Il processo
Aggiorno una mia vecchia proposta: portiamo le ragazze al poligono di tiro
In Francia si è concluso il processo contro cinquantuno imputati, tra cui l'ex marito, condannati per aver ripetutamente commesso stupri aggravati per ben nove anni contro Giséle Pélicot mentre era in stato di incoscienza indotta
Proprio quando avevo concluso – da femminista mai pentita ma ragionevole, che la penosa avventura mediatica e giudiziaria del #MeToo era da prendere in alcuni casi con le pinze – arriva la conclusione del processo contro cinquantuno imputati condannati per aver ripetutamente commesso stupri aggravati per ben nove anni contro una donna mentre era in stato di incoscienza indotta. Dispiace molto non aver trovato da nessuna parte il nome d’origine della madre di tre figli adulti e nonna di sette nipotini; si è costretti a chiamarla Giséle Pélicot, il nome del (ora ex) marito. Poiché un maschio a me caro ha diffidato dell’inconsapevolezza della stuprata, mi accorgo che in molti non hanno approfondito il caso, è obbligatorio entrare nel dettaglio.
Dominique Pélicot (72 anni) allietava la pensione invitando, su un sito web a chiave, totali sconosciuti a recarsi a casa sua per violentare la moglie in coma profondo, grazie ai farmaci che il maritino schiacciava e mescolava nelle pietanze che le serviva a cena. Gli “ordini di scuderia” erano: togliersi le scarpe in cucina per non fare rumore. Lavarsi le mani e non mettere profumi né fumare per non lasciare tracce olfattive nella camera e rischiare di risvegliarla. Una delicatezza. Il preservativo era facoltativo, e quasi sempre assente; uno della “comitiva” era pure sieropositivo. Per una malefica sincronicità, cinquantuno sono anche gli anni del matrimonio Pélicot. Alcuni hanno approfittato della generosità di Pélicot marito molte volte; altri meno. Per nove lunghissimi anni, sempre con documentazioni filmate per godersi la “goliardata”. Il marito filmava e fotografava gli stupri, che poi proiettava in bavosa compagnia degli altri protagonisti/delinquenti di-tutti-i-giorni. Everyday criminals: erano pompieri, artigiani, qualche disoccupato, pensionati, di ogni età adulta, tra i trenta e gli over settanta. Giséle ha sofferto di noiose malattie veneree durante quegli anni ma miracolosamente niente di grave. Forse perché il premuroso consorte lavava accuratamente le parti intime di Giséle dopo aver ripreso l’ultimo ciak.
Prima della scoperta, la vittima designata soffriva di sintomi che i medici non riuscivano a diagnosticare: grandi stanchezze incomprensibili, problemi di memoria, mancamenti, vuoti improvvisi. Si pensava a un inizio di Alzheimer, o di un tumore al cervello. Si è scoperta l’infamia indicibile solo per un altro vizio di Dominique: filmare sotto le gonne delle clienti mentre facevano la spesa al supermercato. Scoperto in flagrante, la polizia ha poi trovato nel suo computer le prove inconfutabili dei suoi exploit: messaggi, inviti, fotografie, filmati pornografici di donne ignare (anche la figlia e le nuore). E’ così che la moglie e nonna di 72 anni ha scoperto l’origine dei suoi malanni inspiegabili. Dalla polizia.
E’ di ieri la notizia di Tony Effe “censurato” dal sindaco Gualtieri al concertone di capodanno al Circo Massimo, con gargarismi sulla “libertà d’espressione” di Mahmood e altri “colleghi” della stessa casa discografica del rapper. Un assaggino dei testi incriminati: “Lei la comando con un joystick / Non mi piace quando parla troppo / le tappo la bocca e me la fotto, shh” (…). “Arriva Tony, inizia il party / Volano schiaffi e reggiseni da ogni parte / con una sola botta faccio due gemelli”. (…) “Rossa, bella e maleducata / Basta che a letto fa la brava” (…). “Prendo una bitch, diventa principessa / Le ho messo un culo nuovo, le ho comprato una sesta (…)”. Mi dici che sono un tipo violento / Però vieni solo quando ti meno”.
Dicevo dei ripensamenti sulle critiche al #MeToo (by the way: in Italia il “movimento” fu stroncato sul nascere; Buon Natale!). Volevo che le attrici-vittime si assumessero le proprie responsabilità nell’accettare inviti in camera d’hotel, vestite con popò e poppe di fuori, con produttori che le accolgono in accappatoio. Non cambio idea, ma abbasso il dito alzato, tra stalker, efferati femminicidi quotidiani, stupri di gruppo di ragazze drogate o annegate nell’alcool, come quello della banda ubriaca fradicia di Grillo junior che si giustifica proclamando: ”Ma lei ci stava! Le piaceva!”. Ritiro una mia vecchia proposta, fatta in una mia fu rubrica: insegnare obbligatoriamente le arti marziali alle bambine sin dalla scuola materna. Non basta. Portiamo le piccine direttamente al poligono di tiro, con porto d’armi a quindici anni, e avvocati in servizio effettivo permanente. Gratis. E vaffanculo il patriarcato.
La riflessione