saverio ma giusto
Balneari in protesta, lasciate perdere: tra un po' il mare avrà sommerso tutto
Lasciate che lo stato si riprenda le sue spiagge, tempo qualche anno saranno fondali marini. Voi piuttosto, andatevi a prendere quei borghi che vanno via a un euro per ripopolarli: sono le spiagge di domani, i lungomare del 2040
Sono ore agitate sui bagnasciuga d’Italia, e non perché siano state avvistate meduse al largo o tracine a riva o vermocani in agguato come squali di Spielberg. Un tempo, “in riva al mare” era luogo romantico o tutt’al più meditativo, dove lasciar andare i pensieri all’orizzonte come messaggi in una bottiglia – e chissà dove arrivavano se arrivavano; oggi invece la riva del mare è una trincea, la linea rossa, il fronte più caldo. Sto parlando – ovviamente e banalmente, anzi balnealmente – dell’annosa vicenda dei balneari d’Italia, e che vede coinvolti, oltre ai sopraddetti, anche il governo, il Parlamento, la Consulta, il Consiglio di stato, l’Unione europea. E infine noi, i bagnanti: stanchi, accaldati, pronti a essere spennati per un posto al sole – e un po’ di ombra, e un ghiacciolo al limone, e uno spaghetto allo scoglio, totale 170 euro. Non sto qui a ricapitolare, la vicenda delle concessioni balneari (non rinnovabili automaticamente ma da mettere a gara secondo la legge) è nota; ma siamo arrivati al punto che sia l’Europa che i balneari stessi chiedono al Parlamento di intervenire; ma quelli – i parlamentari, dico – il 15 agosto chiudono per ferie e vanno in spiaggia, appunto. Dove rischiano però di trovare chi gli sputa in un occhio, meglio se quest’anno la politica va in montagna.
L’ultima notizia “dal fronte” infatti è che i balneari minacciano lo sciopero. Cioè? Chiudono gli stabilimenti e gli ombrelloni, dicono. A parte il fatto che è esattamente ciò che diverse sentenze gli dicono di fare da anni, quindi più che una protesta pare la corretta applicazione della norma; ma soprattutto è un disservizio più che aggirabile da parte del villeggiante ombrellone munito. Oltretutto il fronte balneare non è compatto: dalla Versilia fanno sapere che loro non aderiranno allo sciopero degli ombrelloni “perché noi non abbiamo gli ombrelloni ma le tende, che non si chiudono”. E dato che anche l’accesso alla spiaggia mica lo puoi impedire, la serrata con sdraio e lettini fa ridere i polli, e anche se fai un muro con la sabbia bagnata quello si tira giù più facilmente di un tramezzo in cartongesso che manco devi chiamare l’operaio, lo fai a mani nude, tocca allora trovare altre forme di protesta; ed è un attimo che si degenera nella lotta armata con secchiello e paletta, o intimidatorie teste mozzate di cavalluccio marino messe nel letto dei parlamentari preposti a legiferare in materia, o plichi anonimi ai direttori di giornali con dentro infradito usate.
Ancora una volta e nonostante il caldo tocca a me cercare una soluzione, proporre un compromesso possibile, dalla “colonna infame” di questa folle rubrica. Mi rivolgo ai balneari, allo spirito imprenditoriale al quale loro stessi si appellano per giustificare la loro occupazione del litorale. Vengo in pace, ma lasciate che lo stato si riprenda le sue spiagge. Tempo qualche anno saranno fondali marini. Voi piuttosto, andatevi a prendere quei borghi che vanno via a un euro per ripopolarli, o le case cantoniere abbandonate, o l’entroterra più brullo e desolato: sono le spiagge di domani, i lungomare del 2040. Il presente è il passato; voi investite nel futuro, cioè nei cambiamenti climatici, nel riscaldamento globale, nell’innalzamento dei livelli del mare. Diranno che siete pazzi, quando aprirete i vostri nuovi stabilimenti in cima a una collina; voi non rispondete, aspettate solo qualche anno, quando verranno a chiedervi – a nuoto – se avete un lettino e un ombrellone liberi in prima fila, vicino al mare.
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