L'impegno di tutti per salvare i nostri figli dai pericoli del web 

Michel Martone

Ormai ha quasi 11 anni, tra poco andrà alle medie e sente che sta per arrivare il fatidico momento in cui potrà pretendere il telefonino forte del fatto che non può essere l’unico della classe a non averlo. E temo che anche noi alla fine, dopo esserci confrontati con gli altri genitori, cederemo perché così fan tutti. In fondo è un nativo digitale e non possiamo farne un disadattato, l’unico della classe a non avere un telefonino anche se è evidente che fa male e crea dipendenza. All’inizio cediamo sul telefonino dicendoci che non lo lasceremo solo nel mondo digitale, salvo ben presto renderci conto che anche noi abbiamo una vita e che non possiamo stare sempre con lui. Quindi presi dai sensi di colpa, impostiamo il parental control, solo che nostro figlio è un maestro nell’utilizzare qualsiasi congegno digitale per connettersi e che comunque conosce il pin del nostro telefono. Allora blocchiamo le app più pericolose salvo poi accorgerci che ne usa altre, di cui neanche conoscevamo l’esistenza, ancora più pericolose. Infine ci rendiamo conto che nostro figlio è completamente dipendente, cambia umore non appena proviamo a togliergli il telefonino dalle mani, ha perso la capacità di annoiarsi e con questa quella, ancor più preziosa, di utilizzare la fantasia per giocare. 
Ma ormai è diventato un adolescente che invece di uscire con gli amici preferisce indossare i panni del suo avatar digitale per compiacersi di tutti i like che riceve ogni volta che pubblica un post con il quale mostra al mondo, o meglio ai suoi follower, un’immagine taroccata di sé perché quella reale non è all’altezza di quelle, altrettanto false, pubblicate dai suoi amici. A quel punto comincia ad accadere che, ormai quattordicenne, ha appaltato buona parte della sua vita sociale a quel maledetto strumento ma non è più possibile toglierglielo dalle mani neanche quando viene bullizzato dagli stessi follower che in passato lo ammiravano, perché i suoi amici stanno tutti sul telefono e i social sono diventati il luogo in cui è più facile fare nuove amicizie. Il problema è che quei social ormai offrono funzionalità che possono essere devastanti per la fragile psiche di un adolescente come ad esempio snapmap che consente a ogni ragazzo di sapere in tempo reale dove si trovano i suoi amici e, ad esempio, di capire in tempo reale che è l’unico della sua classe a non essere stato invitato a quella particolare festa. 

E che, anche per questo, non ha più voglia di uscire perché, seppure ognuno di questi accadimenti preso singolarmente non sembra così grave, tutti insieme congiurano nel farlo sprofondare in una precoce depressione. A quel punto cominci a documentarti e scopri che i grandi magnati della Silicon Valley negano ai loro figli l’uso del telefonino. Poi cominci a leggere le statistiche e realizzi che i problemi di tuo figlio sono quelli di un’intera generazione che, come ci spiega jonathan haidt, ormai vive nell’ansia quando non sprofonda nella depressione, come dimostra il crescente numero dei suicidi. E così realizzi troppo tardi che, seppure così fan tutti, in fondo la colpa è  anche dei genitori che non sono stati in grado di preservare i loro figli dalla contaminazione digitale. 
Per questo, seppure per cultura non amo le leggi che si intromettono nelle scelte dei privati, oggi condivido, per quanto drastica, la scelta del legislatore australiano di proibire l’uso dei social agli under 16. Per salvare i nostri figli dai pericoli del digitale non basta l’impegno dei singoli, serve quello di tutti.