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Si fa presto a dire sfitte: tante case vuote aspettano solo le vacanze
Il dibattito sulle occupazioni abusive si è basato sui numeri dell’Istat, che si riferiscono in buona parte a seconde case e abitazioni di villeggiatura
Case non abitate che alimentano il racket. Occupanti di case che non tolgono niente a nessuno. Sull’occupazione di case abusive negli ultimi giorni ne abbiamo sentite di ogni. Alla base del dibattito, sono stati fatti circolati alcuni dati molto significativi. Primo su tutti, il numero di abitazioni vuote nel nostro paese. “Più 10 milioni di case sfitte su 36 milioni censite” ha scritto per esempio Ilaria Cucchi, senatrice di Avs per difendere la sua collega europarlamentare e omonima Salis. Un dato impressionante, forse troppo. La fonte è l’Istat, l’anno di riferimento il 2021. Ma con un piccolo problema. L’istituto di statistica così descrive le case non occupate: “abitazioni vuote o occupate esclusivamente da persone non dimoranti abitualmente”.
Avete capito? Stiamo discutendo da giorni di un dato che si riferisce in buona parte a seconde case e abitazioni di villeggiatura usate solo una parte dell’anno. Non è un caso che il comune d’Italia con più “case sfitte” non sia Milano, non sia Roma, non è Napoli, ma Foppolo, con il 95 per cento di case non abitualmente occupate. Località sciistica nella bergamasca, 170 abitanti durante l’anno che si moltiplicano durante l’inverno andando a occupare le 1.790 abitazioni che sarebbero – secondo chi utilizza questi numeri senza cautela – abbandonate al degrado e al racket. Scorrendo la classifica dei comuni con più appartamenti inutilizzati troviamo al sesto posto Madesimo, altra località sciistica questa volta in provincia di Sondrio. La testa della classifica è appannaggio infatti di comuni montani sotto i 1.000 abitanti da cui la maggior parte dei residenti sono emigrati ormai decenni fa, quando i figli di pastori e agricoltori si sono trasferiti a valle. Ma c’è spazio anche per le località balneari: a Lignano Sabbiadoro quasi l’87 per cento delle case non sono abitate abitualmente secondo Istat. Eppure non risultano emergenze abitative se non per i turisti che devono accaparrarsi un albergo o un Airbnb.
La coda della classifica dell’Istat è altrettanto interessante. Roma si trova al 7.162° posto, con meno del 15 per cento delle case non occupate. Milano qualche posizione sotto, al 13,5 per cento. Per quanto in minor percentuale, queste sono le abitazioni sfitte più problematiche perché concentrate nelle città dove molte famiglie faticano a pagare l’affitto. Viene da chiedersi perché: perché un proprietario di casa rinuncia a far rendere il proprio capitale immobiliare? Peraltro in città in cui gli affitti sono rapidamente cresciuti negli ultimi anni. Non abbiamo altre informazioni su queste abitazioni inutilizzate: non sappiamo per esempio quante di queste case non siano agibili o richiedano lavori di ristrutturazione che i proprietari non si possono permettere. Secondo un sondaggio commissionato da Idealista nel 2023, tra chi in passato ha concesso in locazione un immobile e oggi non ne ha più intenzione, il 40 per cento dichiara di aver avuto esperienze negative che li hanno fatti desistere. Si tratta soprattutto di sfratti e mancati pagamenti, subiti da oltre un locatore su tre. Le occupazioni abusive delle case sembrano dunque l’origine del problema, più che la soluzione. Per di più in un paese in cui dall’apertura del fascicolo per morosità di pagamento all’uscita dell’abitazione trascorrono in media diversi mesi, se non un anno.
Se le occupazioni rivendicate da Ilaria Salis e difese da Nicola Fratoianni non sembrano una soluzione, lo può essere la mano pubblica. Secondo l’Ocse in Italia gli immobili in affitto a un canone sussidiato dallo Stato o dagli enti locali sono il 2 per cento, a dispetto di quanto accade in Germania (7 per cento), in Francia (18 per cento) e nel Regno Unito (20 per cento). Il settore dell’edilizia residenziale pubblica appartiene alla competenza regionale. Con enormi inefficienze. Prendiamo la Lombardia: secondo la Corte dei Conti la sua agenzia per l’edilizia residenziale (Aler) ha a disposizione “oltre 6mila immobili sfitti” a fronte di oltre 62.500 richieste di assegnazione di case popolari e 10mila nuclei familiari che non pagano l’affitto. La malagestione non ha però colore politico: il comune di Milano amministrato dal centro-sinistra ha ben 5.268 appartamenti sfitti. Questa dovrebbe essere la priorità per una sinistra liberale. Per tutto il resto c’è l’esproprio proletario.