Problemi da affrontare
Il ticket contribuisce solo a confermare che Venezia è un parco (acquatico) a tema
I problemi della città sono ben altri, e non si combattono a suon di tasse. Dai caffè a 4 euro alle corse di lusso dei vaporetti, passando per le case che non si trovano
Il 25 aprile è entrato in vigore il contributo d’accesso. Un ticket che viene fatto pagare ai turisti, quelli mordi e fuggi per intenderci, che fanno le gite fuori porta, arrivano in città al mattino e se ne ripartono la sera. Si chiama libertà. E l’idea che per accedere a una città d’arte si debba pagare il biglietto, crea abbastanza smarrimento. Ve le immaginate le code a spirale simili a quelle di Gardaland, o di qualsiasi altro parco divertimento, e perché no, aggiungiamoci anche quelle nei parchi acquatici con la gente in mutande per accedere agli scivoli, ecco più o meno così. Per 29 giorni, nel 2024, Venezia sarà un grande parco, dove – si badi bene – è ovviamente, vietato tuffarsi. Ma cosa è cambiato rispetto al giorno prima dell’entrata in vigore del contributo? I veneziani continuano a camminare imbronciati, a passo svelto, costretti a fare zig zag tra i turisti. E in città si sente sempre il trotterellare delle ruote delle valigie. Com’era prima, è anche adesso. E per fortuna. Ad avvalorare l’aspetto di un parco acquatico, in città sono apparsi degli orribili totem, di diverso colore, che spiegano come funziona il ticket. Quelli verdi per i residenti. Arancioni per i turisti. Azzurri per i gitanti. Se non ti sai districare, puoi chiedere agli appositi steward, in pettorina bianca, messi proprio qui a vigilare sulla gente.
Ma il contributo slalomeggia tra proteste, polemiche, scontri con la polizia – giovedì mattina sono intervenute le forze dell’ordine con 800 manifestanti in piazzale Roma – qualche furbetto e la solita maledetta dannata burocrazia. Quello che è cambiato ovviamente, per una questione di numeri, sono gli introiti delle casse del comune. Incasso tre volte oltre le previsioni, fanno sapere, e con questa tendenza a fine anno si potrebbero raggiungere gli oltre 2 milioni di euro. Hai capito. E dire che mica tutti hanno mica pagato. No. No. Verrebbe da dire che han pagato solo i fessi. Il primo giorno in città sono arrivate 113 mila persone e di queste solo 15.700 hanno saldato il ticket. Il che vuol dire che 1 su 10 ha sganciato moneta, tutto il resto, giusto quei 97 mila e 300, nisba. Nel regolamento, infatti, è prevista tutta una serie di esenzioni. Non pagano: gli ospiti in un albergo o in un’altra struttura ricettiva, i parenti – la zia di Forlì per intenderci – i residenti o i nati nel comune di Venezia e in Veneto, i lavoratori, gli amministratori in visita istituzionale, gli studenti, gli sportivi, i proprietari di immobili, quelli che fanno visita in carcere, i volontari. E addirittura, se sei residente a Venezia e devi invitare amici e conoscenti, puoi chiedere l’esenzione. Così, il primo giorno non hanno pagato i 40 mila turisti che dormono in albergo – ma non erano tutti mordi e fuggi? – i 2.100 parenti di residenti e i 2.000 amici di residenti. Mancano gli amici degli amici dei parenti dei residenti e quelli venuti da lontano per partecipare al matrimonio della zia della mamma, di secondo grado. Ma i problemi a Venezia son ben altri, e non si combattono a suon di tasse. Anche perché, non è che la città lagunare costi proprio poco. Un caffè, nel bar più scrauso e nemmeno in centro storico, costa 4 euro. Un primo piatto al ristorante dove mangi dentro, con i piccioni sotto al tavolo, 36 euro. E che dire poi delle corse dei vaporetti. Se non hai la tessera, il prezzo di una corsa semplice è di 9 euro e 50. Ha validità su tutti i battelli, ma attenzione: dura 75 minuti, un’ora e un quarto, sicché se vuoi andare a visitare una mostra e ti fermi tre ore – sai com’è, il tempo di far la fila e capire cosa stai visitando – spendi 19 euro. Vaporetti che soprattutto negli orari di punta sono pieni zeppi di persone stipate come polli, con il rischio che qualcuno cada in mare. Chi scrive ha provato l’ebbrezza di salire su un battello pieno.
E che dire poi delle case che non si trovano. I veneziani non li vuole più nessuno. E a meno che tu non sia un turista o uno studente, trovare casa a Venezia è pressoché impossibile. Gli affitti, alcuni, sono troppo alti, e quei 1.200 euro al mese, per una mansarda di 40 metri quadri a Santa Croce, ben vengono ripartiti tra studenti, dove uno dorme sul divano col naso incastonato nel soffitto. E poi i residenti. Se si passa in campo San Bartolomio, c’è una farmacia con il conta veneziani. La cosa è un po’ inquietante, perché ogni qual volta un veneziano muore o se ne va, il contatore scende. Ma rende bene l’idea. Ora gli abitanti in città sono scesi a circa 49 mila. Ed è stata proprio la politica dei “b&b ovunque” e degli affittacamere al posto delle case – nel 2023 in città c’erano 32.562 posti letto nel settore alberghiero e 49.287 nell’extra-alberghiero – ad aver tolto terreno ai veneziani. Il nobile principio “se siete turisti e non dormite qui, vi faccio pagare il biglietto”, aderisce perfettamente a una politica che finora ha tolto il salvagente, appunto, a una città sopravvissuta grazie alla sua bellezza. Però, tranquilli, per ora Venezia sta a galla.
generazione ansiosa