Il senso del limite
I giovani in questa società che non stimola più domande. Parla lo psichiatra Cornaggia
Di fronte all'aumento dei disagi psichici dei giovani dopo la pandemia, secondo lo psichiatra Cesare Maria Cornaggia serve senso del limite
Cesare Maria Cornaggia ha la voce roca. Sceglie le parole con attenzione e queste tratteggiano la figura di un medico che ne ha viste – o ascoltate – tante. Appassionato, diretto ma anche schivo, incredulo quando gli proponiamo un’intervista. Eppure lo psichiatra di origine milanese accompagna da anni persone che vivono il disagio e la malattia psichica. Tra questi, tanti giovani, aumentati dopo la pandemia e il lockdown.
“È un dato di fatto – dice Cornaggia – che ha due ragioni di fondo. La pandemia è esplosa in una società che esclude l’esperienza della morte, del dolore e della sventura. Il conseguente lockdown ha trasformato il rapporto umano in un pericolo e non in una risorsa”. Anni di grande confusione che però non sono l’unica causa del problema. “C’è una questione culturale che è di molto precedente il Covid. Ai giovani sono mancate le basi per la costituzione del proprio io. La nostra società è tutta indirizzata a fornire risposte senza stimolare domande. Un modo ‘consumistico’ di rispondere ai bisogni che non permette alla persona di sviluppare pensiero ed emozioni”.
In questo quadro, gli adulti hanno un ruolo decisivo. Sono i primi a cercare risposte e rassicurazioni, divenendo così parte del problema. “Quelli che vogliono risposte e rassicurazioni sono i bambini. ‘Mi spiega come un adulto che cerca rassicurazione possa essere un padre?’ L’educatore deve avere prima di tutto la concezione del limite, del proprio essere nel mondo. Deve essere capace di morire, andare oltre di lui. Il limite non è qualcosa che riduce la mia libertà e la mia vita, al contrario le dà un significato”.
In questi giorni fa molta notizia il caso calcio scommesse con il coinvolgimento di atleti giovani e famosi, afflitti da ludopatia. Ventenni che hanno tutto, talento, ricchezza, fama, e che cadono in un abisso con risvolti anche penali. “Non hanno nulla, sono dei poveracci – dice Cornaggia – e non avendo nulla devono riempirsi come i tossici. Queste problematiche nascono da una confusione tra bisogno e desiderio. Ho un bisogno, voglio una risposta. È una voglia. Siamo nel mondo delle voglie e devo soddisfarle immediatamente. Ma il soddisfacimento immediato porta a ricadere in un’altra voglia che non verrà mai soddisfatta. Il desiderio soddisfa qualcosa di profondo mentre la voglia deve essere immediatamente soddisfatta e non produce gratificazione”.
Da questa analisi non può essere esclusa la scuola dove negli ultimi anni si registra un aumento esponenziale di certificazioni attestanti disturbi di apprendimento e dell’attenzione oppure problematiche legate all’ansia. “Senza dubbio c’è una tendenza a medicalizzare tutto, comprese le difficoltà e le fatiche – continua lo psichiatra – questo nasce da una posizione di comodo e da una incapacità degli adulti a dire “no”. Categorizzare il disagio di un altro mi deresponsabilizza, non sono più obbligato ad andargli incontro con la mia domanda. Così si crea una distanza tra me e lui. L’incapacità di dire di no si lega a quanto dicevamo prima sul senso del limite”.
Il tempo a nostra disposizione sta terminando ma vogliamo chiedergli che cosa significhi essere dalla parte del desiderio, frase che dà anche il titolo al suo ultimo libro. La voce si schiarisce e diventa ancor più decisa: “Essere dalla parte della vita! Io tifo costantemente per il desiderio perché non mente mai! È la pulsione della vita”.
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