L'analisi
Qualche luce e le solite ombre nel bilancio demografico del 2023
Nonostante il calo della natalità, il nostro paese ha riconquistato la cosiddetta "crescita zero" grazie all'apporto positivo di ingressi stranieri e una emigrazione contenuta di cittadini italiani
La buona notizia è che il bilancio demografico del 2023 chiude lasciando sostanzialmente invariato il numero di abitanti. Averne trovati 7 mila in meno, dopo che nei precedenti nove anni ne abbiamo persi annualmente (in media) ben 150 mila, dovrebbe darci la confortante sensazione di una inattesa (e gradita) inversione di tendenza. Salvo poi, leggendo attentamente i numeri che Istat ci ha fatto trovare come sorpresa nell’uovo di Pasqua, scoprire che dietro al sopraggiunto (quasi) pareggio si snoda un’alternanza di luci ed ombre.
Tra queste ultime c’è innanzitutto il conteggio dei nati: 379 mila a chiusura dell’anno. È vero che la possibilità di stabilire questo nuovo record di minimo – quello dello scorso anno era fermo a 393 mila nati – si era profilata da tempo, sino a diventare certezza, ma almeno ci si illudeva che l’asticella non scendesse sotto le 380 mila unità. Niente da fare!
Proviamo allora a consolarci spostando l’attenzione sul fronte della mortalità dove, essendo reduci da un triennio drammatico (2020-2022) con una media annua di 719 mila decessi, solo per averne contati 661 mila nel 2023 (54 mila in meno dello scorso anno) siamo indotti a sperare nel recupero di una normalità ante Covid. In fondo sembra che ce ne siano anche i presupposti; visto che la diminuzione dei decessi è per tre quarti riconducibile proprio a quella fascia di popolazione molto anziana che è stata particolarmente colpita dagli eccessi di mortalità durante gli anni della pandemia. Come raggio di luce consolatoria va altresì preso atto che il calo della mortalità del 2023 si è anche tradotto in un cospicuo balzo in avanti della speranza di vita alla nascita, salita a 83,1 anni con un guadagno di ben sei mesi, rispetto al dato del 2022.
Tornando alle ombre proiettate dal calo della natalità, sembra utile far notare come esso abbia riguardato indistintamente tanto gli italiani quanto gli stranieri. Anzi, mentre per i primi le nascite nel 2023 sono scese del 3,2 per cento, per i secondi la riduzione è stata quasi doppia (-5,7 per cento). Anche il numero medio di figli per donna ha subito una generale contrazione. Il dato nazionale segnala il passaggio da 1,24 a 1,20, spaziando dal minimo di 0,91 figli (sotto la media di uno per coppia!) in Sardegna al massimo di 1,42 in Trentino Alto Adige. In parallelo è ripreso il fenomeno di posticipazione delle nascite che, dopo un biennio di sostanziale stabilità, trova riscontro nell’aumento dell’età media delle madri al parto, giunta a 32,5 anni a livello nazionale, con una punta di 32,9 nel Centro Italia.
Ma ogni valutazione circa le componenti del bilancio demografico in quest’anno di riconquistata “crescita zero” non può prescindere dal ruolo dal saldo migratorio con l’estero. Il suo apporto positivo è stato complessivamente di 274 mila unità; praticamente quanto necessario per compensare l’intero deficit dovuto al movimento naturale. Anche in questo ambito però una più attenta lettura dei dati fornisce alcune interessanti sorprese. Il contributo netto migratorio è infatti la risultante di due dinamiche opposte che vedono, da un lato, un consistente flusso di ingressi stranieri (360 mila) associato ad un numero limitato di uscite (34 mila), dall’altro, un movimento con l’estero di cittadini italiani con un numero di espatri (108 mila) che è largamente superiore a quello dei rimpatri (55 mila). La “crescita zero” è dunque il risultato di un significativo guadagno di popolazione con cittadinanza straniera (+326mila) associato ad una non marginale perdita di cittadini italiani (-53mila).
Trattandosi di dinamiche che riflettono la più alta propensione alla migrazione da parte delle componenti giovani, il maggior deflusso netto di italiani si ha per i residenti 25-44enni (-34mila) e per bambini e i ragazzi fino a 24 anni (-14mila). Viceversa, nelle stesse classi d’età i flussi netti di immigrazione straniera sono ampiamente positivi: +277 mila unità è infatti il contributo degli stranieri con meno di 45 anni d’età. Una componente straniera alla quale i dati statistici non solo riconoscono oggi un apprezzato ruolo di “paracadute”, nel frenare la perdita di residenti e attenuare l’invecchiamento della nostra società, ma tracciano per domani un percorso che vede nell’ingresso entro il collettivo dei nuovi cittadini un potenziale e realistico obiettivo finale. Un percorso che nel 2022 hanno già completato in 214 mila e che, come risulta da quest’ultimo bilancio, quasi altrettanti hanno ripetuto nel corso del 2023.
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