niente schiamazzi
L'era “child free”. Se tuo figlio piange paghi di più al ristorante. Ma al tuo cane è consentito tutto
Ha suscitato non poche polemiche il caso del ristorante statunitense che nel suo menù ha previsto dei costi aggiuntivi per quegli adulti che "non sarebbero in grado di fare i genitori" perchè incapaci di gesitre le grida dei propri figli
"No respect, no service”. Pare la solita scritta nella toilette per sventare gli ingorghi di carta igienica. E invece è la carta di cibi e vini. Ostriche fritte, trote, bistecche. E ancora: ristoratori bisbetici e multe. Questo il menù, con supplemento “per ogni adulto incapace di fare il genitore”. Siamo al Toccoa Riverside, ristorante degli Appalachi. Qui il signor Landmann racconta di averlo scoperto al momento del conto: 50 dollari extra per gli schiamazzi del figlio in giardino. I figli costano, le marachelle pure. “Il proprietario ha fatto una scenata davanti a tutti”, scrive la signora Hampy, “perché i nostri figli correvano”. “Se avete bambini, evitate questo posto”. Da par suo, il ristorante sul fiume non risponde. “È una politica del locale”, si limita a dire un dipendente ai giornalisti di Sky News. Niente di nuovo. L’odio per gli schiamazzi – o per la vita spericolata, e dunque per la vita – l’avevamo già visto qui. Con la mutazione dell’oste italiano in becchino. Pronto a respingere monellerie, maramei e, per dirla con Giovanni Bertolucci, i dolci rumori della vita. Ma in Italia siamo ancora nella fase di mutazione antropologica: il ristorante child free è illegale salvo che per motivi legittimi previsti dal codice penale. Già in Spagna, per dire, paese meno procreativo del nostro, esiste un ristorante che impone ai bambini di stare seduti sino alla fine del pasto. Nuovi codici e galatei dove certo la multa è il punto di non ritorno. Un po’ come l’Accabadora sarda a dare il colpo di grazia a chi muore: bambini occidentali pochi – in media pochissimi fra Stati Uniti, Italia e Spagna – e i pochissimi con un solo crociano dovere: invecchiare il prima possibile. Tradotto? Il mondo al contrario, l’Apocalisse for dummies.
E se non è proprio apocalittico, è quantomeno parodistico il rovesciamento di bambini che fanno gli adulti e di adulti che si lamentano come deficienti di cinque anni. Stagionati da decenni, per l’appunto, ma che ancora – dopo una vita che ne riserva di ogni – ancora che si lamentano dei bambini che piangono (ma davvero?), della vita che fa rumore (ma dai!), del dolce rumore della vita… E che poi capiscono che l’unico modo per non farli piangere, i bambini, è di non farli proprio. E così fanno: non li fanno e si lamentano di chi li fa. Per chiudere il quadro, poi, in questo scontro fra becchini e bambini, aiuta sempre l’argomento del cagnolino: più che surrogato del figlio spesso upgrade del peluche, antistress dell’adulto-bambino. Immaginatevi quindi la multa alla mamma del baubau, al papà del barbone toy o al parente di un’altra fra le bestiole che non si possono odiare neppure se al ristorante ci benedicono di piscio le scarpe nuove. Ecco, immaginatevi i signori Landmann e Hampy come padre e madre di cani che abbaiano o corrono, che a parte i bisognini fanno all’incirca lo stesso dei bambini, i quali però poi crescono, diventano donne e uomini che lavorano, pagano contributi, persino scrivono libri e sembra quasi vero Novalis, ché dove c’è un bambino c’è l’età dell’oro. Ed ecco, per quanto “No respect, no service” sembri una scritta da toilette, ce lo preventivate voi, nel menù, un supplemento per la pipì? Pensateci e vedrete come qui salta tutto e tutto si svela. Con l’odio specifico per i figli, più che dei rumori, che è soprattutto odio di sé (sempre lì siamo). Perché potrai ben dire di odiare i bambini e si capisce: solo le sante li amano, o le matte di maternite. Ma prova a dire che odi anche i cani… Tempo un secondo e i padroni si trasformano in mocciosi: offesi, lagnosi, permalosi. Con l’occidente campionissimo nella mutazione dell’adulto in bambino, del bambino in barboncino, del pannolino in traversina... Dell’oro dell’età dell’oro in urina dell’èra del cane.
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