autenticità mascherata
A leggere le sue nuove linee guida iper inclusive sembra un Tinder per notai
A furia di voler rendere l’appuntamento uno spazio sicuro, si capisce che è più sicuro non uscire con nessuno. Cupido alla prova del correttismo amoroso
Uscire con qualcuno è già complicatissimo così. Perciò ho vacillato quando l’ufficio stampa di Tinder ha diramato le linee guida per il dating inclusivo, elaborate in collaborazione con Diversity Lab in occasione del mese del Pride. Si deve forse al sospetto e allo scetticismo con cui vengono tuttora guardate le app di appuntamenti – quando invece le coppie fondate sugli amici comuni o sulla vicinanza domestica sono tutte un successone – il fatto che cerchino di giustificarsi collocandosi in un orizzonte assoluto, che travalica la promessa di felicità relazionale e finisce per delineare l’utopia di “uno spazio sicuro dove tutte le persone possano esprimere liberamente ogni forma di amore e la propria autenticità”.
Proprio qui sta l’errore. L’agone degli appuntamenti, online o meno, è un luogo in cui l’autenticità viene mascherata, le forme d’amore soppesate con certosina perizia, la libertà seduttivamente circoscritta dietro vaghe profferte dilatorie. L’appuntamento è sempre uno spazio insicuro. Temo lo confermino queste stesse direttive che, pur rivolgendosi alla comunità lgbt, possono venire estese a qualsiasi primo approccio. “Avere cura del contesto”, “non dare per scontato cosa una persona voglia o non voglia fare”, “confrontarsi per capire se sia a proprio agio” col contatto fisico, e così via, dovrebbero essere i fondamentali e non norme specifiche per una minoranza; la necessità di esplicitarle lascia intendere la paura, anzi la consapevolezza, che si finirà per incontrare brancicatori seriali, ottusi prevaricatori, imbarazzanti trovatori di serenate in ufficio o a casa della nonna. Chiunque sia sul mercato dei single potrà confermare di essere uscito con almeno un esempio a settimana di ciascuna tipologia. I più fortunati ci escono ancora.
E’ del resto curioso voler dettare regole per il dating inclusivo, quando nulla è più esclusivo dello scegliere qualcuno con cui uscire. Pare però che, secondo Tinder, sia l’inclusività a rendere “più significativi” gli appuntamenti, perciò sciorina istruzioni degne di un casanova tredicenne. Alcuni sono sensati: non inondare l’altra persona di domande, non dirle “Non avrei mai detto che tu”. E’ ovvio che, se si vuole scoprire qualcuno nella sua unicità, un questionario standard potrebbe non rivelarsi il metodo migliore; lanciate a qualcuna un “Non avrei mai detto che tu avessi”, seguito da una cifra, e vedete la fine che fate. Meno utile mi sembra l’asserzione che “non bisogna provare la propria identità, è sufficiente avere consapevolezza di sé”. Poi ci si accorge che il pretendente con Ncc e cena sofisticata ha solo la consapevolezza di essere ricco, però non lo è, quindi ti lascia da pagare il conto della salatissima serata.
Immancabilmente, Tinder raccomanda che “è sempre fondamentale presentarsi con i propri pronomi” e “chiedere: che pronomi preferisci?”, lasciando presagire lezioni di grammatica generativa a prima vista e delineando un rituale di espiazione in caso di pronome errato: “Scusarsi brevemente, correggersi e proseguire, senza giustificarsi o dimostrare un senso di colpa eccessivo”. Nessuna indicazione, purtroppo, viene diramata su come comportarsi qualora l’interlocutore, ferratissimo sui pronomi, scambiasse condizionali e congiuntivi, violentasse la consecutio temporum, utilizzasse a capocchia parole come “problematica” e “resilienza”.
Sembra quasi che Tinder ci stia dicendo che è meglio rinunciare. Forse lasciandosi prendere un po’ la mano, infatti, conclude suggerendo di “discutere cosa si voglia da una relazione e stabilire quale forma e quali limiti avrà”. Presto, dunque, un Tinder per notai. Eppure è esattamente questo il motivo per cui gran parte degli appuntamenti naufraga dopo un accurato esame delle reciproche intenzioni, soffocando quell’iniziale zona grigia in cui forse – molto forse – c’è speranza che le diverse pretese si smussino e convivano. A furia di voler rendere l’appuntamento uno spazio sicuro, si capisce che è più sicuro non uscire con nessuno.
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