(foto d'archivio Ansa)

sulla passerella

La sfilata Alta moda di Dolce & Gabbana in Sardegna tra Very Important Client e mamuthones

Michele Masneri

Ricchi, ricchissimi, praticamente billionaire. Allo spettatore di Instagram stories collettivo non sarà sfuggito negli ultimi giorni il fiorire dell’ultima impresa del duo stilistico nell'isola

Cos’è il genio? E’ fantasia, intuizione, decisione e velocità d’esecuzione, insegnavano gli “Amici miei”. E  Dolce & Gabbana sono due geni al pari del Perozzi e del Mascetti, è chiaro. Allo spettatore di Instagram stories collettivo non sarà sfuggito negli ultimi giorni il fiorire dell’ultima impresa del duo stilistico, la collezione “alta moda” che ha visto sfilare in Sardegna dei mamuthones, cioè omaccioni rivestiti di pelli in costumi tradizionali davanti allo sguardo felice dell’uomo talvolta più ricco del mondo, Jeff Bezos, e della nuova compagna Lauren Sanchez. “Il senso contadino del decoro è inteso sia come forma morale che come dimostrazione estetica” scrive entusiasticamente Esquire.  Il fatto è che Bezos tra i mamuthones  è solo la piramide di un colossale iceberg di ricconi che si sono aviotrasportati per quello che altro che G7: un vertice mondiale di sibariti in una trasfertona aziendale che non ha pari. Racconta al Foglio chi c’è stato che D&G hanno precorso i tempi e hanno creato da anni una specie di economia circolare dei ricconi: capito anzitempo che l’epoca degli influencer volgeva al tramonto, poi, fanno fare tutto ai clienti, gratis. Portandoli in eventi “esperienziali” come queste sfilate.  

 

Che sono solo la scusa per ammazzare il tempo in località ricche di storia, bellezze naturali, e  folklore a manetta. E chissà cosa dirà Antonio Marras che sulle peculiarità sarde ha costruito un marchio e un’estetica, ma se Meloni al G7 di Borgo Egnazia sembrava non avere mai fatto altro che danzare la pizzica, il duo  noto per la sicilianità identitaria si è fatto improvvisamente sardo. Con la bandiera dei 4 mori sventolante, e i ricconi estasiati alla vista di autentici sardi in maschera e mantello di pelle di capra e  campanacci per la processione di Sant’Efisio (ma non sarà appropriazione culturale? Chissà cos’avrebbe detto Michela Murgia, proprio nel giorni dello Strega!).  Il calendario della kermesse sarda non dava  tregua:  1 luglio alta gioielleria presso il Forte Village; il 2 alta moda nell’area archeologica di Nora (dove hanno sfilato i mamuthones); il 3 alta sartoria (tutto alto!), gran finale altissimo nel cagliaritano con il concerto privato di Katy Perry.  


Che esperienza! Perché   si sa che tutti, ricchi e poco ricchi, ormai bramiamo non beni ma esperienze; e i super ricchi vogliono giustamente super esperienze, possibilmente nautiche dove possono anche sfoggiare yacht che altrimenti giacciono  nei porti. Dunque non  paghi delle varie Art Basel sparse per il globo sono alla ricerca di nuove experience.   A giugno il riccone  artistico greco Dakis Joannou (famoso per il celebre yacht multicolore disegnato da Jeff Koons) ha convocato tutto il gran giro europeo e americano  a Hydra, che sta diventando meta di overtourism per questo tipo particolare di turisti. L’isola un tempo nota per gli aristo hippy inglesi che vi approdavano sulle orme di Leonard Cohen adesso è un avamposto dei vacanzieri dell’arte contemporanea. E’ comoda, a un’ora e mezzo da Atene, con viste magnifiche e attracchi panoramici. Da lì senza continuità molti sono passati alla Sardegna in una  fiesta mobile di magnati che con le loro corti di consiglieri,  galleristi e sbafatori potrebbero non passare mai dal via. Qualcuno ha fatto tappa a Capri per l’eccezionale sfilata di Jacquemus a casa Malaparte. I direttori dei giornali di  moda milanese invece sono partiti in massa da Linate per Cagliari. E ci si chiede come mai anche il genere cinematografico di grande successo “eat the rich” cioè ricconi in difficoltà, che indaga sui nuovi plutocrati in varie situazoni incresciose – in ristoranti stellati ostaggi dello  chef sadico in “The Menu”, in club vacanze con delitto alla “White Lotus”, in crociera con naufragio nel “Triangle of Sadness” e così via non si sia mai occupato né dell’arte né della moda. 


Ma per tornare ai nostri sardi, ecco la genialata di D&G: questo tipo di esperienze, le varie “cruise”,  cioè sfilatone “fuorisacco” e fuoriporta,    le fanno molti  brand. Però generalmente lo stilista non si mischia ai ricconi. D&G invece si mischiano, li coccolano, li intrattengono, meglio di Giorgia col pòro Sunak sotto gli ulivi di Borgo Egnazia. E i ricconi sono giustamente  felici. E comprano. L’altra genialata è infatti  che generalmente i vestiti di queste sfilate si possono ordinare e ottenere solo mesi dopo. Lì invece il G7 D&G prevede sartine prontissime meglio degli sherpa di palazzo Chigi, che appena strisciata la carta modellano l’abito sul corpo delle fortunate e dei fortunati, che a quel punto lì indossano sul posto: con soddisfazione di tutti ma soprattutto degli stilisti,  perché i ricconi mai si farebbero vedere due volte con lo stesso vestito. Dunque, ecco nuovi ordini.

 

L’effetto D&G sul pil italiano (o almeno sardo) è probabilmente maggiore di quello di Taylor Swift su quello americano (anche se Banca d’Italia a differenza della Fed non dà stime neanche sull’eventuale impatto  inflattivo). Ma genera un ulteriore effetto: che attirando questi magnati, ormai influencer di sé stessi e del brand (ma che postano e instagrammano gratis), si mette sotto pressione il “poco ricco”, diciamo il millionaire, il mancato billionaire, quella povera creatura insomma che ha lo yacht di 40 metri ma non di 100 e pure privo di eliporto, e vive una condizione di costante vergogna; e farà di tutto per continuare a essere ammesso in quel club, quel Rotary che gli fa fare così belle gite, in compagnia di persone così fini, comprando a tutta callara (se non compri, infatti, non vieni reinvitato). Secondo uno studio di Altagamma, i Vic – very important client, quelli che spendono almeno 50 mila euro l’anno in beni di lusso - valgono il 25 per cento dell’intero settore, e sono più affidabili e in crescita degli altri. Insomma, come per i posti in prima classe sugli aerei, un Vic vale più di dieci, anzi cento poco ricchi  in economy. E questo viaggio, in prima o in  economy, non ha soste: prima della Sardegna D&G Air ha battuto la Sicilia, la Puglia,  Venezia e Firenze. Però questa coi mamuthones, diciamocelo, è stata una tappa irripetibile. Anzi, una experience.   
 

 

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  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).