c'è bisogno di una svolta
No, non è mica facile piantare alberi
Da Roma a Milano, tutti vogliono le città alberate, ed è giusto. Ma oltre agli slogan serve molto altro
Gli alberi (e non solo in città) hanno un solo grande problema: bisogna saperli piantare. Che sembra una cosa facile, scavi una buca e poi ricopri. Sembra facile. Quando si pianta un albero bisogna avere uno sguardo lungimirante, che va da qui a 130/150 anni – il tempo di vita media di un albero. Ora, noi siamo tutti immersi in questo fantomatico qui e ora, tutti impegnati a godersi l’attimo, pensate se quando piantiamo un albero in un luogo pensiamo a come sarà quel luogo e quell’albero tra un secolo. Questo è il problema. Se trovassimo il modo di superare questo scoglio avremmo solo benefici dagli alberi. A parte la loro bellezza, fanno ombra, e non è poco, anzi. Poi sudano, cioè, evapotraspirano, quindi sono come dei condizionatori d’aria sostenibili, altro che fonti rinnovabili. Provate a misurare la temperatura sull’asfalto e sotto un albero: vedrete la differenza. A livello planetario, la temperatura è aumentata di un grado, nelle città sta schizzando in alto perché cemento chiama cemento.
Come frenare questa tendenza? Bisognerebbe raggiungere una copertura alberata di almeno il trenta per cento. Solo così le città sarebbero avvolte da una piacevole frescura. Roma è al nove, Milano al sei, Napoli al tredici per cento. Quindi lo slogan “pianta più alberi” è giusto. Affinché sia credibile ed efficace, però, bisogna imparare a piantare gli alberi, dunque a programmare lo spazio urbano. Non pensare solo al giorno dopo, cioè a fare fate due foto alla scolaresca insieme al sindaco e all’assessore per i lavori pubblici che con la vanga hanno scavato la buca e piantato l’alberello. Bisogna pensare agli anni che verranno. Sapeste quanti alberi sono piantati male. Col colletto troppo sotto terra, la via privilegiata per garantire un bel marciume, o troppo sopra la terra con le radici in superficie, pronte alla disidratazione. E se si indeboliscono le radici, pensate allo stress che subisce l’intera pianta. Non basta piantare, bisogna curare, cioè progettare lo spazio a loro disposizione. Altrimenti li facciamo vivere in un metro quadro di terra, circondati dall’asfalto.
Ma secondo voi, se così stanno messi, se l’acqua non arriva, come devono fare ’sti poveri alberi? Certo che sfondano l’asfalto con le radici. Poi, sempre in un’ ottica di pensiero lungimirante, è essenziale la potatura. Qui si apre il capitolo più tragico e per molti tecnici agrari il più straziante. Alla potatura si preferisce la capitozzatura. Vietata in teoria ma di fatto quella più usata. In pratica, gli alberi diventano pali della luce. Un obbrobrio (avrei voluto farvi vedere come pochi mesi fa hanno ridotto gli olmi di via di Donna Olimpia, a Roma). Voi dite: ma così almeno non cadono. No, al contrario, così cadono di sicuro. Cosa fa un albero senza foglie? Come la fa questa benedetta fotosintesi? Niente, deve rimettere al più presto un po’ di rami ma se non c’è il motore, cioè le foglie, dove prende energia per ricostruire il motore? Dalle radici, perché gli amidi di riserva vengono accumulati lì, dunque per ricostruire un minima superficie fogliare le radici si indeboliscono e con loro la pianta. Questa ricaccerà rami più deboli, senza una minima forma. Pronti a cadere con il prossimo soffio di vento. Nemmeno voglio accennare alle ferite che i potatori da strapazzo con motosega alla moda causano alla pianta. Quelle ferite sono la porta d’ingresso di malattie di ogni tipo Poi, siccome, ci piace piantare le stesse specie di alberi, finisce che la malattia invade interi filari. Piantare alberi è la speranza per le città del futuro, ma è necessario possedere una buona cultura agronomica, urbanistica e architettonica. Visto lo stato dell’arte di queste discipline, mi sa che piantare alberi rischia di diventare pericoloso.
L'editoriale dell'elefantino