Working girl addio. È l'ora della donna soft, dice TikTok
Abbandonati i tic da maschio alfa, si torna a stirare e fare la spesa. "Non voglio ammazzarmi di lavoro. Voglio solo sdraiarmi su un letto di muschio con il mio amante e godermi la vita", dice l'influencer Mia Jones
Ve la ricordate la working girl? Quella che faceva carriera e poi faceva la capa? Ecco, questa donna che secondo alcuni è appena nata, secondo altri è già finita. E il motivo è che lavorare stanca. Almeno così sostiene TikTok – il social che sulle cose del mondo, femmina inclusa, pare un po’ più attendibile di Paola Cortellesi. E che dice appunto che la donna moderna sta cambiando. Da working a soft girl.
Accade così che la donna abbandoni i tic da maschio alfa – lavorare, bere, fumare – per tornare a stirare e fare la spesa (il mondo al contrario? Il mondo diritto? Nossignore. Semmai il mondo torto ritorto e capotorto ancora, e cos’altro più non si sa).
Si sa solo che questo è il momento della soft girl. Ovvero della casalinga vestita a modo o vestita romantica, anche molto bene (stile Luisa Beccaria), della ragazza acqua, sapone e modaiole mappazze (porridge). Suo mantra è la vita lenta: il pensiero meridiano.
Comunque, come racconta Vogue, il social fa capire attraverso gli hashtag che la lavorista è out. Che degli anni Ottanta – e delle sue yuppie con le spalline – non è rimasto niente. Lavorare? Preferisco il rumore del mare. D’altra parte è il millennio del burnout, questo. Della lotta di classe che a dispetto del benessere diffuso (e cioè del fatto che per sfamarsi non occorre zappare o elemosinare) schianta dritta in esaurimento nervoso (meno s’ha da fare, meno si fa: sembra una legge di Murphy ma tant’è). Della serie: desideriamo la vita comoda.
Alcune giovani occidentali si esprimono così sul social cinese che – per geopolitiche ironie – descrive l’occidente e il suo tramonto (se non altro quello cerebrale) assai meglio della filosofia tedesca. Comunque, le soft girl non sono quelle che più t’aspetti. Non donne auspicanti casa e maternità: non si barcamenano cioè tra camerette e camere del Senato. Perché le ragazze soft hanno davvero capito (e ce lo possono insegnare) come rendere “cool” il ménage domestico. Costoro non predicano infatti demografie macilente. Non invocano sovvenzioni, istituzioni, associazioni e Vaticani… No. Niente di tutto questo e niente aiuti da casa. Piuttosto: tante foto fai da te. Anzi tante fotine (il mondo lo cambia Instagram più del WEF, ancora non s’è capito?). E dunque: skincare e omogeneizzati bio-instagrammabili, ché soft girl è la mommy cool (non a caso tra le soft ci sono pure le sorelle Jenner, Kylie e Kendall, figlie della prolifica schiatta Kardashian – nota per molte cose fra cui gli ossi pelvici pronunciati: non il massimo del soft, diciamo – che adesso ripiegano su volti candidi e freschi. Ben disponenti all’estetica soft).
Interessante, però, di tutta la svolta estetica è la ragione morale. Che dal patriarcato interiorizzato, dicevamo, porta dritte al machismo dissimulato. Interessante è dunque la “dissimulazione onesta” che non sbraita “stira e lava” ma che cela il vero sotto burri di Karitè. Cela cioè la realtà per poi svelarla a tempo debito. E il tempo debito è quello che si prende Mia Jones, soft girl e tiktoker, in pochi viralissimi istanti: “Non voglio essere una donna in carriera”, dice, “non voglio ammazzarmi di lavoro. Voglio solo sdraiarmi su un letto di muschio con il mio amante e godermi l’esistenza con chi amo”. E il fatto appunto – e la realtà – è che lavorare stanca. Anche se chi lavora scrive e non zappa terra. Anche se chi scrive è ChatGPT e ciononostante non s’ha più tempo di fare niente (dalla legge di Murphy a quella Parkinson: “Il lavoro si espande fino ad occupare tutto il tempo disponibile; più è il tempo e più il lavoro sembra importante”). Sicché la donna soft – che la tocca piano, anzi soft, perché poi ci vuol pure coraggio a dire “torno a casa” dopo un secolo di barricate in piazza – ecco, la donna soft dice: “No burnout”. Ossia: lavorare? Molto meglio il rumore del mare. E sarà un fatto psicologico, o psicotico, ma forse sembra pure meglio fare la spesa o fare le pappe, alle quali si può sempre tornare (opzione Jacinda Ardern – super cool) purché siano belle, buone e bio-instagrammabili. Del resto, la figaggine (che è tutto un gioco di simulazione, dissimulazione e di simulacri) non la fanno le istituzioni ma le fotine. Che dagli ossi pelvici virano sui fornelli onestamente dissimulati. Infiocchettati e infighettati nel feed. Fornelli che – se abbiamo colto l’antifona – non erano poi tanto male. O certo non sono peggio dei nostri caffè bruciati. Quelli che noi lavoriste beviamo e interiorizziamo col patriarcato, vabbè. Meglio l’amante e il muschio.
generazione ansiosa