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Diario dalle sale d'attesa per i possessori di carta fedeltà, una liturgia di treni e tartine

Claudio Giunta

La delizia del viaggio è il club esclusivo in stazione, dove benestanti viaggiatori si intascano brioche e caramelle. Il lusso ferroviario raccontato senza ipocrisie, con pagella di tutti i FrecciaClub

Da settimane, da mesi ormai, si patiscono disagi sulle linee dell’Alta Velocità, soprattutto perché i comunisti sabotano le centraline, le minoranze etniche rubano il rame, gli aspiranti suicidi anziché ingerire barbiturici si buttano sotto il treno così poi tocca pulire agli altri. Ritardi, appuntamenti saltati, coincidenze perdute, fastidio, noia, stanchezza, e di conseguenza l’indignazione, le proteste nei confronti di Trenitalia, di Italo, del ministro latitante, che al posto di pensare al Ponte sullo Stretto dovrebbe far arrivare i treni in orario. 

Uomo di mondo, viaggiatore esperto, utente assiduo dell’Alta Velocità, vorrei anch’io protestare, ma non contro Trenitalia o Italo o il ministro: contro quelli che protestano. Ma non avete pudore?
Si vorrebbe resistere alla tentazione, mostrare che non si crede che i comici bravi dicano sempre la verità, ma come non ricordare lo sketch dell’aereo di Louis CK? “Che cosa terribile”, piagnucola un tizio, “c’è voluta mezz’ora per imbarcarci, e poi per quaranta minuti…”. “E poi cosa?”, ribatte Louis CK, “e poi non hai forse volato attraverso l’aria, come un uccello? Non hai partecipato al miracolo del volo? Santo cielo, sei seduto in una poltrona nel cielo!! Fino a poche generazioni fa per attraversare l’America non ci volevano cinque ore ma trent’anni. Quello che arrivava in California era un gruppo di persone tutto diverso da quello che era partito dalla costa est!”.

Non che ci volessero trent’anni, quand’ero un ragazzino, per andare da Torino a Firenze, ma era comunque un viaggio, un viaggio vero, tanto che i miei genitori ci sono andati, prima e unica volta nella loro vita, in luna di miele. Andarci per un fine settimana era come, oggi, fare il fine settimana a Tangeri, solo molto più scomodo, perché ci volevano sei ore di ferrovia puzzolente, con cambio a Genova e a Pisa. Oggi ci vogliono meno di tre ore e si sta da Papi: con il tavolinetto per scrivere, le salviettine umidificate, il wi-fi, la musica, i film, l’edicola online, persino i corsi di lingua. E nelle classi dei ricchi anche il parallelepipedo di carta con dentro il paninetto e il biscotto e l’acqua. E il bar con personale cortesissimo, il caffè buono, le brioche non fresche ma mangiabilissime, il menù di uno chef-stilista a prezzo ragionevole. Ma che cosa volete di più, nello spazio di una generazione? La telecinesi? Io me li ricordo, gli intellettuali-trottola che vent’anni fa protestavano contro l’Alta Velocità: l’inquinamento delle sorgenti appenniniche, l’impronta ecologica, le mucche terrorizzate dal rumore che non faranno più latte, “lo stupro degli Appennini”. Il regionale in terza classe, dovrebbero prendere, per le loro concioni sulla crisi dell’umanesimo all’Auditorium di Roma. Invece o prima classe sul Frecciarossa o niente, ‘sti ipocriti. 

Tornando a noi, l’AV era già una meraviglia, un immeritato dono degli ingegneri agli uomini; ma non c’è limite al bene, e così dopo l’AV hanno inventato il CLUB ESCLUSIVO per i possessori della CartaFreccia. 
E’ quello che mancava alla felicità. Perché nonostante i poveri si ostinino a dormirci dentro, le stazioni, per lo più, non sono accoglienti. Nelle normali sale d’attesa, ammesso che ci siano, si sta più male che bene, soprattutto d’inverno, quando per colpa dell’iper-riscaldamento una nebbiolina sudata esala dai corpi dei viaggiatori, e soprattutto d’estate, quando l’aria condizionata non funziona o funziona male e gli stessi corpi traspirano. Restare fuori? E’ sempre un’opzione, ma poche cose sono così tristi come l’atrio di una stazione, se uno deve passarci non un paio di minuti ma un’ora. Il vecchio caffè di fronte ai binari? Non c’è più, è stato sostituito da caffetterie in franchising che vendono più o meno tutte le stesse brioche iperlipidiche, con l’aggravante delle luci basse e della musica a palla anche alle sette del mattino. 
Ma da quando c’è il FrecciaClub tutto questo non c’è più. 

Io sono Carta Oro, ma aspiro al Platino. Aspiro non nel senso che ho una reale chance di ottenerla (ci vuole un numero di punti esorbitante, in pratica non bisognerebbe scendere dal treno per mesi; ma credo dia vantaggi da mille e una notte, tipo guidare il treno nei rettilinei) ma nel senso che è una delle quattro o cinque cose, dei quattro o cinque beni materiali che davvero mi piacerebbe possedere. 
Come la religione: è bello il concetto, ma è soprattutto bella la liturgia. Il FrecciaClub è un luogo di difficile decifrazione, per il viaggiatore ignaro. Molti, specie gli stranieri, ci mettono un po’ a capire che quella non è una sala d’attesa aperta a tutti ma la sala riservata ai possessori di CartaFreccia. Strofinano la macchinetta che c’è all’ingresso con dei pezzi di carta, con lo schermo dello smartphone, premono tasti a casaccio, ma niente. Li scosto gentilmente, passo la mia CartaFreccia, entro mostrandola al desk, faccio capire con un gesto consapevole che quelli che mi seguono non stanno con me, che probabilmente non hanno diritto di entrare, che vanno controllati. Vengono controllati, fermati sulla soglia, respinti in direzione del McCafé.

Dentro, fino a un po’ di tempo fa, era il paese di cuccagna. A parte le poltroncine di design e i tavoli satinati, c’era il banco FOOD & BEVERAGES, totalmente self-service, con caffetteria varia, bevande in bottiglia o lattina, friandises. La gente faceva la spesa. Com’era la massima di Marx? Qualcosa come “liberate gli esseri umani dalle cure materiali e questi diavoli diventeranno angeli”. Quanto poco bisogna conoscere gli uomini per dire una sciocchezza del genere? Gli utenti del FrecciaClub – questi signori in completo blu, queste signore in tailleur – sono tutti liberi dalle cure materiali primarie, hanno tutti di che mangiare, loro e i loro figli; ma sembra che non abbiano mai mangiato. Tremenda, tremenda è l’attrazione del gratuito: come quando ci si abboffa come porci a colazione in albergo, ma con in più la fretta di chi deve prendere un treno e intanto controlla la posta sul cellulare, e cerca di darsi un contegno mentre imborsa merendine, bustine per il tè o la tisana, caramelline a manciate, tovaglioli di carta, persino le posatine di legno. Chi ha dei dubbi sulla ferinità dell’essere umano, chi crede alle frottole di Rousseau faccia un giro al FrecciaClub, si metta in un angolo a osservare questi enormi glabri criceti, prenda appunti: disperi. 

Così, prima di chiudere per fallimento, Trenitalia ha pensato bene di eliminare le bevande in lattina e mettere al loro posto degli erogatori, che almeno non si possono portare via (per quanto…); di centellinare il numero delle bustine per il tè o la tisana, una-due al massimo on display, di non riempire la bacheca di yogurt, tortine, tramezzini, ma di metterne pochi alla volta, di alternare i pieni ai vuoti. Un cameriere sorveglia discretamente da lontano. Funziona? Si immaginano, a monte, indagini di mercato, parcelle salate di psicologi sociali e nutrizionisti. Parrebbe che funzioni: ci sono sempre le eccezioni, ma in generale non si vedono più quei piatti pieni, quelle tote bag debordanti, col maglione sopra a coprire la refurtiva.

Come tutto, in città, anche il FrecciaClub cambia a seconda delle ore del giorno. Tra le 7.30 e le 8.30, o tra le 17.30 e le 19, è come la spiaggia a Ferragosto: ci sono tutti. E’ anche l’ora in cui è più facile trovare persone note, facce viste alla televisione. A Torino Porta Susa ho visto più di una volta Oscar Farinetti, molto gioviale e alla mano. A Firenze una volta Ezio Greggio, che anche visto da molto vicino – ho fatto la prova – non dimostra assolutamente i suoi settant’anni. A Roma, molti deputati e senatori, molti giornalisti orribili (non c’entra, ma è accaduto questo: una volta quelli orribili erano i deputati e i senatori; adesso sono certi giornalisti molto assidui alla televisione). In tarda mattinata sembra il mare d’inverno, specie nei FrecciaClub più piccoli (Venezia, Roma Tiburtina, Torino Porta Susa), ed è più facile fare due chiacchiere con gli impiegati di Trenitalia. Se si è regolari nell’orario, dopo un po’ si cominciano a riconoscere le facce, e ad essere riconosciuti dagli impiegati al desk, dagli addetti alle pulizie, e da certe consuetudini può nascere anche qualcosa, stupisce che nessuno sceneggiatore ci abbia pensato per una di quelle belle commedie di costume con Frank Matano o Massimo Ghini: Natale al FrecciaClub (pitch: “24 dicembre, mentre tutta l’Italia si mette in moto per festeggiare il Natale in famiglia, una gigantesca nevicata blocca le ferrovie dell’intero paese per tutta la giornata. Nel tepore del FrecciaClub, la Carta Platino Massimo Ghini rovescia un caffè bollente addosso a Frank Matano, che è entrato nel FrecciaClub di straforo, e nel momento dell’incidente stava per essere accompagnato alla porta dai responsabili di sala. Matano simula un’ustione, lo fanno sedere su una poltroncina, lo svestono, non ci sono segni: ‘E’ sottocutanea’, dice lui, e via così per dieci minuti di equivoci e battute contro i meridionali, finché dalla porta non entra…” – completare a piacere con un sotto-plot sentimental-sessuale).

Quanti e quali sono i FrecciaClub? Sembra una di quelle informazioni che non ci si mette niente a ottenere, anche perché non possono essere mille, e invece ecco che le fonti divergono. Chiedo a ChatGPT e la risposta è: Milano Centrale, Roma Termini, Napoli, Firenze, Torino Porta Nuova, Bologna, Venezia, Verona, Bari. Ma non è vero: dov’è finita per esempio Torino Porta Susa? E il futuro dell’umanità sarebbe in queste mani? Per fortuna mi sono iscritto a DeepSeek. 

Interrogata sul punto, DeepSeek risponde che “le stazioni italiane dotate di un FrecciaClub di Trenitalia sono le seguenti”: Milano Centrale, Roma Termini, Napoli, Torino Porta Nuova, Firenze, Bologna, Venezia, Verona. Qui andiamo peggio: non solo non c’è Torino Porta Susa, o Roma Tiburtina, ma è saltata anche Bari. Meglio consultare le fonti ufficiali, la pagina dedicata di Trenitalia, che riporto pari pari: “I FrecciaClub, riservati ai titolari di CartaFreccia Argento, Oro e Platino sono presenti in prossimità dei binari AV nelle stazioni di”: Roma Tiburtina, Torino Porta Nuova, Torino Porta Susa, Bari, Salerno, Padova, Mestre, Venezia, Verona. Peggio che peggio! Adesso c’è Torino Porta Susa, ma non c’è Roma Termini. E Bologna dov’è finita? Mah. 

Nell’attesa che qualcuno faccia bene i conti e ci dica quanti sono i FrecciaClub nelle stazioni italiane, pubblico qui il mio personalissimo cartellino valutativo partendo dal nord-ovest, a scendere:

FrecciaClub Torino Porta Nuova.

Francamente, non all’altezza di questa nobile ex capitale: troppo piccolo, sacrificato, più una specie di confortevole sottoscala che una lounge room (ma diciamolo: l’intera stazione, bellissima da fuori, ambiziosamente ristrutturata qualche anno fa, non è davvero accogliente, soprattutto se si arriva a piedi da sud, da via Sacchi, con quell’interminabile muro ammuffito che costeggia i binari del tram, calamita di immondizia, rottami, deiezioni). Voto 5.

FrecciaClub Torino Porta Susa.

Meglio, decisamente. Bel locale lungo, con una bella luce crepuscolare, nell’insieme confortevole, ben allestito, a volte con musichina un po’ troppo insistente, e un mobiletto-espositore in truciolato scuro che vanamente mi sono adoperato perché venisse eliminato. Io: “Vede bene che non si sposa bene con gli arredi moderni della sala”; l’addetto al desk: “Ma va’ a cagare, imbecille” (ma solo nel pensiero, perché il personale è educatissimo). Voto 7. 

FrecciaClub Milano Porta Garibaldi.

Non c’è, quindi il viaggiatore avvertito eviterà in ogni modo di partire da Porta Garibaldi. 

FrecciaClub Milano Centrale.

Qui la Capitale Morale ha dato il massimo. Era già bello prima, quando ha aperto, nel suo ampio spazio monumentale sul lato destro della stazione, davanti ai binari. Poi lo hanno ristrutturato (e per qualche mese si stava al piano terra, in un interim tollerabilissimo) e il risultato è questa sala veramente da signori, ariosissima, con profluvio di sedie e poltroncine e poltrone che sembrano chaise-longue, come negli aeroporti internazionali, e zone riservate per le riunioni. Bagni un po’ piccoli, con porte a scorrimento non proprio convincenti. E, mentre negli altri FrecciaClub si pilucca, qui due volte al giorno si può proprio fare un mezzo pranzo o una mezza cena (pizza, prosciutto, parmigiano), serviti da addetti così cortesi e disponibili (e affiatati, si direbbe dai discorsi) che uno ha quasi ritegno a chiedere. Però d’inverno DOVETE CHIUDERE le porte di vetro che comunicano con la zona-binari, altrimenti ci si ammala. Non c’è un accesso separato per gli operai, per gli addetti ai servizi di ristorazione? La Qualità Totale allora è un vago slogan? Voto 9. 

FrecciaClub Padova.

Eh, insomma, molto molto molto allo stretto. Voto 5.


FrecciaClub Venezia.

Va bene, freddino ma va bene. Ma la verità è che con il Canal Grande alle spalle, con quella luce, andrebbe bene quasi tutto. Voto 7. 

FrecciaClub Verona.

Provvidenziale, in mezzo allo snodo ferroviario nord-sud ed est-ovest, uno s’immaginerebbe il pienone, la ressa, invece è quasi sempre semivuoto. Il personale è gentilissimo, fino all’abnegazione (nel vuoto della sala ogni tanto ascolto involontariamente, apposta, le conversazioni con clienti molesti che farebbero perdere la pazienza a Giobbe). Ottimi i bagni. Voto 7.5.

FrecciaClub Genova.

Non c’è, perché l’AV quasi non riguarda Genova. Peccato, o forse è meglio così, perché sia Brignole sia Piazza Principe hanno quei bei saloni monumentali che un FrecciaClub guasterebbe un po’. 

FrecciaClub Bologna.

Ma a Bologna è tutto bello, perché ci sono i bolognesi, e la loro aura di simpatia e umanità stinge per forza di cose anche sul FrecciaClub. Del quale apprezzo l’ingresso con immediata vista-desk (“Buongiorno”: “Buongiorno”), la sala, piccola ma confortevole, anzi spendiamo la parola cozy, del resto così intonata a ogni fatto o esperienza bolognese, la ben netta separazione tra banco-bevande e banco-cibo. Bagni non impeccabili, un po’ sacrificati. Voto 7 ½ (eh sì, è comunque piccolo). 

FrecciaClub Firenze.

Qui non vorrei che l’affetto per la città facesse velo al giudizio, ma insieme a Milano mi pare il FrecciaClub più bello, più confortevole. Anche il più necessario, perché la stazione di Firenze, come involucro, è bellissima, il capolavoro moderno che si sa, ma intorno all’involucro c’è la Piazza della Stazione, che nonostante il riordino post-tranvia resta un marasma di acciaio e cemento. E dentro l’involucro, nella stazione, c’è – come dire – tanto disordine, tanta anomia. Voto 8.5. 

FrecciaClub Roma Tiburtina.

Piccolo paradiso. Conservate il segreto, perché non ci va nessuno. Di fatto, credo nasca da un generoso errore di valutazione, perché alla fine, pochi partono con l’Alta Velocità da Tiburtina. I romani di Roma est, forse. Ma chi viene da fuori quasi ignora l’esistenza della stazione Tiburtina, riparte da Termini. Quelli che arrivano dalla provincia alla stazione degli autobus lì davanti? Ma quelli non hanno la Cartafreccia. Peccato, perché si privano tutti del raro piacere, rarissimo a Roma, del silenzio e della non costipazione. Certo, un po’ algido, al crepuscolo persino un po’ sinistro. Voto 8 (non può stare sopra Milano Centrale o Firenze, in fondo è solo un camerone sopraelevato).

FrecciaClub Roma Termini.

Sarebbe un lungo discorso. La premessa, che giustifica e scusa: non esiste luogo fisico idoneo a contenere tutti i partenti da Roma Termini con CartaFreccia, soprattutto nelle ore di punta dei giorni lavorativi: bisognerebbe espropriare le biglietterie, la libreria, l’edicola, i fast-food, allungarsi su via Giolitti. Ci hanno provato. Fino a qualche mese fa si entrava al piano terra e ci si trovava in una sala anche ampia, anche confortevole, ma satura di valigie, fiati, pance, natiche. Non ci si girava. Allora i più sportivi facevano due piccole rampe di scale e trovavano pace nella saletta di sopra, che andava anche bene, nelle ore non di punta, ma aveva bagni insufficienti, non di rado fuori servizio. Il nuovo FrecciaClub lo hanno fatto nel grande atrio d’ingresso, al primo piano, ma tutte le volte che ci vado ho una sensazione di preventiva spossatezza simile a quella che mi prende fuori dalla stazione all’inizio di una giornata romana in cui so già che ogni cosa – spostarsi da qui a lì, prendere un caffè, chiedere un libro in consultazione, ripararsi dal sole o dalla pioggia – sarà una battaglia. Quindi è giusto che il FrecciaClub di Termini sia così, alla fine: una bella, defatigante confusione. Voto 6 ½ (invecchio, aspiro soprattutto al vuoto).

FrecciaClub Napoli.

Ma ottimo, ottimo. Come a Tiburtina, si sale al primo piano, e la salita già scoraggia o depista una parte degli aventi diritto; poi sopra ci si accomoda in un camerone ampio, spoglio, probabilmente lo spazio meno popolato dell’intera città di Napoli.

FrecciaClub sotto Napoli. Niente, a parte, forse, FrecciaClub Bari.

Ma c’è? A me pare che non ci sia. Internet dice “Momentaneamente chiuso. Dettagli in arrivo. Nel frattempo vieni a trovarci in stazione”. Ma non è invece che non l’hanno mai aperto? 

Dirà il lettore attento: ma Italo? C’è anche Italo, infatti. E la relativa Lounge Italo Club per viaggiatori provvisti di biglietto E ANCHE di tessera Italo con punteggio adeguato. Ho anche quella. Italo, si capisce, ha dovuto inseguire. Ha molta meno storia, molti meno soldi, molti meno viaggiatori ecc. Privato, non pubblico. Treni un pochino meno lussuosi del Frecciarossa, ma anche mediamente meno cari; niente bar a bordo, una sensazione – magari anche infondata – di minore spazio per stendere le gambe, per appoggiare il computer, ma sempre in un ambiente confortevole: anche qui il lamento sarebbe fuori luogo. Avercene avuti, negli anni Ottanta-Novanta! 

Certo, il sito ItaloLive, con i giornali (solo due!), i film, la musica, è chiaramente peggiore di quello di Trenitalia, e andrebbe rifatto come dio comanda. Meno soldi, come dicevo, e d’accordo. Ma possibile che tutti i film siano commediole insipide e che la pagina della musica sia un accrocchio incomprensibile, ingovernabile, in cui se si schiaccia PAUSA viene fuori un’altra canzone, e se si schiaccia PLAY vengono fuori tutte le volte le stesse tre o quattro canzoni fecali? Assumere gli sviluppatori di Trenitalia, subito. 

Quanto ai servizi a terra, come dicevo, al lusso dei FrecciaClub Italo ha risposto, un po’ in affanno, col lusso delle sue lounge dedicate. Che fare? devono essersi detti i dirigenti dell’azienda. Arrivare dopo è un handicap ma può anche essere un atout, perché si impara dagli errori degli altri. Ora, i problemi del FrecciaClub, come accennavo, erano (e in parte ancora sono) soprattutto due. 1) Se entri semplicemente con la tessera e nessuno ti chiede il biglietto, tu vai al FrecciaClub anche se non devi prendere un treno AV, anche se putacaso devi prendere un Italo; peggio: anche se non devi prendere un treno: passi dalla stazione e ti fai un caffè, uno yogurt, una pisciata. C’è anche gente così. 2) Se il buffet è aperto, la gente fa le provviste, beve venti caffè, si imbosca le merendine, si porta a casa le bustine con le tisane, esagera, e non demorde nemmeno se qualcuno – addetto o viaggiatore morigerato – lo guarda male. 

All’aporia 1 i dirigenti di Italo hanno risposto monitorando gli ingressi: se si vuole entrare nella Lounge Italo bisogna mostrare il biglietto al desk, e l’addetto al desk scala un ingresso dalla vostra tessera, uno dei venti cui avete diritto, onde evitare che l’utente trasformi l’eccezione in regola, e usi la sala come ufficio, arrivando in stazione sei ore prima del suo treno, e si rimpinzi di cibi ultralavorati e cappuccini. L’aporia 2 è più insidiosa, avrà richiesto riflessioni, riunioni. La decisione, alla fine, è stata saggia: bancone sorvegliato, o da una persona fissa (a Milano) o da un addetto che gironzola lì intorno, sciorina le paste nella bacheca delle paste, controlla che la gente non si riempia la valigia di lattine di Coca Cola o Crodini. Livello del cibo: discreto. Livello delle bevande: alto, perché ci sono i Crodini, a cui Trenitalia non ha pensato. Voti alle Lounge Italo (ma per ora ne ho viste solo tre):

Italo Torino Porta Susa.

Perfetta per il viaggiatore misantropo, perché non ci entra mai nessuno. Anche per questo non infastidiscono le dimensioni da rendering, il frigidaire, i quattro pacchettini di biscotti spampanati sul tavolo. E’ come entrare in una stanza d’albergo, viene subito voglia di togliersi le scarpe. Voto 7. 

Italo Firenze.

Bella, ampia, piena di luce. Da mangiare, pizzette e tortine non proprio salubri. A gennaio, qualche fetta di panettone aziendale avanzato. Calamita per turisti danarosi (siamo a Firenze), quindi a volte non affollata ma un po’ chiassosa, sia nei suoni sia nei colori. Voto 7 ½.  

Italo Milano Centrale.

E’ al primo piano, quasi sopra il FrecciaClub, perciò c’è da salire una rampa di scale, ma la fatica è ampiamente ripagata da questa bella sala lunga, ben arredata, ben ristrutturata, con ampio panorama sui binari. Anche qui, molte pizzette riscaldate: per competere coi manicaretti del FrecciaClub sottostante ci vorrà un’invenzione, un colpo di reni, ma si è sulla buona strada. Voto 8.

Se mi è mai capitato d’imbrogliare, entrando in un FrecciaClub Trenitalia anche se avevo un biglietto Italo? Regolarmente. 

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