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Estate con Ester

L'autodistrazione di chi non balla con Bob Sinclar. Siamo la generazione ricreazione

Ester Viola

Siamo sempre pronti a riprendere ciò che ci accade per mostrarlo – ed esaltarlo – davanti al mondo. Preferiamo quindi procedere spediti verso il nulla, barattando il tempo libero con finte prese di posizione sui social e gratificazioni istantanee, oppure è un innocuo passaggio generazionale?

Servirebbe una risposta sicura a una sola domanda. Dopodiché potremmo definitivamente darci pace e prendere una direzione anziché l’altra: devono dirci se quella crepa da cui viene acqua è solo un passaggio generazionale, e quindi è inutile andare contro perché si fa la figura dei poveri reietti, oppure se si tratta di scemità diffusa e virale di questo decennio, un crollo a picco del discernimento umano, e in quel caso è dovuta una giusta resistenza.

L’altro ieri Bob Sinclar era depresso. Dice – in un video Instagram – che la sera prima, in un noto club per grandi portafogli località Mykonos, Grecia deluxe, la gente invece di ballare stava immobile, tutti cameraman-zombie a girare i video da pubblicare per guadagnarci due like. Neanche i greatest hit hanno funzionato, si lagna il dj con una mano in fronte.
Gli altri – i follower –anteposti al proprio divertimento. E fin qui si sapeva, non c’è da sorprendersi, bisognerebbe spiegare a Bob: gli anni '90 sono bell’e finiti, il divertimento non è più possibile in solitaria, o con due o tre amici. E soprattutto se non contempla un minimo di pubblico a distanza, ammirazione e invidia, tutto insieme in un unico sentimento, quello che domina i rapporti recenti, ma ancora senza nome.

Come stiamo? A me sembra che nell’ultimo quarto di secolo in Italia non vi sia stato un cambiamento sostanziale. La società si va apparentemente evolvendo verso un tipo di società americana, con la tendenza ad assorbirne più i difetti che i pregi: vedi, per esempio, il cattivo impiego del tempo libero, la scarsa partecipazione ai grossi problemi sociali che vengono strumentalizzati soltanto dai partiti politici. Forse il risultato più notevole è la caduta di molti pregiudizi e di molti tabù, che ha permesso lo sviluppo di una gioventù tutto sommato più piacevole di quella della mia generazione, e comunque meno legata ai miti dell’obbedienza, del dovere e del sacrificio obbligatorio. A noi, della nostra generazione, hanno sempre chiesto di fare qualcosa per qualcuno, mai per noi stessi; ed è per questo che io guardo indietro alla mia giovinezza con un certo astio

E. Flaiano, “Diario degli errori”, Adelphi. Potremmo copiare a paro a paro la stessa cosa, Flaiano scrive sempre dal giornale di domani, con la differenza che non c’è delega ai partiti, i partiti stanno al traino di quel che si legge negli sfogatoi online, c’è anzi una enorme ma fittizia partecipazione ai grossi problemi sociali: si ringhia sui social, poco altro, ormai anche quello è intrattenimento, si fa finta di travasarsi la bile come in passato si faceva finta di divertirsi scrivendo HAHAHAHAHA.

La generazione ricreazione, ci ricorderanno così, è inutile sforzarsi di essere diversi. C’è una capacità acquisita di autodistrazione che non s’è mai vista prima. Da una parte suonano insieme tutti gli allarmi del mondo – emergenza clima, bomba atomica, virus globali. Dall’altra la gente discute online di questioni umane avanzatissime: tassi di testosterone nel sangue degli atleti, percezione del sé sessuale degli adolescenti, opportunità o meno di somministrare farmaci. Quando succede io ho sempre un’impressione aliena, di necessaria distanza, come osservare qualcuno mentre prova con la forza a fare un’iniezione di modernità al mondo, ma cercando i capillari e non le vene.

Se di nuovi modelli di civiltà si tratta, si potrebbe approdare alle nuove epoche in una maniera più urbana? Così non ce la facciamo. Oppure è chiedere troppo? Forse il guscio dell’èra nuova non si crepa come quello del pulcino, ma coi calcinacci della vecchia casa che ti arrivano addosso. Solo che al posto delle guerre e delle rivoluzioni ora si fa a botte con le opinioni, sulle piattaforme, la rivolta nel videogame, finché non ti chiamano a tavola che è pronta la cena.


L’altra possibile versione dei fatti  è che non sia evoluzione ma una malattia: è l’Internet che ha generato un precipitato chimico strano, ci ha preso alla testa. A chi è toccato un lavaggio del cervello, a chi un altro. E in quel caso avrebbe ragione Bob Sinclar, siamo sull’orlo di una crisi globale di nervi, troppe azioni, troppi pensieri hanno perso l’aura di fessaggine che sarebbe fondamentale per riconoscere quando stiamo facendo qualcosa da deficienti. Stiamo andando alla velocità della luce o ci hanno ibernati? Qualcuno ci faccia la diagnosi corretta, non c’è più tempo da perdere.

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