In viaggio con Alain – 1
Affreschi sul genere umano in nave tra Kos e Patmos (no lanzichenecchi)
Galatei da tradire e sussurri estivi: un viaggio in barca tra le due isole greche tra una lettrice di Isaac Bashevis Singer disturbata da una donna che urla e un gruppo di ragazzi che si fa più di due domande sul misterioso naufragio del Bayesian
Dodekanisos Express non è il titolo di un romanzo di Agatha Christie, ma il nome di una compagnia di traghetti veloci che sfrecciano tra le dodici isole del Dodecanneso, che in realtà sono quindici. Ho detto apposta “sfrecciano” perché con un’abilità e una maestria straordinarie i traghetti attraccano nei vari porti e scaricano e caricano passeggeri e bagagli e passeggini con una velocità impressionante. Ho comprato il biglietto Patmos-Kos a Patmos, in una vecchia agenzia di viaggi chiamata Apollyon, adiacente al bar Arion, un caffè un po’ desueto dove prima dell’arrivo dei traghetti sostano con sacche, valigie e zainetti i viaggiatori in partenza, spesso accompagnati da amici o parenti che si trattengono ancora per qualche giorno e che con la scusa di salutarli si guardano in giro in cerca di nuovi amici e di nuove chiacchiere. Il toast e forse lo yogurt col miele vanno per la maggiore, all’Arion, accompagnati da Coca-Cola o spremuta d’arancia. Sobrietà. A Patmos ogni incontro o conversazione inizia con la seguente frase rivelatrice: “Quando siete arrivati?”. Oppure: “Quando partite?”. Per chi rimane più a lungo sull’isola il bagnasciuga di chi va e chi viene è uno dei piaceri maggiori. Partono i belgi a fine luglio e arrivano i bolognesi e i francesi ripartono verso metà agosto quando arrivano i romani i milanesi e i genovesi. Ci sono gli iraniani, pochi inglesi, gli austriaci a luglio e in generale pochi americani. Gli asiatici che visitano la grotta dove san Giovanni scrisse l’apocalisse e il monastero che sovrasta l’isola scendono da enormi navi di crocierà e salgono diligenti sui pullman con le guide. Gli abitanti dell’isola, i greci, stanno per conto loro e lavorano sulle barche, negli alberghi, nei negozi e nei ristoranti.
La stagione è corta e d’inverno poi, se possono, vanno ad Atene. Il Dodekanisos Express sta arrivando e ci si precipita con i bagagli verso un cancello che si apre. Saliamo sulla nave e salutiamo Patmos. La barca è su due piani e ci sono file di poltrone tutte uguali né comode né scomode. Io metto la mascherina e vedo che non sono il solo. Persone anziane e giovani hanno la mascherina. Nelle file a poppa e al piano del bar ci sono solo greci. Parlano, leggono, guardano l’iPad. Nelle file davanti, verso prua, i turisti di vari paesi che tornano riposati e abbronzati, organizzati per prendere un Ryanair a Kos che li porterà a casa e da domani ricominceranno a lavorare. Posti né comodi né scomodi. Poltrone tutte uguali. Ci sono a bordo pochi bambini che giocano a carte o leggono e per fortuna non piangono e non strillano, cosa che succede sovente sugli aerei, a bordo delle navi o sui treni e indispettisce i viaggiatori che quasi sempre vorrebbero lamentarsi, ma non possono infrangere il nuovo galateo che dice che i bambini hanno sempre ragione. I francesi di solito leggono, i tedeschi di solito dormono. Io sono seduto accanto a una signora che legge un romanzo di Isaac Bashevis Singer, ma è innervosita e disturbata da una donna molto bruna e molto abbronzata che parla ininterrottamente a voce alta in modo petulante con un’amica bionda e più remissiva. In italiano.
In mezzo a loro siede un uomo anche lui molto abbronzato e palestrato che non si capisce bene se sia infastidito dalla conversazione delle due donne o se finge di non sentire. A un certo punto la lettrice che mi sta accanto si alza, si gira verso le due donne che stanno due file dietro di lei e dice “basta!”. Il tono è irritato. Il suo intervento non ha conseguenze e continua una conversazione ad alta voce in cui colgo una parola che mi incuriosisce: “Filosofia”. La nostra nave si ferma a Leros e i passeggeri sbarcano e si imbarcano velocemente. Dall’oblò scorgo edifici di stile fascista che si affacciano sul lungomare. Sono come del resto a Rodi e in altre isole la memoria di quando il Dodecanneso era governato dall’Italia. Si sono seduti in una fila di cinque poltrone due figli adolescenti che dormono e i genitori tutti con la mascherina nera. Sembrano inglesi. La madre sta leggendo un libro, il padre guarda il suo iPhone.
Nella fila davanti alla mia sento dei ragazzi che parlano del misterioso naufragio dello yacht Bayesian al largo di Palermo. In particolare una ragazza veneziana, con i capelli lunghi legati a treccia, la voce roca e dei grandi occhi nocciola dallo sguardo intenso, è convinta che si tratti di un complotto. “È troppo strano quanto è accaduto”, dice, avendo letto chissà che cosa su un giornale inglese. “Ci sono troppi punti oscuri”, afferma con tono molto affermativo. Il suo ragazzo dice come rassegnato: “Tanto non si saprà mai la verità”. Un altro ragazzo molto magro, che nel modo di esprimersi e di muovere le mani somiglia incredibilmente all’attore Jean-Louis Barrault nel film “Les enfants du Paradis”, dice: “È scandaloso che si dia tanta importanza a uno yacht di miliardari quando muoiono migliaia di migranti nei naufragi”. “Cosa c’entra”, interviene una signora con l’accento milanese. “Non vi siete mai accorti che uno dei naufragi di cui non si finisce mai di parlare o di fare dei film o di scrivere libri è quello del Titanic?”. Sorrisi e perplessità.
Intanto la nostra nave attracca a Kalymnos e riprende il saliscendi. Quando si annuncia l’arrivo a Kos, dopo due ore e quindici minuti, la maggior parte dei passeggeri che torna dalle vacanze si alza per andare a cercare le proprie valigie. I greci rimangono seduti. Non scendono a Kos e non salgono su un volo Ryanair, ma proseguono per Rodi l’isola principale del Dodecanneso. È molto affascinante navigare sull’Egeo, il mare splendido che ha una storia lunghissima che si mescola alla mitologia: Minosse, Teseo, Icaro. Personaggi mitici. In un bar di Patmos avevo sentito una discussione su Omero. “È davvero esistito? Ha davvero scritto l’‘Iliade’ e l’‘Odissea’?”. E poi: “San Giovanni quando è sbarcato a Patmos rifugiandosi nella grotta ha veramente scritto lui l’Apocalisse?”. Sono le domande a cui si tenta di dare una spiegazione anche se viene naturale all’interlocutore usare un poco dialogante “mah”. A Kos ho pensato agli sbarchi dei migranti in arrivo dalla Turchia a storie terribili molto diverse da quelle delle persone abbronzate con gli zainetti che erano seduti sulle poltrone di finta pelle grigia perla del Dodekanisos Express.
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