Un piccione cammina sul tappeto rosso dell'80a Mostra di Venezia il 30 agosto 2023 (Foto di Daniele Venturelli/WireImage) 

A Venezia le poiane scacceranno i piccioni dagli hotel, ma solo quelli di lusso

Camillo Langone

Nella laguna i rapaci proteggono le terrazze dei cinque stelle dai volatili molesti. E gli alberghi dei poveracci? Appello ai falconieri

Il cinema è arte novecentesca e io sono troppo moderno per non sbadigliare al solo pensiero, e se ai film si aggiunge il tedio di una passerella molto prevedibilmente kamaliana, con tutti gli automatismi del culturame, ovvio che del noto evento lagunare mi attirino solo le notizie laterali: Festival del Cinema di Venezia, in arrivo squadre di falchi per scacciare dagli hotel piccioni e gabbiani”. Pane per il mio becco! Materiale per alate riflessioni! Eccomi. I falchi sono come gli immigrati, fanno un lavoro che gli italiani non vogliono più fare: cacciare i piccioni. Pensare che un film intitolato “Tiro al piccione” (di Giuliano Montaldo) fu presentato proprio a Venezia ma era il 1961, altri tempi. Pensare che primatista mondiale della disciplina fu un marchese fiorentino, Luigi Torrigiani, che alle Cascine colpì in sette ore 935 piccioni su mille. Altri toscani. Pensare che il tiro al piccione fu addirittura sport olimpico, a Parigi, ma era il 1900, altra Parigi e altrissime Olimpiadi. Oltre che altrissima Europa.

 

Oggi nello Stravecchio Continente il tiro sportivo al pennuto è vietato ovunque salvo che in Spagna, anzi, è vietato ovunque salvo che in alcune regioni della Spagna. Siccome Catalogna e Baleari e Canarie sono animaliste e femminucce, non vogliono vedere sangue di piccione e nemmeno di toro (corrida proibita!) altrimenti svengono. Negli Usa è consentito in alcuni stati e in altri no e qualcosa mi dice, forse il mio pregiudizio, che la libertà di tiro corrisponda grosso modo alle maggioranze repubblicane. A proposito, c’è un po’ di America nei rapaci a guardia della Mostra del Cinema. I falchi usati per allontanare piccioni e gabbiani da terrazze e tavolini non sono falchi, sebbene così scrivano i giornalisti faciloni, sono poiane. E non poiane nostre bensì poiane americane, più facili da addestrare. Sono precisamente, attenzione, poiane di Harris. Sembra inventato ma è il loro nome ufficiale, assegnato in onore dell’ornitologo ottocentesco Edward Harris. E così abbiamo poiane di Harris (Edward) che difendono la tranquillità delle elettrici di Harris (Kamala) tipo Sigourney Weaver. È un altro episodio del tradizionale classismo liberal. Lo spiega il proprietario dei rapaci, Samuel Bozzato, e non a me ma all’agenzia Adnkronos: “Il nostro servizio si è allargato a tutti gli hotel cinque stelle che in questi giorni ospitano i divi del cinema, con la necessità di salvaguardare i tavoli all’aperto da piccioni e gabbiani”. Pare che le poiane così addestrate non predino ma si limitino a impaurire e dunque allontanare dal Danieli, dal Gritti, dall’Excelsior, dal Cipriani gli uccelli molesti. Che a questo punto andranno a devastare i tavolini dei poveracci. 

 
“Il cinema è una dimensione tutta di libertà” ha detto nel suo discorsetto artificiale Sveva Alviti, madrina della manifestazione. Faccio finta di crederci e mi prendo la libertà di dire ai falconieri: incitate le poiane a uccidere! Non è giusto che solo i ricchi possano fare colazioni e aperitivi tranquilli: via i piccioni e i gabbiani anche dai tre stelle!

  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).