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Estate con Ester

I social una volta alleviavano, ora fanno peggio. L'estate ha ufficialmente stancato

Ester Viola

Alcuni possono pensare che un modo per sfuggire ai 40 gradi d'agosto sia andare a farsi un giro sui social, ma la scelta non può essere più sbagliata. Devi leggere, studiare e farti un’opinione dalle otto di mattina. Si viaggia spesso sui binari dell’assurdo, come la polemica di questa settimana sul boxe femminile

Amare l’estate era un sentimento praticabile finché l’estate non è diventata così: cattiva. Negli ultimi anni luglio e agosto hanno i denti, non ce la fanno a pungere neanche le zanzare. Sono settimane oltre le possibilità fisiche di farcela. Il nervosismo che abbiamo addosso è accumulo, il caldo è una cosa, la media di quasi 40 gradi è un’altra. Vivere ultimamente è diventato un esercizio di sopportazione. E francamente non è cosa. Cos’è agosto? L’apostrofo scocciato tra le parole “questo ci sarebbe da finirlo” e “ma perché sono tutti in vacanza tranne me?”. Siamo tutti il chirurgo cardiaco di qualcuno, ad agosto.
 

L’alternativa ad affliggersi sarebbe rivolgersi ai social, dove una volta era tutto uno spasso o un lagnatoio a seconda delle esigenze, oggi invece serve il pass stampa per intervenire, è una macchina editoriale strutturatissima. Devi leggere, studiare e farti un’opinione dalle otto di mattina. Si viaggia spesso sui binari dell’assurdo. La richiesta odierna di presa di posizione è la seguente: può l’atleta di boxe con queste analisi del sangue nel 2023 e queste altre analisi nel 2024 gareggiare nella categoria donne o la questione andrebbe riconsiderata con interventi legislativi? La discussione si alimenta con tutte informazioni apprese de relato. Senza i documenti o la conoscenza diretta. Cose che un giudice ti riderebbe appresso. Invece l’internet riesce a insorgere, motivando. Ma che ne sappiamo, che ne possiamo sapere? Senza la verità, ogni opinione diventa spasso. Trascorrendo a piani più generali, fortunati i governi degli anni duemila: la gente litigava sul gender e si scordava la pressione fiscale al 50 per cento. Meglio farsi un’altra doccia.
 

Il lavoratore d’agosto, sempre nel tentativo di distrarsi, si dirige sul social delle immagini. Che sollievo la vanità, pensa. Solo che neppure stavolta ci si salva: le foto sono fatte per generare il massimo dell’invidia e del risentimento. Ci sarebbe da interrogarsi, e lo faccio, sugli scopi recenti delle foto dal mare e dalle vacanze. Fatte per sembrare belli, magri e ricchi. In passato la diagnosi era più  facile: la scusa del costume, per maschi e femmine, consentiva di mettersi ignudi in pose che oliassero i ritorni, erano foto per farsi desiderare, per estorcere un messaggio a qualcuno che non si faceva sentire più. Ed era un mondo migliore, quello. Un mondo di sottotesti naive, eravamo fessi e prevedibili.
 

Poi è venuta la condivisione, come la chiamano quelli che vendono. Condividono l’esperienza, la vacanza, il resort da sceicchi, il quisisana, non si sa bene per quale motivo. Nessuno pensa: la bella vita è meglio se me la tengo per me. Inevitabile, monta la rabbia sociale, che in estate è più forte che in inverno. Ma non ti vergogni a essere andata gratis al Millestelle Resort mentre mezza Italia non fa vacanze? Ma con che soldi ci vado io al Millestelle Resort?
 

È tutto così, tutto un mal di capo. O sembriamo cani da combattimento nella calura (fomentati ieri nientemeno che da Elon Musk in persona, che interviene sulla vicenda olimpica per ovvie ragioni di borsa, queste sono giornate che la macchina – Twitter buonanima – va a tutto gas) o poveri invidiosi del privilegio altrui. Era proprio il buon selvaggio, l’homo online dei primi anni. Ora ci odiamo tutti, più stiamo vicini più ci si prende a sberle. La boxe femminile è il milionesimo pretesto che passa sotto il ponte, ne ho visti troppi per pensare che ce ne importi davvero qualcosa. Se la maggior parte delle cause che affollano tribunali sono le liti condominiali si capisce chi siamo e come viviamo. Tirarci i capelli ci piace. Quel mondo nuovo che tanto ci pareva diverso comincia a somigliarci. Forse è un buon segno, o forse no.

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