L'intervista
A uccidere Giulia Cecchettin non è stato il patriarcato, dice lo psicoanalista Zoja
Il dottore spiega che “dissolto l’ordine del padre si è tornati all’orda. Pur con tutti gli errori che ha commesso, il patriarcato ha retto le realizzazioni più grandiose della nostra civiltà. Buttarlo alle ortiche così, in blocco, è da pazzi”
"Il patriarcato non è il responsabile dell’uccisione di Giulia Cecchettin. Sebbene in queste ore sia il principale imputato culturale del delitto. Lo accusano attiviste, influencer, scrittrici, intellettuali. Mentre è piuttosto la sua rarefazione che sta facendo regredire i maschi a una violenza primordiale”. Il dottor Luigi Zoja è uno psicoanalista junghiano di talento, che ha indagato il patriarcato in un libro di ormai più di vent’anni fa, “Il gesto di Ettore”, scritto controvento all’idea che l’unico padre che esista sia quello cattivo, l’Edipo su cui Freud ha costruito la psicoanalisi.
“Uno dei momenti più alti della letteratura universale si trova nell’Iliade, quando Ettore solleva il figlio al cielo e prega Zeus perché sia più forte di lui. E’ il simbolo dei padri che vogliono che i figli siano migliori di loro. E con tutti i difetti che poteva avere, è su questa base patriarcale che si è costruita la civiltà greca e latina, il modello borghese e capitalista, in fondo il meglio del mondo occidentale”. Oggi il patriarcato è invece colpevolizzato e chiamato a rispondere anche delle coltellate con cui Filippo Turetta ha ucciso la donna che era stata sua fidanzata. Sebbene “il nostro mondo non sia più patriarcale da tempo”, dice Zoja. La cultura sessantottina l’ha contestato ferocemente, associandolo a Hitler, Stalin, Mussolini, padri padroni certificati dalle loro carneficine. E Zoja c’era quando nelle piazze di Parigi si urlava che “il padre puzza”, credendo di colpire la fonte dell’oppressione dell’uomo sull’uomo. Oltre che sulle donne. “Oggi noi viviamo, invece, in una società post patriarcale. Ma anziché un mondo meno aggressivo, come si immaginava nel Sessantotto, ci ritroviamo in una situazione opposta. Lo sgretolamento della cultura patriarcale ha sprigionato la violenza primitiva del maschio. Poiché i suoi impulsi più aggressivi non trovano alcun argine di contenimento”.
Dal Sessantotto Zoja si è allontanato durante un corteo, ascoltando lo slogan “Padroni! Borghesi! Ancora pochi mesi!”, per il semplice fatto che lui, il suo padre borghese, non voleva farlo fuori. “Il patriarcato si fondava sulla trasmissione di valori, saperi e regole lungo una linea del tempo ampia. C’era il passato e c’era il futuro. Le generazioni che ci hanno preceduto e quelle che sarebbero venute dopo di noi. Continuità di cui la trasmissione del nome del padre era il simbolo. Oggi, invece, esiste solo l’istante. E non essendoci un prima e un dopo, non si può neanche più aspettare. Dunque, se un ragazzo vuole qualcosa, deve prendersela subito, sia essa un oggetto o una donna”.
E’ come se si fosse dissolto l’ordine del padre e si fosse tornati all’orda. Infatti questa estate, a Palermo, in sette hanno violentato una ragazza. E anche allora si è parlato di patriarcato. “Mentre mi hanno ricordato piuttosto i giovani Proci che si lanciano su Penelope, facendo rivivere l’antichissimo mito del centauro, l’uomo che non riesce a staccarsi dalla sua parte animale”. E bisognerebbe avere l’umiltà di guardarli in faccia i padri di questa storia. I patriarchi del delitto. Uno, il padre di Filippo, è una figura che il peso del crimine commesso dal figlio ce l’ha segnato anche nel tremolio della voce. Fino al punto di ammettere, indirettamente, di aver provato il desiderio che la storia finisse in un altro modo, con il figlio morto suicida, autopunito. Mentre l’altro, il padre di Giulia, anziché augurare all’assassino di marcire in galera, ha detto alle donne di denunciare perché si possano salvare la vita. “Questo Filippo mi sembra piuttosto un normale figlio del neo-maschilismo contemporaneo”. Non del patriarcato. Di cui Zoja non prova alcuna nostalgia. E’ un uomo che si informa leggendo il New York Times. Un liberal. Quello che crede è che sia “sbagliato credere che il padre sia solo disfunzione. E’ anche solidità. Capacità di frenare gli istinti. Pur con tutti gli errori che ha commesso, il patriarcato ha retto le realizzazioni più grandiose della nostra civiltà. Buttarlo alle ortiche così, in blocco, è da pazzi”.
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