(foto Ansa)

oltre la narrazione comune

La resistenza all'utero in affitto si fa anche su Tik Tok. Il caso di Olivia Maurel

Marina Terragni

La ragazza, nata tramite la maternità surrogata, combatte una lotta personale contro la gpa: "Le ragioni più importanti per abolirla sono il benessere del bambino, i suoi diritti, il suo equilibrio psichico"

Olivia Maurel è una giovane donna bionda mamma di due bambini. Sua madre è bruna e minuta, non le somiglia affatto, suo padre un po’ di più, entrambi americani del Kentucky, ma il test del Dna ha rivelato che Olivia ha origini lituane e norvegesi: la conferma che qualcosa non tornava. Che qualcosa non tornasse lei lo ha saputo da sempre. Era una bambina complicata e un po’ asociale, terrorizzata dal restare sola, aveva spesso crisi di nervi. C’era un segreto in famiglia e lei lo percepiva come lo percepiscono tutti i bambini, sensibilissimi ai non detti. Un muro invisibile la separava dalla madre, stranamente non c’erano in casa foto di lei incinta. Olivia diventerà alcolista e tenterà più volte il suicidio fino alla diagnosi di disturbo bipolare. Radice del dolore, come scoprirà dopo lunghe ricerche, un trauma da abbandono. Ad abbandonarla  – anzi, a venderla – era stata sua madre, ragazza alta e bionda come lei, povera in canna e con un sacco di guai psichici.   

 

Olivia è nata da utero in affitto. Nel suo caso – surrogazione “tradizionale” – anche l’ovocita apparteneva alla gestante: ormai non si fa più, maternità genetica e gestazione vengono dissociate. “Ma la sostanza non cambia”, assicura. “Madre è chi porta il bambino per nove mesi e poi lo partorisce. Nel momento in cui sono nata non sono stata messa in braccio a mia madre, quella che mi ha nutrito, mi ha parlato, di cui ho percepito le emozioni per nove mesi, la sola persona che conoscevo. Dal suo grembo mi sono ritrovata nel freddo delle luci ospedaliere. Dovevo essere venduta per concludere la transazione tra le braccia dei miei genitori adottivi sconosciuti” ha raccontato in un recente speech al Parlamento ceco.   

 

Oggi Olivia Maurel è in prima linea nella resistenza all’utero in affitto. Combatte su TikTok dove ha migliaia di follower, battaglia con i media mainstream francesi – attualmente vive a Cannes – schierati a favore della legalizzazione della pratica. Il mercato spinge: “Nel 2022 ha fatturato 14 miliardi di dollari”.  La sua testimonianza è decisiva perché per la prima volta una nata da surrogata, pratica relativamente recente nel biotech riproduttivo – la prima nata da fecondazione in vitro, l’inglese Louise Brown, fu nel 1978 – racconta in vivo la sua esperienza e potrebbe dare avvio a un movimento autogestito dai nati da Gpa, temibile controcanto ai claim del mercato. 

 

Maurel ha incontrato sua madre che è rimasta stupita, non avrebbe mai immaginato di conoscerla. Ha scoperto di avere molte cose in comune con lei, dall’amore per il colore viola al disturbo bipolare di cui soffrono entrambe. Le ha chiesto il perché e il percome. Ha trasformato il suo dolore in rabbia e la sua rabbia in lotta.  “Si dice che le agenzie fanno test molto accurati, che si assicurano che le donne non siano in difficoltà economiche ma sappiamo che non è vero. Il mio è un esempio perfetto: mia madre non era stabile psicologicamente, aveva una lunga storia di depressione e prima di avere me aveva perso un figlio di due anni e mezzo. Era totalmente devastata e indebitata ma ha dovuto fare buon viso a cattivo gioco per la famiglia. L’agenzia ha visto quello che voleva vedere, i soldi che poteva generare. Hanno abusato di una donna che aveva bisogno per sfamare i suoi figli e pagare le bollette”. 

 

I bambini vanno tenuti in primo piano e questo non si fa ancora abbastanza: “Si tratta di persone che non hanno mai dato il loro consenso. Strappati dalle madri alla nascita per essere venduti a sconosciuti come macchinari ordinati in fabbrica, oggetti venali, prodotti. Come me: creata, venduta, comprata”. Nessun rancore nei confronti dei genitori adottivi: “Non voglio incolparli, hanno usato un’opzione che gli è stata offerta su un piatto d’argento e non hanno avuto la forza di resistere. Non li odio, do piuttosto la colpa a un sistema che sta cercando di legalizzare progressivamente la surrogata prima per ragioni mediche come l’infertilità, poi per ragioni sociali e per qualunque altro motivo fino a quando non accetteremo del tutto il traffico dei bambini”.

 

La maternità surrogata, conclude, è una pratica atroce, una mostruosità: “Le ragioni più importanti per abolirla sono il benessere del bambino, i suoi diritti, il suo equilibrio psichico. A tutti quelli che pensano che la Gpa debba essere regolata rispondo che anche un solo bambino che si troverà ad affrontare i problemi che ho affrontato io dovrebbe bastare per convincerci che non c’è nulla di buono in un questo processo, che in nessun modo potrà essere reso etico”.

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