Nuove tendenze
La creator Jools Lebron, l'opposto di “brat” e tiktok
Essere “demure”, cioè eleganti, modesti e un po’ affettati: la nuova estetica che ispira i social
E così aveva ragione lei, Laura Milani, responsabile della divisione luxury di TikTok, quando un annetto fa ci disse che la piattaforma aveva grandi potenzialità come media culturale. Le sorridemmo per educazione. E invece, adesso ci sono in giro migliaia di persone che hanno imparato i rudimenti del pensiero di Schopenhauer e l’esegesi mariana grazie ai video di quel fenomeno dei Contenuti Zero (“ho imparato di più sulla Festa dell’Assunta da loro che in tre anni di catechismo”, scriveva qualcuno, forse bisognerebbe porsi un paio di domande sui metodi di insegnamento delle parrocchie) e che in queste ore stanno facendo ricerche fra il Webster e la Treccani per risalire alle origini dell’aggettivo-avverbio di questa fine estate, “demure”. Cioè “riservato, modesto ma in modo affettato”: di solito, viene applicato a una donna che, in senso peggiorativo, in italiano definiamo una gattamorta, e in taglio migliorativo, pudica. Ne avrete sentito parlare per forza, visto che da quando la creator transgender Jools Lebron l’ha rispolverato in un video agrodolce, per non dire pungente, sulla necessità di “presentarsi in ufficio in un certo modo, very demure, very mindful”, questo aggettivo antichissimo, di origine colta, dimenticato da mezzo secolo con rare eccezioni (una per tutte, la “Tata” Fran Drescher, ma lo usava in chiave ironica anche lei) è stato preso maledettamente sul serio e adattato alle più svariate occasioni, soprattutto in funzione contraria e opposta allo stile “brat”, scasciatissimo, viziato e impertinente, che ha dominato la semantica e l’immagine di questa estate fino all’altro ieri.
“Very demure, very mindful” viene definito in queste ore lo stile, non solo politico ma anche progettuale, di Kamala Harris, ovviamente opposto a quello del “brat” per eccellenza, Donald Trump, ma poche ore fa abbiamo ascoltato lo stesso aggettivo dalla voce di Philippine Leroy-Beaulieu che raccontava su TikTok lo stile de suo guardaroba nella nuova serie “Emily in Paris”. Lei ha oggettivamente qualche ragione in più per appropriarsi del termine e dell’ampio campo semantico in cui è inserito (gli americani vi hanno immediatamente aggiunto l’aggettivo “cutesy”, derivato di “cute”, cioè carino, gentile, perbene, insomma l’applicazione morale del lusso discreto) perché, vorremmo risparmiarvi almeno una ricerca, l’origine del termine non è solo francese, ma vanta un’ampia applicazione nella poesia e nella letteratura. La sua origine più probabile è infatti nel verbo “demorer” o, in francese moderno, “demeurer”, cioè stare fermi, quieti, riflessivi, e d’altronde, che cosa fa una donna pudica e perbene? Non si agita, non si guarda attorno. Sta. Per questo, tenetevi forte perché il salto è impegnativo ma farete un’ottima figura, c’è un legame, anzi un ponte, fra la nostra Lebron e il Guillaume Apollinaire del “Pont Mirabeau” dove scorre la Senna e dove “les jours s’en vont / je demeure”. I giorni se ne vanno, ma io resto. Quieto, solido, concentrato. Qualunque cosa vogliate sapere sul mondo e sull’evoluzione umana, la apprenderete dai cambiamenti strutturali e di significato delle parole. E’ interessante che quest’ultima evoluzione nasca da una persona in transizione: dicono le cronache che, grazie a questo suo uso attento e consapevole, cioè mindful, della lingua inglese, Lebron sia diventata richiestissima in tutto il mondo, e possa permettersi di affrontare finanziariamente la transizione. Les jours s’en vont / je demeure (pas).