle dating app. Date Me è una sorta di cv relazionale. Ed è profondamente razionale. Si potrebbe dire anche pratico, ma sarebbe il termine sbagliato. Questo nuovo metodo di dating è nato da menti californiane, nella Silicon Valley, dove il razionalismo è la sottocultura più influente fra i trentenni.
La razionalità non spiega però quanto questi documenti possano essere respingenti. La verbosità incoraggiata da Date Me potrebbe rapidamente trasformarsi in un incubo. Una persona descrive tutte le sue speranze, sogni e desideri, con una tale specificità che smetti di avere voglia di averci a che fare. Spesso è meglio non sapere niente della persona che stai per avere davanti, bastano due dettagli sbagliati per far sparire ogni forma di attrazione. Almeno all’inizio un po’ di ignoranza serve per evitare di restare a casa sul divano a fare binge watching di qualche serie invece di uscire con D.
Prima per riuscire ad arrivare all’appuntamento con una discreta voglia, grazie all’ignoranza, ci si illudeva. Era possibile idealizzare l’altro poi ci si scontrava con la realtà, si giustificava con qualche ragionamento creativo e si ridealizzava, così, all’infinito, finché i ragionamenti creativi non finivano. Ora non è possibile nemmeno illudersi per cinque secondi. Grazie a tutte queste informazioni la relazione finisce prima di incontrarsi.
Date Me è solo l’esasperazione di quello che succede a tutti nel 2023. Prima di uscire con qualcuno per la prima volta sai ogni cosa. O almeno pensi di saperla. Hai fatto una ricerca approfondita su Google, sui suoi social, social dei suoi amici, genitori, ex. Sai che faccia aveva a 4 anni e che maglie portava al liceo. Pare che stalkerare i profili di tutto l’albero genealogico sia una mania femminile, i maschi si limitano a guardare giusto qualche foto. Guardano le foto e aumentano lo zoom sulle parti più interessanti, a seconda del tipo: culo, tette, pancia, piedi, bocca, occhi.
Infatti, per assecondare questa presunta tendenza investigativa femminile, su Date Me la maggior parte dei profili è di uomini che espongono la loro personalità per donne che devono esaminarli e, in caso, sceglierli. Cercare informazioni per conto proprio, però, ha qualcosa di più interessante rispetto a leggere un tema del liceo dove un tizio descrive il suo carattere ed elenca i difetti che gli ha detto di avere la sua analista. Cercare è eccitante. Leggere un tema no, nonostante ti tolga la fatica della ricerca di informazioni per compilare il dossier numero 77.
Ti dà già lui il dossier in mano. Ti presenta le sue ex. I suoi difetti e i suoi kink.
Ma questa voglia di spiegare sé stessi in modo pedante non è così strana. Per vari motivi. Uno è questo: prima di incontrare qualcuno conosciuto su Tinder oltre ad aver cercato informazioni ovunque hai anche visto diverse angolature del suo pene. Quando si matcha su un’app di dating dopo quattro battute, sapere come ti chiami dove vivi che lavoro fai e quali sono i tuoi hobby, arriva il momento dei nudi. Nel 2023 non si esce a prendere il caffè con qualcuno se non hai prima visto ogni sua parte del corpo. E, per sbaglio, inquadrata nello spazio della foto di un iPhone, anche parte della sua camera da letto o della scrivania.
Perché il pene sì e le sue abilità tecnologiche no? Bisogna sapere entrambe le cose. A questo punto meglio sapere tutto.
Forse la spiegazione di ogni dettaglio, quindi la volontà di eliminare spontaneità o sorpresa, non è altro che un modo per depotenziare l’incontro dal vivo, per non dargli tutta questa importanza – per presentarsi già da prima goffi, umani, per rendersi leggibili. E’ come se questo foglio con la tua storia relazionale stampata sopra dica “Eccomi, sono questo, non puoi venirti a lamentare poi”. C’è tutto, mi tolgo il pensiero, ti dico che sono insonne e che ho tre testicoli. L’ho detto. Ora possiamo vederci e posso essere me stesso. Essere spontaneo con un layer in mezzo. Senza paura. Visto che sembra essere sempre più difficile accettare quello che è l’incontro con un altro essere umano, l’ignoto, l’incertezza che mette le persone a disagio, ci trasforma in esseri balbettanti, nevrotici e ipersensibili, meglio mettere un filtro preliminare dove ci dichiariamo nevrotici, ipersensibili e disagiati già in partenza.
Su questi siti di rating, per non essere sorpresi proprio da niente, ci sono anche i dick rating. Donne recensiscono le doti amatorie, e la dimensione, taglia, circonferenza, del pene di futuri appuntamenti altrui. Può sembrare barbaro ma finalmente su questi forum i maschi sono rappresentati come oggetti sessuali.
L’antropologa Helen Fisher ha dichiarato che un uomo vuole vedere il corpo di una donna mentre una donna vuole vedere un uomo con… un Rolex o un abito o un paio di bei jeans. In un video su YouTube le donne reagiscono male a foto di peni dicendo cose come “Spero che tu abbia una bella personalità”. Se gli uomini eterosessuali sono davvero più visivi è probabilmente perché sono stati bombardati da immagini sessualizzate di donne per tutta la vita. Ma a molte donne, in effetti, piace guardare gli uomini. Chi a 14 anni non aveva il poster di Leonardo Di Caprio, Jim Morrison o Karl Marx in stanza e fantasticava su di lui? Guardare peni e discuterli con altre donne non è diverso. Se una donna richiede la foto del pene a un uomo è considerata troppo volgare, aggressiva, troppo attiva per essere femminile. Ci si aspetta che una donna accolga con riluttanza la foto di un pene e poi, dopo un’opera di convincimento, conceda di mandare una foto delle sue tette con i capezzoli censurati.
E’ abbastanza complicato scattarne una buona. Mentre cerchi di trasformarti in una modella di Victoria’s Secret stai anche morendo dentro. Insieme convivono pensieri come: questa lampada potrebbe illuminare meglio il mio fianco sinistro, la mia vita fa schifo, voglio dormire per il resto del mese. Cosa indosso per fare la foto, dove mi posiziono, quale filtro uso. Nel dubbio ne scatti 300 poi incoroni la prescelta mentre stai ormai piangendo nel tuo completo intimo di pizzo. Ci vuole almeno un’ora per sembrare mediocre. Da un’ora a cinque ore. Dipende dal livello di disturbo ossessivo compulsivo che hai.
O sei un soggetto che desidera o sei un oggetto desiderato. O sei tu quello che scopa o quello che viene scopato. Forse esiste una terza via di sintesi hegeliana. La via delle emoji.
Il sexting pre-incontro non si fa solo mandando foto e video che si autodistruggono, si fa anche con le emoji. Un linguaggio in codice che richiede doti interpretative eccelse. Mi mandi una faccia con la lingua fuori. Ouuch. Ti mando un coniglietto. Buuuh. Mi mandi una palma. Astrattismo. Ti rimando un’isola circondata di acqua. Per dire che la tua palma starebbe bene sulla mia isola. Mi rimandi un cubetto di ghiaccio. Crisi. Grazie al cielo questa chat finirà presto. Un’altra notte da soli in una stanza con una mano nelle mutande e l’altra sulla tastiera dell’iPhone.
Dopo questo step del dating contemporaneo c’è uno sbarramento. Il 90 per cento di queste chat di esauriscono online. Non ci sarà mai un incontro dal vivo. Abbiamo fatto sexting, siamo venuti ognuno sul proprio divano (ad essere ottimisti), ora possiamo bloccare il profilo che ci ha inviato otto gigabite di nudi e passare al prossimo.
Quel 10 per cento che non ha esaurito la curiosità in tre ore di chat si vede dal vivo. E qui inizia il dramma. Invece delle farfalle nello stomaco arrivano le red flag, le bandiere rosse, le ancelle della tossicità, degli alert che ti avvisano che quella persona potrebbe non essere adatta a te.
Le app stanno diventando sempre più dettagliate e specifiche: ci sono domande per profilarti e matcharti meglio che ti legano alla decisione di un algoritmo che, chissà, magari sceglie meglio di te. Ci sono quelle per gli hater che ti fanno parlare con altre persone che odiano le tue stesse cose, quelle ideologiche che ti accoppiano a chi la pensa come te politicamente. Lo scopo è incontrare una persona più simile possibile a te. Che non offenda la tua identità. Ed eliminare tutti i rischi. Lo scopo dell’idea di Date Me è simile, è quello di rendere il dating meno randomico e il più sicuro possibile. Sapere per filo e per segno con chi uscirai in anticipo. E, soprattutto, evitare le red flag. Come se un profilo di 25 mila battute su Google Docs o un PowerPoint con due gif di gattini ti assicuri che quello che stai per incontrare non è il nuovo Ted Bundy. O come se un Google Doc con recensioni delle tue ex non sia esso stesso una red flag grossa come una casa.
La persona che hai matchato fa qualcosa che non va. La parola da usare in casi del genere era stronzo. Ora la parola è tossico. Stronzo voleva dire: non voglio più vederti ma sei anche un po’ sexy. Tossico invece ti definisce come persona malata. Una persona che ha problemi psicologici o che te li fa venire. Una persona che ti contagia con il suo virus, ed è totalmente non sessualmente attraente. Stronzo era chi ti faceva una battuta sulla tua french manicure ma anche chi ti tradiva. Stronza era una che ti faceva una battuta sul tuo pizzetto ma anche chi ti dava buca per 20 volte di fila trovando scuse sempre diverse. Copriva una vasta gamma di significati, in base al tono in cui lo dicevi cambiava l’intenzione. Tossico è sempre e solo il male assoluto.
Le red flag ti preparano alla battaglia che dovrai affrontare nel mare dei possibili Tinder date. Sono degli avvisi che dovrebbero metterti in allarme sulla persona che stai iniziando a frequentare. Visto l’ampio panel di profili online, riconoscere prima chi potrebbe essere la persona che ti ammazza il coniglio e lo mette a bollire in una pentola può essere d’aiuto.
Di red flag si parla soprattutto all’inizio di una nuova relazione, è bene scovarle durante i primi appuntamenti perché dopo il quinto non è più solo una red flag, è proprio una relazione tossica.
Negli ultimi anni però è successa una cosa. Le red flag non sono più definite da persone competenti come analisti e dottori che sottolineano il fatto che non basta una parolaccia detta durante un litigio per renderti una persona tossica ma, per esempio, se dice bugie su ogni cosa magari questa sì, potrebbe essere una red flag. Ora le red flag sono definite dal popolo dei social. Criteri che prima erano soggettivi sono diventati marker oggettivi di tossicità grazie a un semplice video su TikTok. E la confusione regna sovrana. Certo, le relazioni devono essere sane. In salute. Bere molta acqua e fare camminate a passo svelto. Ma i primi appuntamenti sono diventati una scena del crimine, si va per cercare le prove, per scovare la red flag – un dettaglio, una sensazione – che potrebbe essere nociva per il nostro stile di vita.
Sui social è pieno di video dove si espongono le prove raccolte. Per esempio, se sei appiccicoso, se all’inizio sei troppo preso bene non è un buon segno. Ma anche se ti vuole e non ti vuole, se non è convinto, non va bene. Allora per non rientrare nell’area bandiera rossa bisogna volere ma senza troppa enfasi – non mettete punti esclamativi in nessuna comunicazione.
Se mi scrivi troppo e sei insistente sei un maniaco, ma se non rispondi subito sei una persona orribile. Quindi non scrivere appena visualizzi ma non far passare nemmeno più di 10 minuti.
Se parli con gli ex non va bene, sei una persona che non sa stare da sola e superare il distacco, se invece dici che le tue ex sono pazze psicopatiche non va bene perché vuol dire che forse sei tu il pazzo psicopatico. Quindi quando si tratta di ex meglio mettere su una faccia indifferente.
Se ti fa domande sui tuoi traumi non va bene, vuole conoscere i tuoi punti deboli per usarli in seguito. Se si disinteressa alla tua storia di vita è una persona vuota che vuole solo fare sesso.
Allora, anche qui bisogna muoversi con leggiadria per evitare le mine. Parlare di un trauma e poi dire una cosa scema può essere una soluzione.
I motivi per buttare nell’umido una persona sono sempre di più. Quello delle relazioni è diventato uno degli oceani più pericolosi e temibili in cui ci tocca imparare a navigare. La red flag che miete più vittime online a livello di numeri, però, non riguarda scatti d’ira, piatti che volano, manipolazioni incrociate. Riguarda l’abbigliamento. Perché la tossicità si può percepire da piccoli dettagli. Ma red flag come infradito o ananas sulla pizza dovrebbero essere il sale in una relazione. Nonostante siamo così fissati con la diversità, con l’accettare cose diverse da noi e celebrarle con post ad hoc, quando ti trovi a matchare con una persona con delle caratteristiche che non ti appartengono, che sono opposte a ciò che dovrebbe piacerti, è subito red flag.
Allora, siamo aperti, sani, liberi, o sempre più chiusi, paranoici e moralisti?
Da una parte ci sono comportamenti davvero problematici e nocivi per una relazione da indagare e dai quali prendere le distanze, ma dall’altra c’è anche un’epidemia di vittimismo che ci fa sentire maltrattati in continuazione. Da un post su Instagram, una battuta, degli infradito. E, a volte, dalla posizione di vittima si scaglia l’arma più potente: bollare l’altro come tossico eliminando ogni responsabilità dal proprio cv relazionale. Allora, come sono tossici certi comportamenti, è tossico anche il costume di stigmatizzare una persona che non ci va a genio su tutti i social per la sua presunta tossicità.
Non solo red flag. Ormai il dating è in decomposizione, ti costringe ad avere a che fare con una serie di situazioni che non avresti mai pensato di dover affrontare. Se è troppo carino in chat e ti scrive ogni cinque minuti con impazienza sta facendo love bombing (non sono solo gli ormoni che girano a palla, no, è un comportamento tossico) e allora meglio scartare e passare al prossimo candidato. E così via. Una sfilata di nuovi termini e comportamenti dai quali guardarsi e tenersi alla larga.
Il disagio regna. E, per i trentenni, la specie più funestata dalle dating app, la nostalgia regna insieme al disagio. I trentenni sono esseri ibridi, animali mitologici, divisi a metà. Cresciuti nell’epoca analogica. Quando c’erano gli squilli. Un richiamo sessuale primario. Se ti faceva uno squillo ti pensava, due ti pensava tanto, tre voleva scopare e quattro, sì, quattro ti amava. C’erano gli sguardi, le mani sfiorate, corpi nei locali che non facevano foto all’impiattamento del ramen ma pensavano solo a guardare gli altri negli occhi e a sudare. Ed ecco che dall’angolo remoto di quel locale arriva la nostalgia. Una morsa alla gola che ti costringe a restare a casa a fare rewatch di “Dawson’s Creek” e “The OC”. Ma quelli del partito “Quando c’erano gli squilli” somigliano un po’ a quelli de “I pomodori della nonna erano più buoni”. Non ricordano anche le conseguenze di quel sudore: la puzza, ragazzi ubriachi smandibolati e sbavanti che ti mettevano la mano sul culo per dimostrare il loro interesse. Dovremmo essere nostalgici di tutto. Non solo delle cose carine.
Prima la scelta era limitata. Ora è potenzialmente infinita: le app di dating offrono di tutto e possono spingere chi le usa a cercare cose sempre diverse, migliori, diventando una specie di supermercato del sesso. E della paranoia. A un appuntamento oggi sei attenta a scovare le red flag, e pensare alle conseguenze di un conto pagato o non pagato a metà, cerchi di capire come mai lui non ci prova, è stanco, ha l’ansia, è impegnato pure lui a capire se il tuo mangiare pizza all’ananas potrebbe essere una red flag troppo grande da superare. Sono talmente tante le domande, i problemi e i dubbi che non riesci a concentrarti davvero sulle sensazioni che stai provando. Tutto diventa confuso e si mischia in un blob fatto di mille mani, braccia, occhi e peni.
Lo scenario è splatter. Come nel film “Fresh” di Mimi Cave. Una ragazza è seduta davanti all’ennesimo ragazzo con pashmina incontrato su una dating app. L’appuntamento va male. La frustrazione monta e ricomincia a scrollare. Stacco. Al supermercato incontra un ragazzo, sembra perfetto. Incontro causale al supermercato, topos di ogni possibile commedia romantica. Si guardano, si piacciono, inizia subito una conversazione brillante. Escono a cena, fanno sesso. Tutto secondo i piani del vecchio incontro da rom com. Lui le chiede di andare insieme in campagna per il weekend. Lei va e si ritrova in un horror. Lui seduce le donne e le spezzetta pian piano per vedere i loro glutei, gambe, pance, cuori, a una rete di cannibali.
Proprio perché immersi in un film horror perpetuo, trovare l’amore sulle dating app potrebbe essere la cosa più romantica mai esistita. Proprio nelle avversità, su un’app di dating come Tinder, in un luogo fatto di scambi veloci e impersonali, di profili fake, red flag e nudes, o su un Google Doc pieno di dettagli terrorizzanti, se proprio in questi luoghi nasce l’amore sarà davvero romantico.
Quando ti chiedono a una cena dove vi siete incontrati ti vergogni a dire “online”. O, peggio, su una dating app. Se dici ci siamo incontrati per strada, ci siamo scontrati e mi è caduto il manoscritto che sto scrivendo, lui mi ha aiutata a raccogliere le pagine e ci siamo innamorati, tutti ti guardano con gli occhi a cuore. Chi l’ha deciso che è romantico solo incontrare qualcuno per strada, o, che ne so, in fila alle Poste? Come fa a essere romantico incontrare qualcuno in fila alle Poste?
Chi l’ha detto che dalle dating app non può nascere una storia d’amore da far invidia al Dottor Zivago? Questa è la sfida. Non è stata ancora rappresentata, non ci sono libri, film, canzoni, quindi pensiamo che non possa esistere. Ma, in fondo, incontrarsi sulle dating app è un po’ come incontrarsi mentre c’è una guerra.
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