L'opinione
Noi, condannati alle storture imposte dalla dittatura dell'inclusività religiosa
Il Ramadan a scuola e le proteste pro Palestina nelle università. Tutte le ipocrisie di una società che si professa laica, ma che viene spesso minimizzata o giusitificata fino alla richiesta di comprensione
Prima è stata la volta della scuola che ha deciso di chiudere per la fine del Ramadan. A chi ha obiettato, sono state elencate tutte le festività cristiane esistenti. Inutile spiegare l’origine pagana di molte di quelle festività o fare il punto sui nostri duemila anni di retaggio culturale. “Si tratta solo di una scuola. Siete intolleranti!”.
Evviva l’inclusione, celebriamo il Ramadan.Poi ci è stato spiegato che le moschee abusive non dovevano essere chiuse e che proibire moschee illegali, realizzate in scantinati, capannoni o nel soggiorno di un appartamento era intolleranza religiosa. “Siete razzisti!”. Evviva le moschee illegali, preghiamo Allah.
A un certo punto ci siamo ritrovati una piazza piena di uomini inginocchiati verso la Mecca; le donne, tutte rigorosamente velate, se ne stavano in disparte, oltre una rete. Segregazione di genere in una piazza italiana? Ecco che ti vengono elencate tutte le religioni che separano uomini e donne. Inutile far notare che una cosa del genere in una piazza non s’era mai vista. “E’ la loro religione, siete islamofobi!”. Evviva la segregazione di genere, escludiamo le donne.
Dopo il 7 ottobre sono arrivate le manifestazioni pro Palestina sospinte dalla forza antipatriarcale-transfemminista intersezionale che, oltre a dirci che eravamo complici di un genocidio, ci spiegavano che l’occidente era il male assoluto, che una società regolata dalla sharia sarebbe stata più equa, che quelli di Hamas erano combattenti per la libertà e così pure i loro santi protettori, i mullah della Repubblica islamica. Guai a sollevare la questione: ma come, non sono patriarcali? “I facinorosi sono solo una minoranza! Siete fascisti!”. Evviva il patriarcato islamico, santifichiamo Khamenei.
Di lì a poco “cani sionisti” sono diventati tutti quelli che avevano osato mettere in discussione l’intera faccenda dell’islam e della sua compatibilità con la democrazia e la libertà di pensiero, ma soprattutto lo sono diventati gli ebrei che non facevano l’autodafé. Allora partiva il linciaggio mediatico di Lilana Segre, rea di essere stata in un campo di concentramento e non di inveire contro lo stato d’Israele; e si proseguiva con il silenziamento di Elisabetta Fiorito, colpevole di essere l’autrice della biografia di Golda Meir e avere osato esimersi da un’autoflagellazione pubblica per quel suo peccato addirittura mortale: avere scritto un libro! Si andava avanti con i presidi per impedire gli interventi di David Parenzo e di Maurizio Molinari perché a quel punto i “cani sionisti” erano un po’ tutti gli ebrei e guai che aprissero bocca. Evviva la censura sionista, azzittiamo gli ebrei.
Intanto la santa inquisizione Hamas-khameinista-islamo-marxista-intersezionale (rigorosamente antisionista e silenziatrice del dissenso) ha fatto irruzione nelle università domandando la fine delle relazioni con gli atenei israeliani. Qualche rettore osa tenere testa, qualche altro cede. Ma come, cedete a una minoranza coercitiva? A quel punto è subentrata la confusione: quelli che avevano liquidato le manifestazioni con “sono solo una minoranza di facinorosi”, ora ci spiegano che invece non sono una minoranza ma “i giovani” (così un po’ in senso lato. In fondo, “minoranza” e “maggioranza” sono termini labili, da usare un po’ come ci fa comodo). In difesa dell’entità astratta dei “giovani”, basata sulle statistiche fai-da-te, nei talk-show nazionali intervengono gli immancabili difensori della gioventù pacifica (che occupa e fa danni di decine di migliaia di euro), inascoltata (anche se i loro difensori stanno sempre in tv) e fustigata dal potere sionista-genocida. Evviva le occupazioni, chi vuole studiare, studi online.
Mentre eravamo distratti con le occupazioni, scopriamo che un paio di studenti musulmani sono stati esentati dallo studio della Divina Commedia perché incompatibile con la loro religione. “In fondo bisogna capirli –– twittano eminenti account da decine di migliaia di follower – Dante mette Maometto all’inferno!”. Scopriamo così che lo studio è una questione di suscettibilità e che chi si sente offeso ha diritto all’esenzione dello studio del materiale offensivo. Proviamo a obiettare che con quel precedente, anche Darwin potrebbe fare una brutta fine essendo piuttosto offensivo per i creazionisti; quanto a Galilei, lasciamo perdere, anche i terrapiattisti avranno pure il diritto di dire la loro; e non stiamo neanche a fare sottigliezze se ci chiederanno qualche velo alle belle donne dell’arte rinascimentale, mica vorrai esporre un tredicenne musulmano in età puberale alle fattezze di una donna? “Tutte queste storie per due ragazzi? Vedete complotti dappertutto!”. Evviva la censura scolastica, al rogo la più eminente opera letteraria italiana.
Non avevamo neanche fatto in tempo a fare mente locale sulla questione di Dante che ci ritroviamo una moschea improvvisata nell’università occupata di Torino: uomini di qua, donne velate ed emarginate di là e un imam sovreccitato che invoca il jihad. Ecco a questo punto, non abbiamo neanche più voglia di sollevare obiezioni, di spiegare e di elaborare perché abbiamo ormai imparato che la risposta è sempre quella: sei intollerante, sei razzista, sei fascista, sei un genocida, sei un cane sionista, sei un islamofobo complottista. C’è chi scomoda anche Hitler per definirti.
Ecco, non ci va più di stare a discutere contro chi, se proprio non insulta, minimizza; e se non minimizza, giustifica; e se non giustifica invoca la “comprensione”. Ma a noi viene da chiederci, cosa c’è da comprendere se in uno stato laico una scuola chiude per il Ramadan? Se vediamo donne segregate in una piazza? Se nelle manifestazioni c’è chi sostiene il terrorismo e la sharia? Se gli ebrei non possono presentare libri o tenere conferenze? Cosa c’è da capire? Cosa giustifica l’assedio delle università, l’esenzione dallo studio di opere giudicate religiosamente “scomode” e infine una moschea improvvisata in un ateneo statale, con un imam che predica la guerra santa contro gli infedeli? Alla fine, che ognuno ne tragga le proprie conclusioni. Noi ci siamo limitati a mettere in fila i fatti.
Politicamente corretto e panettone
L'immancabile ritorno di “Una poltrona per due” risveglia i wokisti indignati
Una luce dietro il rischio