L'editoriale dell'elefantino
Esselunga e la pesca proibita
La bambina dello spot si muove sulla scia di una nuova letteratura matrimonialista. L'amore non basta, ma lei sa stare al mondo meglio dei suoi genitori
Il contemporaneo se ne frega dei sentimenti, del senso di abbandono, della nostalgia, del bisogno di tenerezza da parte dei figli che pretendono l’unione dei genitori invece della loro separazione, il contemporaneo considera tutto ciò che genera senso di colpa uno sfregio al modo di vita libero, alla famiglia che funziona o non funziona come dettano le regole sregolate di un matrimonio fallito eccetera. Quindi fa scandalo un video promozionale dell’Esselunga in cui una bambina un po’ smarrita prende una pesca o persica durante la spesa al supermercato con la madre e quando è affidata al padre, che la va a prendere sotto casa senza incontrare la moglie separata con cui è in freddo, gliela regala dicendo che gliela manda mamma. La presidente del Consiglio, madre non sposata, trova che lo scandalo non ha ragione di esistere e che lo spot esprime affetto tenero e un richiamo non censurabile all’unione d’amore anche in vista dell’educazione e dell’emozione affettiva dei figli.
Quanta inutile confusione. Evidente che lo spot è inusuale ma indiscutibilmente bellino nella sua sincera ingenuità commerciale, esprime un sentimento ultranormale, dolcemente ricattatorio nella speranza di un lieto fine che forse non ci sarà, e tutti ce ne faremo una ragione, compresa la bambina, ma intanto una pesca è una pesca, una pesca, una pesca (o al massimo una persica), nel mondo reale e nell’immaginazione targata Esselunga. Non si scherza con i sentimenti è una formula popolare ma un tanto stupida, si scherza con tutto e con i sentimenti sopra ogni altra cosa. Fino a un certo punto, ovvio. Ma qui bisogna ribadire che l’amore non è abbastanza, love is not enough, come scriveva nel 1967 lo psicologo Bruno Bettelheim, a proposito dei disturbi affettivi dei bambini. Secondo lo psichiatra e umanista e moralista quieto Francesco Montanari, di cui l’editrice Roccantica pubblica una raccolta postuma di scritti (“Un suono che la memoria può ricordare”), Bettelheim, cui è dedicato un ritratto critico intelligente e ricco di sali, sapeva che il freudismo ha un limite, perché “l’Io ha delle prerogative e delle funzioni autonome che la psicoanalisi aveva trascurato. Ne conseguiva una concezione in cui l’uomo si configurava non più solo come individuo realizzato affettivamente (Love is not enough) ma anche come individuo socialmente integrato (…)”.
Così dobbiamo pensare che la bambina dello spot ha un’idea strutturata su principi emotivi fondamentali, non coincidenti con libido e colpa freudiana. Quando fa di un dono una proposta di riconciliazione, più o meno consapevolmente, il suo superIo adopera uno strumento di integrazione sociale e lo propone a una coppia di adulti-bambini soddisfatti o insoddisfatti di un matrimonio per sé, e si presume per altri, condotto a una crisi che potrebbe essere solo provvisoria, agli occhi della figlia in comune. Quella bambina con quel frutto comune, da supermercato, si muove senza saperlo sulla scia di una nuova letteratura matrimonialista, fiorente in America, in cui anche saggisti liberal assumono come un’ovvietà l’idea solo in apparenza conservatrice che un buon matrimonio con educazione in comune dei figli e un giusto grado di integrazione sia in fondo una buona cosa, perfino testimoniata dagli onnipresenti numeri della sociologia del contemporaneo. L’amore non è abbastanza, e non è forse nemmeno quella la tenerezza emozionale in questione. In una ragione del cuore che la ragione non conosce, forse il problema è che la bambina Esselunga sa stare al mondo appena un po’ meglio dei suoi smarriti genitori. Uno scandalo? Giudicate voi.