Censura woke
Quando l'attivismo politico su sesso e identità di genere mette a tacere i non allineati
Nel Regno Unito la ministra della Scienza Michelle Donelan è sotto attacco, dopo aver denunciato più volte che il lavoro degli accademici viene influenzato dall’ideologia. Duemila scienziati hanno scritto una lettera di protesta. Accusano il governo di "alimentare le cosiddette guerre culturali"
Mentre J. K. Rowling annuncia che si farà volentieri due anni di galera pur di non piegarsi al diktat genderwoke (tweet: “Fatevi sotto con il processo: sarà più divertente che stare sul tappeto rosso”) furibonda con i “suoi” laburisti che intendono equiparare il no alla libera identità di genere o self-id ai crimini d’odio razziale o religioso, duemila scienziati inglesi risvegliati si rivoltano contro la ministra della Scienza Michelle Donelan che in un recente discorso ha annunciato l’intenzione di “espellere l’ideologia woke dal discorso scientifico” e stoppare la pervasività della correctness che nega le evidenze biologiche, specie quando si parla di sesso e genere. "La scienza è sotto attacco”, ha detto Donelan. “I burocrati universitari impongono ai ricercatori di non riferirsi al sesso biologico in questionari e statistiche”. E ha annunciato a breve nuove linee-guida per le ricerche, lavoro affidato ad Alice Sullivan dell’Istituto di ricerca sociale di Londra.
Da tempo la stessa Sullivan denuncia che “il lavoro degli accademici viene influenzato dall’attivismo politico” su questioni come sesso, genere e identità di genere, e documenta i tentativi di sopprimere ricerche, annullare eventi o fare licenziare gli eretici. “E’ ora finirla con la cancellazione del sesso nella raccolta dei dati”, ha scritto Sullivan in un articolo per Significance, pubblicazione della Royal Society of Statistics. La spinta “a eliminare il linguaggio e la raccolta dei dati basati sul sesso si radica nella teoria queer e nell’attivismo pro identità di genere che ci arrivano dagli Stati Uniti”. Il progetto più vasto è cancellare la binarietà sessuale che invece dovrebbe costituire la “variabile predefinita”.
I woke si sono inalberati e hanno riposto a Donelan in una lettera in cui si definiscono “sconcertati, rattristati e arrabbiati” e rispediscono al mittente l’accusa di ideologia: la rivista Science dà conto della diatriba.
La ministra, accusano, ricorre a “argomenti troppo semplicistici o scientificamente analfabeti” sull’identità di genere e sulle definizioni biologiche del sesso. Il governo vuole “alimentare le cosiddette guerre culturali oltre che rendere il Regno Unito sempre più ostile nei confronti delle persone intersex, non binary e trans”. Una strada perfino controproducente se è vero, come osserva la coautrice della lettera Rachel Oliver, Università di Cambridge, che i conservatori intendono fare del Regno Unito una superpotenza scientifica e tecnologica “attraendo” com’è scritto in un documento governativo “persone diverse con le giuste competenze e creando un ambiente di lavoro che coltiva e ottiene il meglio da tutti”. Ma così, dice Oliver, la diversity va a farsi benedire.
Nessuna replica al momento dal governo Sunak. Ma il dibattito sulla censura woke alle libertà della scienza è più che maturo. Soprattutto negli Stati Uniti dove per esempio Springer (editore accademico che pubblica tra l’altro Nature e Scientific American) con una scusa piuttosto goffa ha ritirato un paper dello psicologo J. Michael Bailey in cui si rivelava che la stragrande maggioranza delle ragazze affette da disforia di genere aveva precedentemente sofferto di disturbi psichici. Vera ragione dell’attacco, secondo Bailey, la pressione dei transattivisti che sempre più spesso si mobilitano contro le pubblicazioni sgradite.
Qualche tempo fa nel mirino queer era finita Lisa Littman che è stata la prima a spiegare la ROGD tra le/gli adolescenti (disforia di genere a insorgenza rapida) come meccanismo di “coping sociale”, ovvero come un modo di fronteggiare lo stress causato da altri disturbi, incoraggiato dal contagio social e dai festeggiamenti dei pari. Anche lei è stata bersaglio di un vero e proprio firestorm animato da attivisti transgender
Una trans-petizione su change.org ha preso di mira Stephen V. Gliske, docente di Neurologia presso l’Università del Michigan, accusato del “chiaro intento di danneggiare la comunità transgender” per la sua ricerca sulle possibili cause biologiche della disforia di genere. E nel 2021 uno studio dell’Università della California sull’imaging cerebrale delle persone disforiche è stato interrotto a causa delle proteste Lgbtq+ (del Gender Justice LA e del California Lgbtq Health and Human Services Network) prima ancora che si potessero raccogliere i dati. Qualche problemino a quanto pare c’è.