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Il caso

Tutti a smanacciare Giulietta (nel senso della statua). Ma come la mettiamo col consenso?

Alberto Mattioli

Palpeggia oggi, palpeggia domani, si è aperto un forellino nel seno di bronzo. La vicesindaca con delega alla Parità di genere, nel celebre gesto porta fortuna, ci vede del sessimo. E c'è chi propone di aggiungere una statua di Romeo, per la parità

Basta palpeggiatori abusivi, anche delle statue. Vedete il recentissimo caso di Verona. Lì c’è l’usanza di accarezzare il seno (quello sinistro, precisano le cronache) della statua di Giulietta nel cortile della sua “casa”, un falso storico che piace moltissimo ai turisti più romantici o più boccaloni, ammesso che ci sia differenza, anche perché per entrare nel relativo museo si paga il biglietto; nel cortile, per vedere la statua e il celebre balcone (taroccato pure quello), no. Palpeggia oggi, palpeggia domani, nel bronzo si è aperto un forellino. E dire che la statua è nuova. Quella originale, di Nereo Costantini, risalente al 1972, adesso è all’interno; questa è una copia di Novello Finotti del 2014, quindi ha appena dieci anni ma evidentemente le toccatine sono state intensive, e per la verità non solo da parte dei maschietti. Lo smanacciamento è infatti il solito gesto apotropaico, si sa, non essere superstiziosi porta sfortuna: quasi una variante laica dello sfregamento del piede di San Pietro in San Pietro che infatti, dopo secoli di devote carezze, è ormai più levigato della faccia di Barbara D’Urso.
 

La vicesindaca con delega alla Parità di genere di Verona, Barbara Bissoli, ci vede però del sessismo. E dice sull’Arena (intesa come giornale cittadino, non è salita sull’anfiteatro per farsi intervistare) che “il degrado fisico della statua sollecita una riflessione sul tema del consenso. La mia idea, al vaglio di un gruppo di lavoro, è di esporre in più punti vicino alla statua messaggi nei quali la fanciulla esprima il proprio consenso a essere, per esempio, fotografata e presa per mano o sottobraccio. Di certo, a essere trattata con rispetto”. Insomma, anche per le statue basta patriarcato e mascolinità tossica. Per ora nessun divieto, anche se resta da capire cosa deciderà il “gruppo di lavoro” dopo chissà quali approfondimenti wokisti. Ma, dice sempre Bissoli, “l’obiettivo è quello di stimolare in ciascuno una riflessione sull’opportunità o meno di alcuni gesti”. In attesa della pedagogia, il popolo di Giulietta è diviso, come si evince dal reportage stavolta del Corriere del Veneto: c’è effettivamente chi ritiene il gesto sessista, chi con faccia di bronzo continua sfrontatamente a praticarlo e chi propone di aggiungere una statua di Romeo “lasciandolo alla mercé delle manate di tutti”, raggiungendo finalmente la parità di palpata (dove, però? Pettorali, addominali, glutei o addirittura dove nomar non oso?).
 

Quanto al consenso della statua, bisognerebbe che fosse in grado di parlare o almeno di muovere la testa, tipo quella del Commendatore nel Don Giovanni. Oppure si potrebbe trasferire direttamente nel cortile il gruppo di lavoro, per tenere delle omelie antipatriarcali ai molestatori. Questo seno di fuori manda tutti fuori di senno. Come diceva Lui: “La follia, mio signore, come il sole se ne va passeggiando per il mondo, e non c’è luogo dove non risplenda” (però questa è La dodicesima notte, non Romeo e Giulietta).

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