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L'editoriale dell'elefantino

Londra oggi sceglie sul suicidio assistito, tra coscienze adamantine e fragilità

Giuliano Ferrara

Inghilterra e Scozia attendono il voto determinante sulla proposta. Una risposta intimamente perdente che si abbatte sulla nostra rassegnazione alla vecchiaia della libertà. Dentro una discussione che galleggia tra le preghiere delle religioni confessionali, proposte legislative e crociate in punto di diritto

L’Olanda se la cava un po’ meglio, in percentuale, ma in Canada il suicidio assistito, introdotto nel 2016, è la quinta causa di morte, in crescita. I liberali che puntano su coscienza individuale e diritti, sulla scorta di una iniziativa della Camera dei Lord e della sua replica da parte di una deputata laburista ai Comuni, sperano di introdurre la pratica anche in Inghilterra e Scozia, con una legge intanto approvata anche a Westminster, e il voto determinante è previsto per oggi. Anche noi siamo abbastanza avanti, per via di una sentenza della Corte costituzionale sulla scia dell’attivismo ultraliberale dei Radicali. In Francia non so bene, ma dopo l’aborto come diritto in Costituzione, passata la festa per la riapertura della cattedrale di Parigi, una specie di morselliana Parigi senza Papa, tutto è possibile. Gli argomenti prevalenti a favore si conoscono. Libera decisione di coscienza: voglio morire, preferisco una morte dolce con l’aiuto della scienza medica alla vita morente e dolorosa.

D’altra parte, con l’aborto come diritto è passata ampiamente l’idea della vita come accoglienza solo possibile, non come un fatto incontrovertibile, malgrado il grande affetto che circonda i bambini quando sono vittime di guerre non medicali. Gli argomenti contrari sono altrettanto importanti: non ci sono solo le coscienze adamantine dei signori di sé stessi, ci sono anche i vulnerabili, i disabili, gli scartati, coloro che la vita a un certo punto, per mille ragioni di disadattamento, pensano di non potersela più permettere, magari in molti casi per ragioni che alla lunga potrebbero essere reversibili (anoressia, isolamento sociale e famigliare, depressione grave eccetera). Inoltre è difficile stabilire che la medicina, statutariamente legata, prima del cristianesimo, all’aiuto a esistere, possa diventare facilmente, e senza sostanziali obiezioni di coscienza o altre gravi implicazioni, uno strumento per il nulla.

La discussione ferve, o galleggia, o alligna tristemente, tra preghiere encomiabili delle religioni confessionali, opposizioni razionali quanto sono o sembrano le proposte legislative favorevoli, crociate in punto di diritto e anche qualche cinismo da taglio della spesa pubblica improduttiva. Forse è da valutare anche un argomento per così dire generale, generalissimo, riguardante il destino delle democrazie e delle libertà civili, di cui il suicidio assistito vanta di essere un settore o sezione d’avanguardia, come l’aborto, l’eutanasia eccetera. Nel mondo premono società, paesi, strutture gerarchiche, poteri, popolazioni, scuole educative, chiese e sette battagliere: il loro comune denominatore è culturale, fate figli, vivete la vita, prolificate, siate onorevoli e aggressivi, non fatevi fregare dall’indulgenza dell’ideologia occidentale verso il senso della fine imminente, prendetevi un futuro forte, afferrate le occasioni, le opportunità, siate valorosi e combattete.


Forse è una brutta retorica, con implicazioni peggio che brutte, e sa di quella grande caserma in via di mobilitazione che è l’antidemocrazia antioccidentale, con le sue quinte colonne presenti anche in occidente. Opporre a tutto questo la nosta celebrata way of life, la nostra certezza di coscienza e la nostra idea di scelte razionali in possesso potenziale di ciascun individuo adulto, è ovviamente necessario, ma non basta. Il suicidio stoico e garantito dallo stato, posto che sia di questo che parlano le legislazioni di soccorso estremo a situazioni le più penose, potrebbe essere una risposta razionale e intimamente perdente alla pretesa di giovinezza del mondo e di violenza gladiatoria che rischia di abbattersi selvaggiamente sulla nostra razionalità intesa come mollezza, rinuncia, rassegnazione alla vecchiaia della libertà.
 

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.