generazioni

Vogliono fare figli, sposarsi. I ragazzi vogliono essere diversi da noi, Homo Online, e non ce ne accorgiamo

Ester Viola

Secondo l'Istat, i giovanissimi si sognano in coppie con tanti figli. Noi, che abbiamo il disonore dell’ultima incarnazione inutile, l’Homo Online, possiamo solo rovinare tutto col pessimismo cosmico che ci è venuto, per non parlare dell’incredibile svolta puritana

Di che generazione sono, secondo l’etichettatura moderna? E chi lo sa. Boomer, millennial, X, se avete passato i trenta pigliate il titolo che vi aggrada di più nell’area che va da “vecchi” a “semivecchi”, è uguale, sarete sempre accusati di aver rubato, mangiato, truffato. Approfittato del futuro personale a discapito di quello collettivo. Aprite un social in un giorno qualunque. Il primo arrabbiato lo trovate molto prima della ragazza in costume. Ora il mondo online è una collezione di infelicità, un outlet disperato, quelli sulla strada provinciale coi vestiti da damigella coi veli di tulle nelle vetrine stinte dal sole. Liquidazione totale per fine attività, con l’attività che finisce da almeno dieci anni.

 

I veramente giovani l’hanno capito: i quattordicenni ci guardano online senza toccare. Preoccupati per noi e moderatamente schifati. Vorrei vedere: ci si bastona senza sosta, senza conoscersi, senza risultato. Apri i social, la finestra sul mondo che possiamo permetterci, e leggi minacce di denunzie, chiamate ai brigadieri per il solito scemo che fa battute sessiste, parlamentari coi salami, coi caciocavalli, con quello che passa il convento. C’è sempre qualcosa di grave e meno grave che è successo e di cui si deve scrivere sterminatamente ora, subito – invece di andare a lavorare con questo pil che non cresce, e come vuoi che cresca se stiamo tutto il giorno al bar. Resta solo una generazione da salvare. L’ultima. Che però sembra sia già brava a prendere le distanze.

 

Secondo l’ultimo rapporto Istat i giovanissimi intervistati vedono il loro futuro in coppia (74,5 per cento) e molti pensano al matrimonio (72,5 per cento). Tra i giovanissimi desidera avere figli il 69,4 per cento, di questi soltanto l’8,8 per cento è per il figlio unico, mentre il 18,2 per cento pensa a tre o più figli. Tra gli stranieri la percentuale di coloro che vogliono tre figli o più arriva al 20,5 per cento. Le nuove generazioni multiculturali e digitali esprimono preoccupazioni: un ragazzo su tre dichiara di aver paura del futuro e il 34 per cento vorrebbe vivere all’estero da adulto. Essere giovani in questi anni l’abbiamo fatto diventare insostenibilmente pesante. L’infanzia felice trasformata in infanzia oppressa.

 

Avere meno di vent’anni prevederebbe un solo diritto garantito: devi essere disinteressato alle sorti del mondo, ci sono solo le tue. Che non sono per niente magnifiche e poco progressive, ti senti fermo al palo a ogni insufficienza a scuola. “Chi sarò da grande?” è ancora mitologia dell’avvenire, i successi sono lì, a portata di mano. Se c’è un principio dell’età adulta più che detestabile, e che si deve rimandare il più possibile per i ragazzi, è la presa di coscienza della relazione direttamente proporzionale tra responsabilità e denaro. Per non parlare della schiena spezzata. A quell’età anche l’amore pare sciancato perché ancora non si viene a patti con la banalità del male: il desiderio. 

 

Se amor muove verso quel che più gli si fa contro, allora esisterà un sentimento davvero corrisposto? Che lutti agli Achei. Il giovane si rifiuta di crederci, che la vita è davvero così, come dicono i boomer, e continua a infilzare mulini a vento, e fa bene. 

 

Si vedono felici, i ragazzi. Una terra promessa se la stanno promettendo da soli: si vedono in coppie resistenti alle carestie, si sognano con tanti figli. Noi  – che abbiamo il disonore dell’ultima incarnazione inutile, l’Homo Online – possiamo solo rovinare tutto col pessimismo cosmico che ci è venuto, per non parlare dell’incredibile svolta puritana. La moral suasion per farsi belli. Pure per vendere un litro d’olio tocca autopredicarsi buoni e giusti, qualcuno fattura anche sui social, con questo nuovo catechismo. Fra tutto quello che poteva scegliere, la mia generazione, le è piaciuta solo una cosa: la delusione. Stare dentro le cose ma senza speranze, neanche una. E fa ridere perché lo stiamo proclamando dall’oggettiva èra della cuccagna. Quale epoca ha avuto più facilitazioni di questa? Al posto di nuovi slanci, un camposanto di ansia ed ego sfibrato. Sta pure diventando ridicolo, questo conformismo della tragedia imminente e perenne.

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