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Incubi d'autunno. Ma non sono l'unica a essere colpita da questa specie di epidemia

Annalena Benini

La stagione delle scadenze e delle notti passate a sognare morti orribili. Inconsci che si ripetono e indigestioni da Oktoberfest

Da molte notti faccio solo incubi. Mi sveglio di soprassalto, resto un po’ tramortita a guardare il soffitto, su cui le ombre diventano pipistrelli ragni topi e serpenti, poi mi alzo, faccio il caffè, leggo qualcosa, fingo che sia tutto normale ma so perfettamente che se mi guarderò nello specchio del bagno ci sarà un mostro alle mie spalle che sorride malefico. Quindi sbuffo e evito di guardarmi allo specchio, tengo gli occhi chiusi in bagno e inciampo nei gatti, di cui ho appena sognato la decapitazione. Mi preparo alla cieca, esco di casa, sempre con la sensazione di essere braccata dagli zombie, sempre con un ghigno che mi accompagna, con qualcosa di cattivo, ma soprattutto di persecutorio, che mi fa girare all’improvviso. Che volete da me? Andate via, dico all’aria, ai passanti, ai cani che si avvicinano per salutare il mio. Guardo tutti con sospetto, in particolare le cornacchie, perché la notte mi ha lasciato addosso questo senso di minaccia, di pezzi di cervello sanguinolenti che mi inseguono per strada. So che i sogni non si raccontano, quindi forse dovreste smettere di leggere: questo è un pezzo sugli incubi d’autunno.

Io non faccio il cambio di stagione negli armadi, ma in compenso faccio gli incubi la notte, dai quali esco con i vestiti strappati, macchiati di sangue, e non mi salvo mai. Niente cavalli alati per me, niente bianche colombe: solo morte, disperazione, ridicolo, perdita della reputazione sempre accompagnata dalla tragedia. Sono sopra un ponte vestita pochissimo e malissimo e il ponte piano piano affonda nel fango e io muoio annegata e vestita malissimo. Sono a casa mia e dal balcone entra un pazzo, con la faccia di un giornalista che ho visto in tivù, con in mano un’ascia che penso serva a uccidermi.

Il lato positivo è che nel condividerli gli incubi sembrano meno noiosi dei sogni: gli incubi sono piccoli film horror di produzione artigianale, in cui se mi sfracello a terra da un dirupo altissimo non ho bisogno di effetti speciali, tanto poi mi sveglio con il respiro mozzato e ancora tutta intera. Ma angosciata, ammaccata interiormente, preoccupata per questo malaugurio che inizia quando chiudo gli occhi la sera e prosegue per giorni interi, fino a quando una mattina mi sveglio e con grande sollievo non mi ricordo niente, come la maggior parte dei maschi che conosco: ma lì è questione di non possedere un inconscio.

Ovviamente cerco di darmi delle spiegazioni razionali: è tutta ansia, è il nuovo inizio, sono le sollecitazioni feroci del nuovo anno che è ricominciato, è che non ho ancora comprato i libri di scuola per mio figlio, è che non sono andata dal medico, è che ho male a un braccio e non mi curo, è che quando piove non ho mai l’ombrello, è che Trenitalia mi sta uccidendo, è che ho paura di non essere all’altezza di questo e di quello, è che il fango è la paura dello stallo, della vecchiaia, del tradimento, della morte, dei casini, dei rimorsi, un po’ di tutto. Il fango significa qualsiasi cosa, il ponte anche, Freud mi sta così antipatico che stanotte lo sognerò mentre cerca di accoltellarmi.

Comunque, stabilito che gli incubi sono il segno di un inconscio sovraccarico, non posso certo non presentarmi al lavoro perché ho fatto dei brutti sogni e sto ancora tremando. Quindi vado, con le occhiaie un po’ più profonde, sempre guardandomi le spalle, sempre un po’ in tensione, penso che anche i passanti che incrocio devono avere un’attività onirica, chissà come stanno, chissà se anche loro hanno sognato di venire divorati da un orso bruno.

Arrivo al lavoro, e per fortuna c’è il tempo per un caffè. I soliti convenevoli: come stai, com’è andata, sei qui, andiamo, domani, facciamo, ti chiamo, riunione. Noto però qualcosa di diverso. Anche gli altri hanno le occhiaie più profonde. Anche gli altri hanno quel pallore un po’ livido sotto abbronzature ormai scolorite. Ammetto che nessuno ha un’aria splendida.

Una persona con cui lavoro mi si avvicina e chiede: hai fatto tardi ieri sera? Io quasi mi indigno: ma no, sono andata a dormire prestissimo, ma ho fatto degli incubi terrificanti. Lo dico a voce un po’ più alta, forse per esorcizzare, direbbe uno psicologo, forse per cacciare via i mostri che mi stanno sulle spalle, forse per relegarli al mondo dell’immaginazione, e sento che in tanti si girano, interessati, e adesso con le loro occhiaie camminano verso di me. Che vogliano uccidermi a pietrate, come nel racconto di Shirley Jackson, La lotteria? Ormai ragiono solo in termini horror. Invece nessuno vuole ammazzarmi (per ora), vogliono condividere i loro incubi di stanotte: io ho sognato che avevo perso mia figlia di due anni in mezzo al mare, mi sono svegliata urlando e piangendo. Io ho sognato che un uomo mi inseguiva nella strada di casa e non trovavo le chiavi e urlavo ma non usciva niente dalla bocca e nessuno mi aiutava e credo che mi abbia uccisa con un coltello. Io ho sognato che il pavimento della mia stanza faceva entrare l’acqua e annegavo, ho ancora la sensazione di cercare l’aria sul soffitto. Sono tutte donne.

Ma ecco che un nostro collega si avvicina e dice: io ho sognato di fare indigestione di wurstel all’Oktoberfest, mi sono svegliato con il mal di pancia. Non so se valga come incubo, comunque ammetto che sembra un uomo sconvolto.

Il fatto che ci sia un’epidemia di incubi mi consola e mi inquieta al tempo stesso. Non sono l’unica a passare notti orribili, non sono l’unica a venire uccisa più volte in una settimana, non sono l’unica ad annegare di continuo e a cadere dall’alto senza possibilità di salvezza. Soprattutto non sono l’unica con queste occhiaie.

Penso abbia a che fare con l’età, oltre che con la disperazione di essere già in ritardo su tutto, e che chiaramente gli inseguitori con il coltello sono le scadenze, le richieste, e cosa fai a Capodanno, e che l’acqua alta deve avere a che fare con l’assedio, ma poi parlo con mia figlia, che ha diciott’anni, dorme dodici ore per notte e guarda moltissimi film horror, e mi dice che ha sognato anche lei il ponte. E il fango. E che è morta nel fango, ma tranquillamente, perché ha scelto di farlo “per la trama”. Cioè le sembrava più utile al plot dell’incubo non salvarsi affatto, e che mentre il ponte sprofondava comunque lei pensava a questo terzo gatto che qualcuno ha lanciato dal finestrino di un’auto e che dobbiamo assolutamente prendere. Insomma, era consapevole di sognare e di non dover prendere troppo sul serio la materia onirica, la materia mortifera, mentre io ogni mattina mi sveglio convinta di essere annegata.

Però mi chiedo: abbiamo sognato la stessa cosa? Com’è possibile, forse anche gli inconsci si ripetono? Del resto chiunque sogna di cadere e di annegare, chiunque sogna di uscire di casa in mutande, chiunque sogna almeno una volta di morire e di urlare senza voce. Forse anche l’inconscio si stressa con il cambio di stagione: gli chiedono troppe consegne.

Forse non ne può più, vuole andare in vacanza su un’isola greca, e la sua più grande conquista è, come sempre, maschile: l’indigestione da Oktoberfest.

Io in ogni caso cerco di salvarmi, e la sera bevo la tisana: sogni d’oro. Annuso essenze di rosa, ho comprato un cuscino anti incubi che mi fa malissimo al collo. Evito, come mia nonna quando ha compiuto ottant’anni, di guardare film ansiogeni: Biancaneve e i sette nani è già un thriller per me, con quella notte spaventosa passata nel bosco, con i rami degli alberi come artigli e gli occhi gialli dentro i tronchi nel buio. Bambi è insostenibile. Ma anche “Temptation Island” mi fa tantissima paura, con il falò di confronto. Sono andata al cinema a vedere “Vermiglio”, che è un bellissimo film, ma la notte ho sognato, in modo piuttosto didascalico, di morire di “strangolino” (non dirò cos’è, ma è brutto). Però so che non sono sola: ricevo messaggi di amiche sconvolte perché hanno sognato di cullare un maiale neonato morto tutto insanguinato, insomma non posso davvero lamentarmi. A tutte dico: è la stagione. Nella stessa giornata, poi, è successa una cosa mi rendo conto incredibile, che giuro essere vera: una mia amica mi ha detto di avere dormito malissimo perché ha sognato che le invadevano la casa e la riempivano di escrementi. Sacchi e sacchi di escrementi venivano rovesciati sul pavimento della casa senza che lei riuscisse a impedirlo. Direi che anche se nessuno muore, è abbastanza un incubo. Quindi io rido, lei anche, però sotto la risata c’è un po’ di angoscia su che cosa significherà questo sogno. Lei sostiene che sognare escrementi significa che qualcuno le vuole male. Ci lambicchiamo il cervello, cerchiamo di capire chi possa essere. Poi decidiamo di fregarcene, non sarà qualche sacco di escrementi a impressionarci, ma non ho il coraggio di chiederle che tipo di escrementi e chi è stato, nel sogno, a rovesciarglieli tutti in casa. Verso sera mi telefona un’altra amica e mi dice che non ce la fa più, ha passato una nottataccia con questi incubi che non le danno tregua. E’ amareggiata. Io cerco di consolarla, le dico guarda che è il periodo, il cambio di stagione, lo stress, la pioggia, l’autunno, il Natale alle porte, pensa che F. ha sognato che le riempivano la casa di escrementi. Lei resta in silenzio, poi urla: anche io!

Certo sono stupita, però forse anche questo è un sogno tòpos, e comunque chi sono io per giudicare la qualità e la coincidenza dei sogni altrui. La mia amica ha bisogno di sfogarsi, e io la ascolto raccontarmi che i rovesciatori di sacchi sono un vecchio e un bambino, entrati in casa con l’inganno. Non commento, non so che cosa dire, ma comunque è facile dare tutta la colpa ai troppi impegni. Consiglio la tisana: sogni d’oro, consiglio il cuscino che ti ammazza il collo, consiglio di guardare “Emily in Paris” o comunque qualcosa che non attivi il cervello in nessun modo. Scrivo alla mia amica angosciata e le dico: consolati, non succede solo a te, e le riferisco l’incubo di questa persona che lei non conosce. Si mette a piangere e mi dice che non me l’aveva detto perché si vergognava di dare troppi dettagli, ma gli invasori erano un vecchio e un bambino che la inseguivano ridendo con i sacchi pieni di escrementi, e poi li hanno rovesciati sul pavimento. Ora, qualunque essere umano privo di inconscio direbbe che ci sentiamo fino al collo dentro il contenuto di quei sacchi, ma io mi rifiuto anche solo di pensarlo.

Shirley Jackson, torna qui. Abbiamo un sacco di storie per te, in questo incubo di cambio di stagione.

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  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.