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battaglie ideologiche

Virginia Woolf omofoba, le sorelle Bronte Lgbt e il pittore antinazista

Giulio Meotti

I paladini della cultura woke, in Inghilterra, deturpano statue o ne erigono a immaginari simboli Lgbt. E, nel farlo, distruggono implicitamente la cultura occidentale dall'interno

“I Wakerati hanno rovinato la statua della mia prozia Virginia Woolf” scrive Emma Woolf sul Telegraph. La grande scrittrice è accusata di essere razzista e omofoba. La statua di Virginia Woolf in Tavistock Square, a Londra, è ora accompagnata da un codice QR che descrive le sue opinioni “inaccettabili” e “offensive”. La statua è familiare a turisti e residenti di Bloomsbury ed è un pellegrinaggio per le molte migliaia di turisti americani, giapponesi ed europei. Ciò che non è così familiare è la nuova aggiunta digitale. Virginia e Leonard Woolf si sposarono nel 1912 nel municipio di St Pancras, in fondo alla strada. E un certo Sir Keir Starmer, leader laburista, è stato deputato qui dal 2015. 

  

Emma Woolf ricorda che la prozia e Leonard erano sulla lista nera di Hitler negli anni ’30, quando il nazismo si stava diffondendo in Europa. “Avevano preparato i loro piani di suicidio nel caso in cui Hitler avesse invaso Londra, il che era una paura molto reale. L'ansia di vivere quegli anni, attraverso le due guerre mondiali a Londra, contribuì enormemente ai suoi ripetuti esaurimenti nervosi e al suo suicidio nel 1941”. La strana accusa di “blackface” si riferisce a uno scherzo fatto alla Marina britannica dal Bloomsbury Group nel 1910. Si trattava di uno scherzo che Virginia e della sua banda di “allegri selvaggi”. Si travestivano da principi abissini con barbe e costumi finti per ottenere l’accesso alla flotta navale britannica. Poi l’accusa di omofobia. “Ma questa è una donna che, sebbene per certi versi asessuale, aveva intense amicizie femminili e relazioni che potrebbero essere state fisiche. Era profondamente innamorata dell'autrice Vita Sackville-West, una passione che era alla base dell'ispirazione dei suoi romanzi”. Intanto la più grande organizzazione di beneficenza ebraica LGBT della Gran Bretagna si ritirava dalla parata del Pride di Londra per “preoccupazioni sulla sicurezza”.

 

E così va ora nel mondo dell’inclusione. La Tate Britain è una delle gallerie d’arte più amate di Londra. Ora “The Expedition in Pursuit of Rare Meats” di Rex Whistler, realizzato nel 1927, è accusato di razzismo per la presenza di un bambino nero strappato alla madre e ridotto in schiavitù e le caricature di figure cinesi. Il prossimo 18 luglio cadrà l’ottantesimo anniversario della morte di Whistler, ucciso in Normandia durante la Seconda guerra mondiale. E così il pittore “razzista” è tra gli eroi della battaglia contro i nazisti. Come le sorelle Bronte sono state appena incluse tra i “simboli Lgbt” in Inghilterra. 

 
I paladini della “diversità” non sanno che le donne un tempo dovevano scrivere sotto pseudonimi maschili per essere accettate, un po’ come oggi nell’Afghanistan dei talebani devono indossare il burqa per uscire di casa e hanno bisogno di un “tutore maschile”. Charlotte pubblicò sotto il nome di “Currer”, Emily di “Ellis” e Anne di “Acton”. Ma le leggendarie autrici di “Cime tempestose” sono ora “genderqueer non binari” perché usavano pseudonimi maschili. E non sono i barbari alle porte, ma i nostri custodi dell’eredità che con più entusiasmo stanno guidando la carica per distruggere la cultura occidentale dall’interno.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.