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Lotte sbagliate

Altro che schwa e festival dell'Unità

Lucetta Scaraffia

Le femministe accettano con gioia l’apposizione della schwa a un termine di genere femminile e non si curano delle battaglie più importanti: la ricerca in campo medico che da sempre viene condotta con esclusivo riferimento al tipo umano di sesso maschile

Ogni tanto viene veramente da pensare che la stupidità non abbia limiti. L’ho pensato quando ho visto che per pubblicizzare il prossimo festival dell’Unità avevano scelto di scrivere la parola unità con la schwa. Possibile che nessuno capisca che si tratta di un termine femminile, che indica un concetto astratto e che quindi prova come la lingua italiana non sia sessista, cioè non ricorra al maschile per definire termini astratti, per definizione di significato neutro? Mi sembrava che la lotta dei militanti gender fosse diretta contro il maschile, ritenuto universale e applicato al neutro, ma si vede che mi sbagliavo. Si vede che la schwa va sempre bene, ovunque sia messa.

Ma certo non mi sbaglio a pensare quanto sono sciocche le femministe di oggi, le quali accettano con gioia l’apposizione a un termine di genere femminile della schwa invece di difenderne l’integrità, ma sembrano  ignorare del tutto quali sono le condizioni vere di oppressione che vivono le donne, ad esempio non essendosi mai neppure sognate di fare una battaglia contro la ricerca in campo medico che da sempre viene condotta con esclusivo riferimento al tipo umano di sesso maschile. Maschio infatti è il malato tipo, maschi le cavie sottoposte alle sperimentazioni di nuove cure e nuovi farmaci. 

E questo nonostante che sia ormai accertato che quasi tutte le malattie si diffondano con frequenza e modalità diversa nelle donne e negli uomini, che diverse tra i due sessi sono le possibilità di guarigione, diversa la reazione ai farmaci e quindi  in sostanza l’effetto curativo delle terapie. Invece  si continua a non voler vedere le differenze dal momento che testare sugli uomini è più facile poiché questi non hanno ovulazioni e mestrui, non possono rimanere incinti, e quindi per le case farmaceutiche sono le cavie meno costose e più facili da analizzare. E così tutto gira attorno a loro. E delle donne non si preoccupa nessuno.

La conseguenza è che le donne sono esposte a terapie spesso poco adatte, sono sottoposte a dosi sbagliate e sono assistite in modo non adeguato alla loro struttura fisiologica. Sì perché – in barba a chi dice che non esistono donne e uomini – le donne hanno una struttura fisiologica molto diversa da quella maschile, struttura fisiologica  deve essere presa seriamente in considerazione per garantire la loro salute.

Ma, dato che porre rimedio a tutto implicherebbe un aumento dei costi della ricerca, non se ne parla. Anche i più recenti regolamenti europei non ne fanno menzione.
Un movimento delle donne serio non dovrebbe pensare a combattere contro queste cattive prassi, per salvare le donne dalla mala sanità a loro destinata? Se le donne stanno sempre zitte si può essere certi che – trattandosi oltretutto di grossi interessi in gioco – nessuno combatterà per loro.

Si tratta di una questione che non si vuole affrontare anche perché il solo dire che esiste, significherebbe dire che esistono le donne e che, guarda un po’,  le donne sono diverse dagli uomini: ciò che susciterebbe immediatamente, c’è da scommetterci, le proteste dei lgbq in quanto rivelerebbe l’esistenza di quella vituperata dualità sessuale che essi negano. E così le donne, le femministe che dovrebbero rappresentarle, come al solito tacciono, accettano il ruolo di vittime, si accontentano di vittorie simboliche e  pure sbagliate come nel caso dell’Unità. Come hanno sempre fatto. Solo che oggi, oltre agli uomini, si sono aggiunti nuovi oppressori: i lgbq che arrivano a negare l’esistenza stessa del sesso femminile.

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