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ladruncoli e non solo

C'è un perché se si sbircia tra i conti correnti. Hannibal Lecter l'aveva capito

Mariarosa Mancuso

Cleptomani o spioni, perché desideriamo quel che abbiamo sotto gli occhi: il cinema offre una spiegazione

I grandi magazzini a Parigi erano appena stati inventati – e già nel 1883 trionfalmente entrati nella letteratura, con il romanzo di Émile Zola “Al paradiso delle signore”. E già esisteva una precisa casistica sulle ladruncole, avvantaggiate dal fatto che la merce era esposta sui banchi in tutto il suo scintillìo di sete, pizzi, taffetà, nastri e nastrini e cuffie, pezze colorate e bianco da corredo. Anche la Fiera del bianco fu inventata negli stessi anni, signore e signorine si strappavano la roba dalle mani, i commessi non potevano badare a tutto. Le vecchie botteghe parigine, che Zola aveva descritto in tutto il loro buio squallore, avevano pochi articoli, tenuti nei cassetti, esposti sul banco sotto gli occhi vigili della proprietaria che mai si distraeva.

La cleptomania, anche clinicamente, nasce con i grandi magazzini. E nasce la casistica delle ladruncole: alcune lo fanno per professione, e sono le più facili da acchiappare. Altre lo fanno “per mania, per una perversione del desiderio”, una nuova malattia nervosa che un alienista aveva già studiato.

“Desideriamo quel che abbiamo sotto gli occhi”, spiega Hannibal Lecter alla giovane e inesperta agente del Fbi Clarice Starling, cercando di inculcarle i primi rudimenti di un’indagine ben fatta. Ovvio che qui non si parla di cannibali, semmai viene in mente il celebre mangiatore di carta settecentesco Johan Ernst Biren, citato da Balzac: scriveva gli atti con elegantissima calligrafia e poi li divorava. (E considerate, signori, quanta ricca sapienza sul mondo e sugli uomini si ricava dai film e dai libri, prendendoli di sponda).
 

Desideriamo quel che abbiamo davanti agli occhi. E cosa aveva davanti agli occhi il funzionario di banca Vincenzo Coviello, dal mattino alla sera? Conti bancari su conti bancari, e ancora conti bancari. Magari con nomi celebri. Viene la curiosità di dare un’occhiatina. Un’occhiata e basta, sembra che a nessun euro sia stato torto un capello. Tutto quel che c’era è rimasto. A smascherare il guardone è stata l’occhiatina sul conto di una collega, sospettosa o solo precisa, ancora non è chiaro.


Come reato, allo stato dei fatti, c’è la violazione della privacy e il potenziale uso truffaldino delle informazioni. Non sembra essere accaduto nulla di simile. E’ come  sbirciare i pacchi che si ammucchiano in pianerottolo, spediti da Amazon o altri corrieri sfiziosi. Qui abbiamo portinai che se ne fanno carico, negli appartamenti americani c’è un locale apposito, e forse una sbirciatina l’abbiamo data anche noi per cercare di indovinare il contenuto (anche questa è una tentazione moderna, quando arrivavano i pochi pacchi del Postal Market nessuno li avrebbe mai degnati di uno sguardo). Anche tra i pacchi c’è una gerarchia, di moda o di civile consumo (uno poi magari scopre che sono sei scatole di caffè, neanche della marca che gli piace, e da allora lo sguardo curioso e avido si placa).

Le prime tv private hanno portato via i clienti ai cinemini porno. Finita l’era della Marilyn Video, pionieristica azienda che riprendeva indietro l’usato, ovverosia le cassette già viste – c’era il diritto di permuta – ora soffrono i canali sportivi, che stanno seguendo una singolare politica commerciale. Cresce l’obolo mensile e diminuiscono i contenuti. Vale anche per le piattaforme streaming, che non hanno neanche cercato un nome per mascherare l’imbroglio: moltiplicano i canali, e mettono in conto tre abbonamenti invece di uno. Certo, puoi disdire: ma l’offerta è talmente confusa che pensi di disdire Peppa Pig, e invece disdici “Futurama”. E’ la vecchia storia: i soliti guai o difetti – se “digitali” – acquistano una certa dignità.

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