Un passaggio al livello sui social non può che fare bene

Marco Simoni

Una misura che somiglia all’invenzione della patente di guida per maggiorenni. Ci vollero decenni per regolamentare il caos, il pericolo e gli incidenti. Con i bambini la responsabilità è tutta nostra, con gli adolescenti sono invece per un dialogo preventivo

Il divieto di accesso ai social network fino ai 16 anni può sembrare una misura che somiglia all’invenzione della patente di guida per maggiorenni. Non ci si pensa, ma ci vollero decenni per regolamentare il caos, il pericolo e gli incidenti causati dall’automobile e dalla sua velocità. In Italia i primi limiti legali d’età alla guida arrivarono solo nel 1933. All’inizio del secolo tante tecnologie nuove, difficili da controllare, cambiavano la vita delle persone. E la frase che ho appena scritto tornerà utile nel 2124. Non penso però che vietare i social ai bambini sia come mettere il primo semaforo, perché l’utilità dell’automobile nel progresso dell’umanità è indiscutibile, l’utilità dei social network invece è quantomeno dubbia. Io personalmente ho molta nostalgia di quando si diventava influenti per le cose che si erano fatte. Ora invece si fanno delle cose, diventare ministri per esempio, in quanto influencer. Ma non è solo l’avanzare degli anni a rendermi critico: dubito, infatti, che il me cinquantenne del 1924 alla guida della sua nuova decapottabile (si chiamava “Ford T Runabout”) avesse nostalgia del suo ronzino. Diciamo che non ci è chiaro se i social sono l’automobile – magari prima dell’invenzione dei freni – oppure il dimenticato dirigibile. Ma nel frattempo che proviamo a capire come far sì che la potenza di questi straordinari strumenti sia usata a nostro vantaggio, piuttosto che a vantaggio solo di chi li fa, perché non provare a mettere almeno qualche passaggio a livello? In fondo, abbiamo buone ragioni nel vietare ai bambini cose che possono fare male ma portano bellezza alla nostra vita, come il vino: aspettiamo che siano abbastanza maturi da cercare un equilibrio tra il male e il bello. Allora perché non vietare, almeno ai bambini, cose che spesso portano bruttezza alla nostra vita e probabilmente fanno anche male? Con i bambini la responsabilità è tutta nostra e dobbiamo prendercela, con gli adolescenti sono invece per un dialogo preventivo. Nel sondaggio del mio tinello il divieto ha vinto col 100 per cento dei voti. 
 

Marco Simoni è professor of Practice all'Università Luiss