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ritratto di una generazione

Zero amore, zero sesso, zero sofferenza: ecco cosa (non) cercano oggi i giovani

Ester Viola

Non ci si era mai trovati in una situazione che richiedesse di dover dire: coraggio ragazzi, non abbiate paura, provate. E invece. Lo sfracellamento sentimentale del rito di passaggio dell’adolescenza è finito

La ricerca sulle giovani generazioni procede e si accatastano sondaggi. Questi ragazzi – dicono tutti – sono più fragili, più soli, meno inclini alla fusione con l’altro.  Il desiderio si è spento per saturazione. Non c’è eros senza mancanza, qua non ci manca niente, quindi di quel che si ha (troppo), uno non se ne fa niente.

Luigi Zoja, nel suo Il declino del desiderio, sistema il fenomeno in una lunga progressione storica: nelle società occidentali, ai periodi di crescita economica corrisponde spesso un aumento del disagio collettivo. Oggi, a quanto pare, arrivati al plateau del benessere, comincia l’anemia del sesso. Una deprivazione volontaria che si misura nelle statistiche – numeri e referti convergono. Specie sui ragazzi: non gli va più di vedersi, desiderarsi, lasciarsi, morire d’amore. Scansano tutto il protocollo delle matricole.

E quindi è suonato l’allarme: questo è un deficit grave, un cedimento della spinta vitale. Non è solo l’amore a venir meno, ma il coraggio del contatto. Cos’è? Noia, troppi social, tristezze diffuse, incertezza del futuro, educazione troppo liberale, cortocircuito culturale, esposizione alle immagini semi-porno su Instagram dalla tenera età?  

Non si sa. Ma ormai sono tutti sicuri: quella corrente è una gioventù inedita, che gli adulti hanno cresciuto male e terrorizzato peggio. Hanno meno dimestichezza con l’amore. Poco sesso, poco coinvolgimento, poca voglia, poco tutto.

Ora, è una verità universalmente riconosciuta che i vecchi abbiano sempre guardato le iniziative dei giovani con cipiglio e disapprovazione, e fin qui era tutto normale. Ma la prassi moralista storicamente accreditata prevedeva sempre uno schema fisso: eccesso di superbia da un lato (i ventenni) e un tentativo di prudenza stantia e addomesticamento dall’altro (gli adulti). Non ci si era mai trovati in una situazione che richiedesse di dover dire: coraggio ragazzi, non abbiate paura, provate. Era così che funzionava: da una parte – i vecchi – si invoca cautela. Dall’altra – i ragazzi – si corre verso l’ignoto, il cielo, il crepaccio. 

“Secondo un sondaggio del Survey Center on American Life (2023), solo il 56 per cento degli adulti della GenZ ha avuto una relazione romantica da adolescente, rispetto al 76 per cento della Generazione X e al 78 per cento dei Baby Boomer. E il General Social Survey rivela che nel 2021 ben il 54 per cento degli americani tra i 18 e i 34 anni non aveva un partner stabile – nel 2004 erano il 33 per cento. Lisa A. Phillips (una giornalista e docente) racconta all’Atlantic che per la prima volta si è trovata a dover convincere i suoi studenti che l’amore romantico vale ancora qualcosa. “Le nuove generazioni non vogliono sentir parlare di relazioni idealizzate o di quei cliché che hanno nutrito fin da piccoli noi, tra commedie romantiche e storie dal lieto fine. C’è chi arriva a sostenere che l’amore sia solo un’invenzione dei media”. La conseguenza è che sta morendo il rito di passaggio (vitale) dell’adolescenza, e degli anni a seguire: lo sfracellamento sentimentale. Certo, nessuno guarda con nostalgia quei periodi di ossa rotte e insonnia, ma non si può pensare di vivere senza provarlo, senza sapere. 

Per l’accusa: è vero che soffrendo come i cani non si diventa più forti, per niente più consapevoli, non si cresce e non si accumula esperienza (giacché la conoscenza in questo campo è intermittente e non sopravvive alla presenza del sentimento, sostiene Monsieur Proust), ma serve. In un modo che si sarà sempre incapaci di spiegare, ma serve. Cosa stanno perdendo, i ragazzi? Il periodo peggiore della vita per come si intende la vita quando non ci sono problemi seri.

La prima scoppola – è vero – non si scorda mai. Si perde la testa, poi si perde la dignità, si perde il sonno, il filo, tutto. Ai nostri messaggi disperati di notte non risponde nessun messaggio dall’altra parte. Non si dorme, ma peggio. Il giorno dopo ancora nessuna risposta, è proprio finita. Cerchi di dirti che passerà. Basta aspettare. Aspetti. Non passa. Musica amara nella playlist. 

Dopo lo strappo violento, una convalescenza di nebbia triste, una calma avvilita ti circonda per mesi, hai solo le forze sufficienti a funzionare fisicamente e provare a studiare. Più vai avanti meno ci capisci. Non c’era nessuna difesa, né allora né ci sarebbe stata mai. Questo c’era da imparare. Stare male – ecco la lezione – neanche quello è facile. “Le sofferenze non sono mai ordinate nella loro progressione; in tal caso non sarebbero vere sofferenze”, ha scritto Philip Roth. 

E abbiamo comprato e ricomprato sempre la stessa patacca, siamo stati male altre volte dopo quella prima, convinti che il tempo e la casualità prima o poi ci avrebbero benedetti col Grande Amore Corrisposto.  C’era da capire, e a un certo punto si fu costretti, che l’amore ha poco a che fare con le ricompense differite. Anche se peni fortissimo non è che ti danno il premio. Nessuna tenacia è capace di scavalcare un’indifferenza ben convinta.  

Sicuri di aver imparato la lezione con la teoria e senza necessità di collaudi, i giovani avrebbero quindi deciso di evitarsi gli affaticamenti delle prime relazioni sciancate, il loro desiderio nascerà migliore, sarà un lavoro chirurgico ed efficace al primo colpo, in laboratorio.

Se non fosse che da quel tipo d’amore, il primo che non funziona, animaluccio dalle gambe corte e denti aguzzi, puoi pure scappare, ma prima o poi ti raggiunge, sei destinato a trovartelo tra i piedi. E fallire per fallire, tanto vale fallire presto.

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