Vietare i social, ma invertendo la soglia: non sotto i 16 anni, sotto i 61
Giusto vietare i social ma la soglia dei 16 anni non va bene, la cifra andrebbe capovolta: 61. L’ispirazione me l’ha data Platone che in “Leggi”, dialogo a dire il vero non poco statalista, propone di vietare il vino ai minori di anni 18, di consentirlo con moderazione a ventenni e trentenni liberalizzandolo del tutto solo dopo i quaranta: “Quando un uomo entra nel suo quarantesimo anno può invitare Dioniso a partecipare al sacro rito dei vecchi, e anche alla loro allegrezza, che il dio stesso ha donato agli uomini per alleggerire il loro fardello, ossia il vino”. I quarantenni dell’Antica Grecia sono i sessantenni del Moderno Occidente, chiaro, mentre gli ebbri simposi di Platone corrispondono ai social di Zuckerberg e Musk per quanto riguarda la socializzazione. A quarant’anni allora e a sessant’anni oggi quello che è fatto è fatto, se vuoi rovinarti accomodati. Ma prima no, prima bisogna conservare il cervello. Usandolo. Vedo che l’incombente (per adesso solo in Australia) divieto parziale di social ha un gran numero di oppositori, con argomentazioni spesso ragionevoli. Ma ancor più ragionevole mi sembra provare a salvare l’uomo dalla macchina che lo sta divorando vivo. Possibilità di riuscita? Temo modeste, e però sarebbe da ignavi non provarci. Che poi questa normativa, all’apparenza illiberale, potrebbe essere paradossalmente liberante. Moreno Pisto l’altro giorno su Mow ha dato la più contemporanea definizione di socialismo: “Società in cui regna il tribunale dei social”. Tutti i social, a parte, in parte, X, sono il regno della censura con relativa autocensura (io ormai su Instagram devo stare attento a postare chiese, ponti, anolini in brodo: sì, erano questi i soggetti delle foto, evidentemente troppo audaci, che mi hanno causato gli ultimi avvisi di violazione degli standard). Chi vive sui social vive determinato dall’algoritmo, si macchinizza senza accorgersene. Il divieto di social è uno sprone a strapparsi le catene digitali di dosso. Viva l’Australia! Viva la nazione di ex galeotti che esorta all’evasione!