Se a Parigi ci fosse il mare e non un lurido fiume, sarebbe una piccola Bari
Se le Olimpiadi si fossero fatte nella città pugliese oltre alla Senna colibatterica ci saremmo risparmiati l’esaltazione del regicidio nell’oscenissima inaugurazione
È risaputo che se a Parigi ci fosse il mare sarebbe una piccola Bari. Lo hanno detto in tanti, spesso in dialetto che suona pure meglio, e lo ripeto in italiano io che ovviamente non mi trovo nella capitale francese, Dio me ne scampi, bensì nel capoluogo pugliese.
Sto scrivendo queste righe sul lungomare Araldo di Crollalanza, che era un barone, dopo aver superato il sottopassaggio Duca degli Abruzzi, che era appunto un duca, e in vista del Teatro Margherita, che era una regina, e bastano queste citazioni per capire che se le Olimpiadi si fossero fatte a Bari oltre alla Senna colibatterica ci saremmo risparmiati l’esaltazione del regicidio nell’oscenissima inaugurazione. Spettacolo raccapricciante, degno di una tribù primitiva e infatti a metterlo in scena sono stati gli eredi dei tagliatori di teste chiamati Giacobini.
A Parigi i campioni del triathlon si sono tuffati nell’acqua marrone, qui alla mia destra il mare è di un blu magnifico. A riva, dopo le tre gare regolamentari, si poteva organizzare una scherzosa prova supplementare, perfetta per i social. Per un quadrathlon alla barese una gara di arrizzamento polpi, disciplina supervernacolare praticata da secoli o più probabilmente da millenni “n’derr alla lanz’”, ai piedi delle barche dei pescatori ossia sul Molo San Nicola. Consiste nello sbattere sullo scoglio il polpo fino a suo completo intenerimento. Ci vuole forza (l’animale è ostinato) e questo getto del polpo ha certamente più senso del getto del peso che magari nelle Olimpiadi classiche aveva una motivazione bellica (si lanciavano pietre) ma ora non saprei.
Che poi a Bari c’è molta più égalité che a Parigi. La Ville Lumière è la mecca del classismo: Chanel, Hermès, Cartier, Dior, Boucheron, Caron, Vuitton… “A differenza di molte cose buone, che sono scarse e spesso costose, la focaccia, a Bari, si trova ovunque ci sia un panificio. E tutti se la possono comprare. La focaccia, a Bari, è una metafora dell’uguaglianza”. Traggo il virgolettato da un libro di Gianrico Carofiglio, autore che sarebbe giacobino pure lui se non fosse barese, se non mangiasse la focaccia. Ce lo vedete Robespierre, l’Incorruttibile, impiastricciarsi di pomodoro?
Più uguaglianza, più focaccia e più fede, a Bari. A parte Giuseppe Brindisi di “Zona bianca” che su X ha chiamato “bifolchi, razzisti e omofobi” noi cristiani orripilati dal sabba inaugurale, come gli sarà venuto in mente, sono baresi il grande liturgista don Nicola Bux (ogni sabato alle 19 e 15 messa in latino a San Giuseppe) e il campione dell’arte sacra Giovanni Gasparro, fresco realizzatore di un applauditissimo drappellone mariano per il Palio di Siena. Con due consulenti così, a coprire gli aspetti scenografici dell’inaugurazione, nemmeno San Nicola avrebbe qualcosa da ridire. Bari è città mistica, nei pressi della Basilica sento aleggiare Pietro l’Eremita, sant’Anselmo d’Aosta, san Corrado di Baviera, santa Brigida di Svezia… “D’un colpo nella Gerusalemme vecchia, mi sentii a Bari” scrive Cesare Brandi in “Pellegrino di Puglia”. Non a Parigi si sentì, si sentì a Bari. Dove oltre ai pellegrini c’è un mare splendido, non un fiume lurido.
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