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Perché sul buco nero dei bonus edilizi nessuno tra i partiti è senza peccato

Lorenzo Borga

Il sentiero della manovra di Bilancio si fa sempre più stretto, e il governo ha trovato il nuovo colpevole nelle agevolazione edilizie. Ma la questione non è così semplice e gli attuali partiti di maggioranza (insieme a quelli d'opposizione) non sono esenti da responsabilità

Il sentiero della manovra di Bilancio si fa sempre più stretto giorno dopo giorno, e il governo è costretto a giustificare ai propri elettori le mancate (per ora) promesse elettorali. Nel suo intervento al forum Ambrosetti a Cernobbio il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha trovato un nuovo colpevole per la scarsità di risorse: i bonus edilizi. Ma la questione non è così semplice, né l’attuale governo è esente da responsabilità.

 

Senza dubbio il Superbonus e il bonus facciate hanno superato ogni aspettativa in termini di spesa. La prima valutazione prevedeva un esborso per il bilancio pubblico di rispettivamente 36,5 e 5,9 miliardi di euro. Nella Nadef 2022 firmata dal governo Draghi queste cifre sono state aggiornate a un totale di 80 miliardi, un raddoppio. Pochi mesi dopo, con il Def 2023 l’impatto del Superbonus viene corretto al rialzo ancora una volta superando i 67 miliardi, aggiornando la somma delle due misure a 87. Tenendo conto di tutti i bonus edilizi, l’impatto sulla finanza pubblica arrivava a 116 miliardi di euro. Nel corso dell’anno la somma è ulteriormente lievitata: secondo il sottosegretario Federico Freni si sono aggiunti una trentina di miliardi al conto, numeri che saliranno ancora entro la fine del 2023. E’ questo ultimo scalino che andrà a incidere sul deficit di quest’anno, restringendo lo spazio di manovra del governo o costringendolo a rivedere al rialzo l’indebitamento oggi fissato al 4,5 per cento del pil. Una trentina di miliardi – potrebbero essere un po’ meno se la Guardia di Finanza riuscirà a bloccare i frequenti tentativi di truffa – significano circa un punto e mezzo di pil, e un deficit che dovrebbe superare dunque il 5 per cento (un’analisi di JpMorgan arriva a 6-6,5). Da qui il “mal di pancia” lamentato da Giorgetti.

 

Ma va ricordato che dai bonus edilizi – o per meglio dire dalla loro contabilizzazione – il governo ha anche beneficiato di ulteriori spazi fiscali. Bisogna risalire a marzo e tornare al cambio di metodo contabile deciso da Eurostat per i crediti fiscali relativi ai bonus edilizi. Senza entrare nel tecnico, allora gli statistici europei richiesero che la montagna crescente di crediti fiscali derivanti dagli sconti in fattura vengano contabilizzati nel deficit nell’anno in cui sono generati, e non in quello in cui sono effettivamente pagati dallo stato (il che può avvenire anche diverso tempo dopo). Questo ha comportato una revisione al rialzo esorbitante dei livelli di deficit nel 2020, 2021 e 2022, e allo stesso tempo “per gli anni a venire una revisione al rialzo delle entrate tributarie” come riporta il Documento di Economia e Finanza firmato da Meloni, le cui previsioni hanno beneficiato del nuovo metodo contabile.

Appare chiaro quindi – come confermato anche da Banca d’Italia e dall’Upb – che il governo ha goduto di uno sconto importante sui deficit dall’anno in corso in poi grazie all’anticipo della spesa negli esercizi precedenti, in cui fortunatamente il Patto di Stabilità era sospeso causa pandemia e guerra in Ucraina. Uno sconto che invece non si applica al debito pubblico, su cui a prescindere dal momento della contabilizzazione i 140 miliardi di bonus edilizi andranno a impattare.
 

Resta aperta poi un’altra questione: la trentina di miliardi di ulteriore spesa per i bonus edilizi è infatti a carico dell’attuale esecutivo. Se infatti la maggioranza parlamentare che sostiene Meloni non avesse garantito proroghe allo sconto in fattura – ancora possibile per i lavori sulle barriere architettoniche - e all’assurda soglia di sconto del 110 per cento, ancora in vigore per alcune categorie di edifici e per chi è a buon punto nell’avanzamento dei lavori, la spesa non sarebbe stata così elevata. Si è invece preferito, dopo la coraggiosa scelta di bloccare la gran parte delle cessioni dei crediti, garantire ulteriori proroghe, in parte giustificate dal pericolo di bloccare a metà i cantieri e in parte no. Proprio le continue proroghe decise in Parlamento sono state una delle ragioni di uno sforamento delle previsioni così clamoroso. Rinvii difesi e votati anche dai partiti oggi al governo, come dimostrano numerose dichiarazioni pubbliche degli ultimi anni. Sul buco nero dei bonus edilizi, tra i partiti oggi in Parlamento nessuno può uscirne con le mani pulite.
 

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