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Lusso e geometria

L'ossessione del corpo, purché truccato, e di un bel divano in stile Dubai

Alfonso Berardinelli

Il clima estetico e trionfalmente visivo di tante pagine di pubblicità senza parole, tanto per stupefare. Tra vanità sociale e conforto privato

Estetica della vanità sociale. Estetica del conforto privato. Da una parte e dall’altra, la pubblicità ci dice qual è la nostra presente idea e forma della vita. Soppesando e sfogliando il supplemento domenicale del Corriere della Sera, così milanese, così snob e chic, così ricco, esclusivo, abbondante e senza risparmio, mi chiedo se sia il caso di cestinarlo senza dedicargli uno sguardo, o invece curiosare un po’ e vedere che cosa c’è dentro, che cosa dice e, presumibilmente, a chi immagina di dirlo. Nelle pagine giornalistiche del Corriere ci sono tutti o quasi i mali e i guai del mondo nell’era delle peggiori follie politiche, economiche, sociali e criminali. Invece, nel lussuoso supplemento ci si deve sentire a casa, a pelle, nei vestiti che si indossano, negli ambienti domestici, bellezza e benessere, stile e salute... Le prime pagine sono e vogliono essere estetica pubblicitaria senza parole, tanto per stupefare: Chanel, Ralph Lauren, Max Mara, Giovanni Raspini, con alcuni, selezionatissimi, tipi di donne inarrivabilmente belle, con borse, anelli, collane, bracciali e altre catenelle.

Arriva poi l’editoriale di Danda Santini, direttrice di iO Donna, che in confidenza e fiducia aggiunge il suo indirizzo: [email protected]. Ci augura Buona Domenica e il tema di oggi è “La vita di prima”. Come si è passati, in altri termini, da quella che era l’adolescenza negli ultimi decenni del secolo scorso a un oggi in cui gli adolescenti più in apparenza “tranquilli” e “normali” possono diventare autori di un “omicidio senza pietà”

Che cosa sono diventati oggi, nell’era dei social, la vita famigliare e i rapporti tra genitori e figli? La direttrice Santini non è certo, come si vede, una giornalista priva di consapevolezza del nostro reale presente; eppure, subito dopo il suo articolo, il resto del supplemento è più o meno del tutto occupato da “desideri, piaceri e colpi di fulmine”, bellissimi visi e corpi femminili e maschili, bellissimi abiti, modelli fotografici in pose pubblicitarie, e poi divani e altri arredi, salvo, per esempio, alcuni solitari articoli di critici cinematografici o televisivi come Paolo Mereghetti e Aldo Grasso, o doverosi testi su problemi femminili (che sono naturalmente problemi maschili).

Ma certo il clima estetico è quello trionfalmente visivo delle foto pubblicitarie a tutta pagina, di cui nessuna pubblicazione può fare a meno se vuole sopravvivere. Passo perciò allo “Speciale Design” annunciato in copertina, che occupa circa cinquanta pagine conclusive. E qui si torna all’estetica degli arredi e degli appartamenti, al Salone del Mobile (8-13 aprile) e alle due facce della loro estetica, quelle appunto della vanità sociale e quella del conforto privato. L’abitazione è per chi ci vive, ma anche per gli ospiti e i visitatori. Direi anzi che, a giudicare dagli stili prevalenti negli interni, gli eventuali ospiti vengano trattati come visitatori di una mostra. Dominano degli interni pressoché inabitabili, solennemente asettici, rigorosamente stilizzati, in cui regna il vuoto, le enormi pareti desolatamente sgombre, qua e là oggetti e oggettini offerti, esibiti in visione. Ovviamente, se l’attenzione deve andare al mobile, tutto il resto non può contare e non merita di esserci.

Ma la nuda, pura e presunta bellezza della geometria è assolutamente prediletta e accuratamente sconfortante. Il bianco e il nero rimandano a qualcosa come un gusto degli estremi, un’eleganza del rigorismo, uno squisito o perverso perfezionismo del sublimare per esclusione (non certo per inclusione!). Ogni tanto appare qualche giocattolino, qualche pianta che in tali ambienti fa pensare più coerentemente alla plastica che alla botanica. Ma dove siamo? Una volta c’era il lusso dell’alta borghesia, caratterizzata da una densa e intensa riconoscibilità un po’ moralistica e piuttosto autoritaria. Oggi che cos’è, che cosa può essere la classe sociale alta fatta per abitare dentro questa cultura di un design buono, non dico per Milano, ma per Dubai o chissà dove; un design da astronave, concepito per accogliere dei manichini, non degli umani viventi. Non facciamo che pensare al corpo, ai corpi, che sono un’ossessione. Salvo amarli, però, solo in seguito a trucco, mascherature, look artificiali, tatuaggi a tutto campo, se non, peggio, a interventi criminosi di chirurgia estetica.
 

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