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Ecologia mancata

I baby boomer fanno la differenziata, i loro figli (giovani ed ecologisti) no

Antonio Pascale

Secondo un sondaggio britannico, i cittadini fra i 60 e i 78 anni sono molto più attenti al riciclo rispetto alla Gen Z, la cui spiccata sensibilità ambientale rimane solo teorica. Ma per risolvere la questione ecologica servono obiettivi concreti e compromessi, specialmente nelle grandi città

Nel Regno Unito, l’azienda DS Smith ha commissionato un sondaggio per capire cosa pensano i cittadini della raccolta differenziata. Il risultato è che, soprattutto fra i giovanissimi, differenziare e riciclare stanca. Per la precisione, l’Inghilterra è l’unico posto del Regno Unito che non mostra miglioramenti nella gestione dei rifiuti. Non solo nel 2022 ha mantenuto un tasso di riciclaggio del 43,4 per cento, ma appunto – dice il sondaggio – i ragazzi sotto i 27 anni non spiccano nella buona pratica. Al contrario dei baby boomer, cioè dei cittadini compresi tra i 60 e i 78 anni, che invece sanno come gestire bottiglie di cartone, carta e plastica. La generazione Z teoricamente è molto sensibile all’ambiente, da questa generazione vengono fuori avanguardie che portano avanti mozioni che riguardano la sensibilità animale. Nella pratica, però, questa generazione si stressa quando si tratta di buttare le bottiglie di plastica nell’apposito contenitore. Uno può fare ironia sui giovani, così sensibili ma così teorici. Che sì, parlano con ardore e passione, ma di cose astratte  e poi si rivelano mancanti nell’agire pratico. Qualche animo spartano può rimproverare i giovani ricordando il famoso speech dell’ammiraglio William McRaven agli studenti universitari del Texas: “Se volete cambiare il mondo cominciate col rifarvi il letto”.

Un discorso virale, milioni e milioni di visualizzazioni, ma che al sottoscritto fa un po’ paura. Il fatto è che alla fine giovani e anziani, tutti noi siamo legati alla questione energetica. Voglio dire che anche per riciclare correttamente ci vuole impegno, conoscenza perfetta dei materiali, e tanto tempo a disposizione. Energia, insomma. Prendete a mo’ di esempio un caso un po’ estremo: quello di Kamikatsu. Un comune di 2.042 abitanti che a partire da qualche anno ha imposto per legge la raccolta differenziata “rifiuti zero spaccato”. Va bene, è un paese giapponese immerso nel verde, si può capire, ma hanno abolito il servizio pubblico di raccolta. Questo vuol dire che i rifiuti organici devono essere selezionati in casa e ogni famiglia deve produrre compost da utilizzare nel proprio giardino. Tutto il resto dei rifiuti va portato all’isola ecologica, ma attenzione, dopo aver tolto le etichette dalle bottiglie, lavato e asciugato ogni rifiuto, smontati gli “oggetti” così da riporre i differenti materiali in trentaquattro diversi contenitori. C’è il cassonetto per le sole penne biro, per i rasoi multiuso, per i lacci delle scarpe, le chiusure lampo, eccetera.

Ora, in un caso siffatto, anche io che sono della generazione baby boomer e sono ossessionato dai materiali, io che pratico la raccolta differenziata prima ancora che ci fosse la raccolta differenziata, mi sentirei il protagonista di un racconto di Kafka, uno che imbarca in un’impresa che mai vedrà la fine. La questione ecologica è veramente importante e tanto andrebbe fatto. Dobbiamo però porci obiettivi concreti, accettare dei compromessi tra il riciclo perfetto in un piccolo paese e quello che può avvenire in una megalopoli, con etnie diverse e culture varie. Ci vorrebbero delle euristiche che ci aiutassero a gestire la questione ecologica, altrimenti un po’ l’ansia per il cambiamento climatico, un po’ il lavoro per smaltire decine di materiali di cui è composto un oggetto, alla fine praticheremmo tutti meditazione trascendentale per prepararci ad affrontare il quotidiano stress ecologico. Poi, presi come siamo dal nostro benessere personale, finiremmo per buttare tutto nel primo cestino che vediamo.