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ostracismo linguistico

Quant'è triste la cancel culture sul boom edilizio italiano del Dopoguerra

Manuel Orazi

Giudizi sommari e affrettati dopo il crollo di Scampia. Demonizzare quell'architettura significa ignorare che si era alle prese con crescita demografica, migrazioni interne dalle campagne e una logica necessità esponenziale di alloggi per persone che non potevano permetterseli

Come dopo il crollo del ponte di Genova ci fu la corsa al “dagli all’ingegnere”, in quel caso Riccardo Morandi, ora dopo l’ennesimo crollo di Scampia c’è il “dagli all’architetto” Francesco Di Salvo. In fondo se la sono andata a cercare, dicono. Secondo Franco La Cecla, intervistato alla radio, non sono progetti a misura d’uomo, secondo la professoressa Elena Granata su Avvenire “il peccato è originale”. Quello che stupisce è la cancel culture che viene applicata al recente passato italiano, quando cioè il paese nel Dopoguerra era alle prese con un boom demografico, migrazioni interne dalle campagne e una logica necessità esponenziale di alloggi per persone che non potevano permettersele.

Infatti a Roma vivevano in enormi aree di baracche, a Milano chiamate coree che compaiono in tutti i film più celebri del Dopoguerra, fino agli anni ’70 come “Brutti, sporchi e cattivi” (1976) di Scola. I grandi edifici, le megastrutture oggi vituperate servivano a questo: a togliere gli italiani dalle strade, dalle favelas. L’utopia socialista o comunista evocata con accanimento nelle dirette Mediaset e attribuita a Le Corbusier – che peraltro collaborò per poche settimane a Vichy e in precedenza aveva chiesto di lavorare a Mussolini – per la sua Unité d’habitation a Marsiglia era stata realizzata da tutti i governi di destra e di sinistra – senza mai i comunisti in maggioranza. Ma a Napoli i problemi abitativi risalgono ai tempi dello sventramento di corso Umberto dove furono costruite case borghesi, per cui gli abitanti poveri del centro si riversarono verso la zona orientale, il quartiere Luzzatti dov’è ambientato “L’amica geniale”, Ponticelli, e ancora dopo il fascismo questo esodo continuò con nuovi problemi e nuove baracche in via Vespucci e nell’area della Marinella. Oggi nonostante la demografia in epocale discesa, la richiesta di abitazioni è sempre alta, anche a Scampia, frazione di Secondigliano dove la periferia convive con splendidi palazzi settecenteschi ma dove anche si concentra una serie infinita di problemi.

Dal colera del 1973 al terremoto dell’Irpinia, dal rapimento dell’assessore alle Case popolari Dc Cirillo (rapito dalle Br e venduto alla Camorra che voleva la percentuale sugli appalti) fino alla guerra degli Scissionisti. Per fare un altro esempio, nel mega rione Traiano gli spazi delle scuole e dei servizi sono stati occupati da sfollati per oltre dieci anni e come sia fa a risanare un quartiere di trentamila persone se non puoi aprire le scuole, gli uffici postali e i vigili urbani? Da ieri il dipartimento di Farmacia che ha sede a Secondigliano, sede progettata da Gregotti Associati vent’anni or sono e inaugurata solo quest’anno, è occupata: come farà a riaprire a settembre e in quali condizioni? Il primo a chiedere la demolizione delle Vele fu il sindaco Bassolino, poi la spettacolarizzazione del degrado ampliata da letteratura e cinema portò al punto di vedere tour organizzati di turisti che volevano visitare le Vele come una delle tante attrazioni napoletane. Delle sette originarie ne restano tre in piedi di cui una sola abitata, la Celeste, quella dell’ultimo crollo: solo l’abbattimento delle prime quattro è costato oltre dieci milioni di euro, è razionale insistere in questa direzione? Secondo molti architetti fra cui Renzo Piano e anche molti professori napoletani come Pietro Nunziante, no, questi fondi potrebbero essere usati per il loro recupero come insegna tutta l’opera dei francesi Lacaton e Vassal che a Parigi e nella loro città, al Grand Parc di Bordeaux, hanno recuperato complessi ancora più grandi delle Vele addirittura ampliandoli, avvolgendoli cioè con una struttura in policarbonato estremamente economica e versatile che aggiunge spazio esterno agli angusti appartamenti e senza dover sfollare gli abitanti perché si tratta di un’aggiunta esterna, donando cioè spazio vitale per le piante, per gatti e cani, per mangiare all'aperto, per creare una camera di decompressione dal freddo o dal caldo, ma soprattutto tra i 25 e i 45 metri quadri in più a locazioni di persone che non possono permettersene una.

Tutto il contrario cioè dello spazio invivibile! Per questo Lacaton Vassal hanno vinto molti premi fra cui il più ambito, il Pritzker Prize di Chicago, nel 2021 e hanno fatto scuola in tutte le università di architettura europee dove il recycle, cubatura zero ecc. è un tema obbligato di riflessione anche in termini di ecologia. Soprattutto è impensabile l’alternativa di costruire oggi quattro o cinquecento villette o palazzine creando così di fatto una Napoli 2 come Milano 2 – la città per i numeri 1, recitava lo slogan del Cav. ai tempi – per una zona come questa. Se anche si facesse tabula rasa di Scampia, seguendo le idee di cui sopra, la ricostruzione da zero potrebbe infatti essere persino peggiore di prima. 

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