Contro l'inflazione le donne oziose tornino all'antica arte del pelapatate
“Credo che si debba reimparare a cucinare ingredienti crudi, per evitare di acquistare prodotti già pronti, più costosi”. Ha ragione la ministra francese Olivia Grégoire: basta con queste donne scioperate che anziché spignattare comprano tutto in gastronomia. Lo dice anche un capo di Auchan France, all’apparenza contro il proprio interesse
Ha ragione la ministra, basta con queste donne scioperate che anziché spignattare comprano tutto in gastronomia. Io l’ho sempre pensato e qualche volta l’ho pure detto, sebbene con minor riscontro mediatico: niente cibo di gastronomia a casa mia! Fuori i piatti pronti dal tempio! Niente cannelloni, crespelle e scaloppine in quelle brutte vaschette di alluminio! Di più: niente minestroni già preparati, insalate già tagliate, formaggio già grattugiato! Adesso lo dice anche la ministra francese del Commercio, Olivia Grégoire, una politica macroniana e però cattolica e realista. Una macroniana e però una donna a cui secondo me piace mangiare (Brigitte Macron pur avendo 25 anni di più pesa, a giudicare dalle foto, 25 chili di meno, e nessuno può essere così magro se mangia davvero e beve davvero). Una macroniana e però una donna che parla alla Francia profonda giacché la stuzzicante intervista l’ha rilasciata a un giornale di Bordeaux, provincia vinosa. Come se Urso o Lollobrigida privilegiassero, per le loro dichiarazioni, la Gazzetta di Alba…
“Credo che si debba reimparare a cucinare ingredienti crudi, per evitare di acquistare prodotti già pronti, più costosi”. Sono saggi consigli di economia domestica quelli della ministra. Non ci vuole la scienza, è sufficiente il buon senso, che il prezzo di un prodotto lavorato contenga il costo del lavoro dovrebbe essere chiaro a chiunque. Basta con le donne pigre che hanno dimenticato l’esistenza del pelapatate. Lo ha sostenuto anche un capo di Auchan France, all’apparenza contro il proprio interesse: “Il primo baluardo contro l’inflazione è la capacità di sbucciare le verdure”. Che poi cos’hanno di meglio da fare, le infingarde, mica l’ho capito. Guardare la televisione? Giocare a burraco? Portare a spasso il cane? L’Europa è piena di pensionate, di disoccupate, di non troppo occupate (lavoro pubblico…). L’Italia è più piena ancora. Il sud Italia non ne parliamo proprio. E allora perché caspita non cucinano, le fannullone? Io ho intuito che la situazione stava precipitando quando ho assistito al proliferare e all’affollarsi delle gastronomie pugliesi. Ma come, nella regione in cui le signore menavano vanto di saper fare orecchiette e strascinati? In un contesto di piccole città dove la vita scorre lenta e il tempo abbonda? Storie vecchie, stereotipi obsoleti: oggi anche in Puglia le nonne sono morte, le mamme non si sentono tanto bene e le figlie vanno ai corsi di yoga. Esattamente come a Milano e a Parigi.
“Le lezioni di cucina devono tornare a scuola”. Sempre parole della ministra che ha a cuore la minestra e coglie il punto: la trasmissione di ricette e competenze si è spezzata, la tradizione giace e le giovani sono in difficoltà con l’uovo sodo. La proposta ha un sentore giacobino e statalista, un profumo di République. Una scuola pubblica che si occupa di ogni aspetto della vita non mi esalta, io di mio sarei per l’homeschooling. Ma come sempre si deve scegliere il male minore e se mancano le nonne bisognerà accontentarsi delle professoresse. Poi non è solo questione di soldi, il cibo preparato al momento, orgoglio della padrona di casa, piace al pauperista come al lussuosista: i piatti pronti sono qualitativamente scarsi, salati, addittivati, standardizzati, adatti a donne e uomini schiavi dell’ozio anche mentale.
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