La riflessione
Le masse, le donne e l'io. Il bisogno di autocoscienza e di scrivere di sé proprio del genere femminile
Se c'è una massa protagonista del nostro secolo sono proprio le donne. Una massa che nasce come autocoscienza di sé: se nel Novecento la “coscienza di classe” è stata il grande tema degli operai, nel Duemila il grande tema è la “coscienza femminile”
Se non sbaglio la maggior parte degli storici tendeva una volta a definire il Novecento “secolo delle masse”. E il Duemila? Le masse non sono affatto sparite, ma nessuno vuole sentirsi e essere visto come elemento di una massa. In prima fila, al primo posto, sembra ora ci siano gli individui. Se c’è una massa protagonista perché in strenua lotta di autodifesa, questa massa sono le donne. Una massa però che non nasce da un processo di massificazione, nasce piuttosto come coscienza individuale di sé.
Più che la massa novecentesca, per esempio quella degli operai in quanto classe, l’attuale massa delle donne è un genere e una somma di individui. È l’individuo donna a contenere tutti gli essenziali attributi dell’insieme o massa o genere “donne”. Le donne sono anzitutto degli o delle “io donna”. È l’autocoscienza individuale di sé e della propria vita che crea il senso di appartenenza al genere femminile. Lo si vede abbastanza bene in letteratura. Alle origini e come conseguenza del sentirsi e sapersi donna c’è l’analisi psicologica e autobiografica. Se in letteratura c’è un’energia nuova che si è resa anche quantitativamente evidente, si tratta di energia autobiografica femminile. Si poteva parlare di letteratura delle donne o letteratura “al femminile” finché le donne scrittrici erano minoranza. Oggi la letteratura è abbondantemente, se non in maggioranza, femminile e quindi non c’è più bisogno di qualificarla come tale. Il fatto è che le donne hanno un essenziale bisogno di scrivere di sé, di autobiografia e di espressione letteraria.
Nell’ultimo mezzo secolo sono andate in analisi per necessità di autocoscienza più donne che uomini. L’autocoscienza sembra anzi diventata una prerogativa femminile, e non a caso le donne tendono ad accusare gli uomini di essere incapaci di autocoscienza. Per tornare alle masse, se nel Novecento la “coscienza di classe” è stata il grande tema degli operai, nel Duemila il grande tema è la “coscienza femminile”. L’uomo, il maschio comunemente ottuso, manca tutt’ora di sufficiente coscienza di sé, anche quando si sforza o finge di averne una. Certo gli uomini che scrivono poesie o romanzi non possono evitare di riflettere sulla propria vita. Ma sembra che il loro “io” non sia in discussione, non sia un problema di identità: l’identità maschile appare scontata, a meno che non siano le donne a metterla sotto accusa.
Ho riflettuto su questo sfogliando e leggendo qua e là il libro di Sergio Zatti Il narratore postumo. Confessione, conversione, vocazione nell’autobiografia occidentale (Quodlibet, pp. 569, euro 28). Naturalmente la lunghissima storia dell’autobiografia è dominata dagli uomini, a partire dai grandi modelli di sant’Agostino e Rousseau. Ma il capitolo conclusivo del libro segna una svolta: “Una stanza tutta per loro: Woolf, de Beauvoir. McCarthy”, tre casi in cui identità letteraria e identità femminile coincidono. Nell’indice dei nomi vedo che è citata nientemeno che Madonna (cioè Louise Veronica Ciccone) a proposito dell’attuale invasione barbarica dell’io e del confessarsi sui social: si tratta, dice Zatti, “di un fenomeno ormai largamente diffuso nell’odierna cultura low brow secondo cui la confessione pubblica, e la sua spettacolarizzazione mediatica, sono divenute un evento quotidiano appetito dalla comunicazione di massa: Internet, in quanto trionfo della democrazia espressiva, ha lanciato una egolatria polifonica all’insegna del verbo pronunciato da una star come Madonna: ‘express yourself’. Visto nella sua prospettiva storica, il fenomeno può rappresentare una eredità estrema del processo innescato a suo tempo da Rousseau, processo per il quale masse crescenti di individui sentono che la vera definizione di sé in quanto persone dipende dall’avere qualcosa da confessare”. Insomma, si entra nella massa con la propria volontà di distinguersi dalla massa? Ma mi auguro, femminile o maschile a parte, che l’io delle donne si esprima piuttosto pensando a Rousseau che a Madonna.
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